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Editoriali

Valentino Rossi il più grande della storia. Icona leggendaria come Tomba, Bolt e Maradona

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Si chiude un’era. Chi scrive ha iniziato a seguire il Motomondiale nel 1996, anno del debutto di Valentino Rossi. Sono trascorse 26 stagioni, oltre un quarto di secolo. Gli avversari sono cambiati, le generazioni si sono susseguite, eppure il Dottore era sempre lì. Eterno Peter Pan sempre col sorriso sulle labbra, l’animo del bambino felice che ha vissuto nel suo personale luna park. Non sembra vero.

Non nascerà un altro Valentino Rossi. Un pilota, ma prima di tutto un uomo che appartiene ad un’altra generazione. L’ironia, l’atteggiamento scanzonato, le gag alla fine di ogni trionfo hanno contribuito a creare un personaggio mitico che ha valicato ogni genere di confine, divenendo universalmente amato nel mondo, come d’altronde hanno testimoniato gli innumerevoli attestati di affetto ricevuti nelle ultime ore.

Oggi si è ritirato il più grande pilota di tutti i tempi del Motomondiale. Qualcuno obbietterà che Giacomo Agostini (15) e lo spagnolo Angel Nieto (13) abbiano vinto più titoli iridati rispetto al Dottore, che si è fermato a 9. Tuttavia lo sport non va ridotto ad un mero calcolo statistico. Precisiamo che sono mutati i tempi. Quella di Agostini era un’epoca assimilabile al Paleolitico, dove peraltro i piloti potevano cimentarsi nella stessa stagione in categorie diverse: è chiaro dunque che le occasioni di collezionare Mondiali erano decisamente maggiori. Valentino Rossi ha letteralmente dominato gli anni Duemila. Ha dato vita a rivalità leggendarie e mai più ricreate: anche per gli sconfitti è stato un onore alzare bandiera bianca dinanzi al numero uno in assoluto. Pensiamo a Sete Gibernau, Max Biaggi, Casey Stoner, Jorge Lorenzo, solo per citare i principali. Più che i numeri, la gente non dimentica anche la modalità con cui maturano i successi. Il n.46 ha regalato per cinque lustri sorpassi allucinanti (i migliori in assoluto quello su Stoner a Laguna Seca e su Lorenzo a Barcellona), per non parlare delle rimonte furibonde con gli avversari saltati come birilli. Possiamo affermare senza timori che Valentino Rossi è la MotoGP: nessuno come il campionissimo di Tavullia ha saputo far sì che il suo volto si identificasse in toto con lo sport praticato. Il marchigiano sta alla MotoGP come Alberto Tomba allo sci alpino, Michael Jordan al basket, Tiger Woods al golf, Roger Federer al tennis ed Usain Bolt all’atletica. E’ a tutti gli effetti il Maradona delle due ruote. E, a proposito di numeri e statistiche, vi invitiamo a leggere l’articolo di Francesco Paone: rimarrete senza parole.

Restano due grandi rimpianti, innegabili: i Mondiali del 2006 e del 2015. Nel primo caso gli sarebbe bastato amministrare nell’ultima gara a Valencia, ma una caduta consegnò il titolo nelle mani del compianto Nicky Hayden; nel secondo si materializzò il famoso “biscotto” in salsa spagnola. All’epoca il Dottore commise l’errore di cadere nella provocazione di Marc Marquez, rifilando addirittura un calcio allo spagnolo nel GP della Malesia ed incappando in una penalità che gli costò il titolo: a Valencia fu infatti costretto a partire dall’ultimo posto, mentre davanti gli iberici scortarono letteralmente Jorge Lorenzo senza darsi battaglia. Ecco, il cruccio del decimo titolo resterà sempre nella mente di Valentino, un po’ come per Tony Cairoli nel motocross. Eppure un Mondiale in più o in meno non cambia la sostanza.

Di sicuro lascia un vuoto enorme, incolmabile. Anche se, è bene sottolinearlo, l’Italia resterà competitiva e già del 2022 potrà dare l’assalto alla corona della MotoGP con Francesco Bagnaia, senza dimenticare Franco Morbidelli, Enea Bastianini ed altri giovani che si stanno mettendo in luce nelle classi minori. Valentino Rossi ha dato tantissimo al motociclismo tricolore, investendo sul vivaio grazie alla VR46. E’ grazie al suo amor di Patria che abbiamo superato la terribile crisi di inizio anni ’10, quando i piloti nostrani erano quasi spariti da 125/Moto3 e 250/Moto2. Anche questo è Valentino Rossi. Un’icona leggendaria la cui stella non smetterà mai di brillare e che abbiamo avuto l’onore di ammirare.

Foto: Lapresse

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