Basket

Basket, l’indelebile impresa degli Eroi di Belgrado. Una vittoria che ha cambiato la storia e riportato l’Italia dove merita

Pubblicato

il

Giovedì 1° luglio, 3’39” dalla fine del secondo quarto. Al Pionir, oggi Aleksandar “Aza” Nikolic Hall, l’Italia sta giocando la sua prima partita del Preolimpico di Belgrado. Lo è diventata perché, nel frattempo, il Senegal è rimasto bloccato in Germania in virtù di alcuni casi Covid che hanno costretto gli africani a non giocare in Serbia e a rivoluzionare il calendario. In breve, sia azzurri che portoricani in semifinale ci sono già: devono capire chi giocherà con la Serbia e chi no.

In quel momento, la palla semplicemente non vuol saperne di entrare. Tutto gira male, incredibilmente male: la missione dichiarata è quella di sfidare la Serbia, ma nubi nere si addensano, in quel momento. Eppure proprio in quel frangente comincia la svolta. Una svolta chiamata Nico Mannion, che aiuta a girare completamente la partita, cosa che accade anche con la bella vena di Polonara e Fontecchio, con Melli che fa quel che può altrove dato che in attacco non incide. Quasi solo di voglia, i portoricani restano in gara fin quasi al termine, ma devono cedere.

Da Porto Rico alla Repubblica Dominicana il passo è breve. Così come è breve anche la vittoria: 79-59, niente di trascendentale, tutto come nelle previsioni. Dal sabato alla domenica, cambia tutto. Cambia il pubblico, che compatibilmente con le misure anti-Covid è di un certo livello. Cambia l’orario, che è quello serale. Cambia, soprattutto, l’avversaria. La Serbia, quella squadra che ha in campo Milos Teodosic, Vasilije Micic e le varie stelle di Eurolega e non solo. Una sentenza, per molti, di morte annunciata.

Eppure non è così. Primi minuti di studio, poi cominciano a segnare tutti. Ma proprio tutti. Mannion, poi Fontecchio, poi Polonara, poi Ricci, poi Pajola, in ordine sparso. A fine secondo quarto comincia la gragnuola di triple. I punti sono 57 dopo 20 minuti, la sensazione che qualcosa si possa fare, e non di piccolo, comincia a serpeggiare. Ma c’è ancora tanta strada.

Quella strada significa anche superamento dei 20 punti di vantaggio, anzi, due volte 24 nel terzo quarto. Poi, inevitabilmente, la Serbia a tornar sotto ci prova. E ci prova perché i giocatori li ha: Teodosic, Micic, Bjelica e più di tutti Andjusic, caldo, anzi caldissimo. Ma non basta. L’Italia tiene, controlla, vince, esulta. Kokoskov non stringe la mano a Sacchetti, Sacchetti manda a quel paese Kokoskov in maniera plateale. Non importa. Tokyo arriva. L’uno resta, l’altro salta.

Sembra finita, è solo cominciata. Una volta giunti a Saitama, gli azzurri scendono in campo con un Danilo Gallinari in più. Non c’è il pubblico, e per il primo quarto la Germania fa sì che non ci sia nemmeno l’Italia. Ma questa è una Nazionale che sa cosa fare. Il mattone lo mettono tutti, Pajola in difesa, Fontecchio con un’altra partita delle sue in questa clamorosa estate, Tonut con la riaffermazione del ruolo di MVP del campionato italiano, Gallinari d’esperienza. +10, un passo verso l’alto.

E poco importa se arriva la sconfitta con l’Australia. Si parla di una squadra, forte, fortissima, destinata sempre a lottare per le medaglie da molti anni, con un basket cresciuto a dismisura dai tempi della (ahinoi) sorprendente Sydney 2000. Ma è una formazione cui l’Italia tiene testa molto bene. Da battere c’è però la Nigeria, una squadra piena zeppa di giocatori NBA anche forti, ma che messi insieme fanno capire che l’uno con l’altro c’entrano molto poco. Succede così che i nigeriani vengano lasciati sfogare un paio di volte, che Meo Sacchetti si permetta di prendersi il lusso e rischio di tenere Gallinari moltissimo in panchina, ma è un azzardo che paga. Torna in voga Melli, i grandi protagonisti dell’estate lo sono anche stavolta, la difesa azzurra è un autentico muro nell’ultimo quarto, fa segnare un 24-8 e può gridare ai quarti di finale.

Dall’altra parte c’è la Francia, che ha già battuto Team USA. Sembra in arrivo una mazzata epocale, ma non è esattamente così. I transalpini nel terzo quarto riescono effettivamente a scappare, ma nonostante i vari Rudy Gobert, Evan Fournier e compagnia non hanno fatto i conti con l’orgoglio azzurro. Il pareggio arriva negli ultimi cinque minuti, e di fronte al tanto scatenato trio Gallinari-Fontecchio-Polonara serve tutta la classe di Batum per lo scarico verso Heurtel affinché i transalpini si riprendano l’abbrivio definitivo. Ma un finale della Francia da Francia non può scalfire nulla di un racconto eccezionale.

Perché tale è stata la cavalcata azzurra, là dove in pochissimi osavano pensare si sarebbe arrivati. Ma questa è stata una squadra vera, con tanti protagonisti diversi e tante storie che si sono unite. Di Fontecchio si è sentito dire “Perché non è ancora in NBA?”, per Pajola sono arrivati interessamenti di vario genere. Polonara ha confermato di essere al top tra i 4 in Europa, mentre poco più tardi si sarebbe scoperto che le Olimpiadi Nico Mannion le ha giocate con un’influenza intestinale in corso. E questo fatto, forse, spiega tutto più di qualsiasi altra cosa. Questo gruppo le ha davvero superate tutte. Ed è andato lontano, molto lontano.

Credit: Ciamillo

Exit mobile version