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Danilo Di Luca: “Pantani il più grande. Doping ai miei tempi, oggi è diverso. Nibali non esageri”

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Danilo Di Luca è nato a Spoltore (PE) il 2 gennaio 1976, professionista dal 1999 al 2013 con al suo attivo – tra le altre – un Giro d’Italia, quello del 2007, una Freccia Vallone, una Amstel Gold Race, la Liegi e il Giro di Lombardia. Poi i problemi con il doping nel 2009 prima e nel 2013 dopo, con conseguente dolorosa squalifica a vita. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente e abbiamo trovato un Danilo sereno e felice, che ha saputo reinventarsi ed è felice così.

Danilo, come stai?

“Tutto bene, grazie.”

Come procede la tua attività da imprenditore con il negozio di bici?

“Diciamo bene, ho il negozio ma sono un vero e proprio costruttore di bici con il mio cognome. Ultimamente sono molto impegnato con l’elettrico, infatti in estate uscirà una city Bike elettrica totalmente Made in Italy.”

Qual è il fiore dall’occhiello della tua attività? Ricevi tanti ordini dall’estero? Il sito web è molto all’avanguardia…

“Il design e la produzione interamente italiana. Vendo soprattutto all’estero e ho una gamma di bici abbastanza completa.”

Ti manca il ciclismo?

“Sinceramente no. Da un po’ di anni sono impegnato con la mia attività e mi piace molto. Sono riuscito a trovare un mestiere dopo il ciclismo che mi dà lo stesso piacere di quando correvo in bici.” 

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Segui il ciclismo di oggi?

“Lo seguo un po’ ma non tantissimo. Seguo le gare più importanti.”

C’è un corridore che ti piace più di altri?

“Fino a qualche anno fa era Peter Sagan. Oggi per i risultati sicuramente Tadej Pogacar è quello che fa la differenza rispetto a tutti gli altri e Julian Alaphilippe per il modo in cui vince.”

Dagli errori si impara sempre. Tu che cos’hai capito?

“Tante cose. Ho commesso molti errori e con l’età capisci soprattutto che certe cose si potevano evitare. Purtroppo quando si è giovani si ha una testa diversa.”

Cos’hai provato quando sei stato trovato positivo per la seconda volta con conseguente squalifica a vita?

“E’ stato peggio la prima volta perché è successo tutto da un giorno all’altro ed ero nel pieno della mia attività. La seconda volta invece ero a fine carriera, non è mai bello, questo è chiaro, ma sapevo che era finita. Davanti a me si stava aprendo un’altra vita.”

Nel tuo libro “Bestie da vittoria”, spieghi che, ai tuoi tempi, era impossibile vincere senza doping…

“Ai miei tempi funzionava così, oggi fortunatamente è un ciclismo diverso.”

Cosa aveva di speciale Marco Pantani e perchè dopo così tanti anni la gente lo ama ancora così tanto?

“Dal punto di vista tecnico è stato il più grande scalatore di tutti i tempi. Marco è Marco, per il modo di correre e di fare avvicinare le persone al ciclismo. Marco era una persona molto riservata, però noi avevamo un buon rapporto, c’era molto rispetto.”

Il 2021 è stato un anno importante per l’Italia: un caso oppure qualcosa di buono si sta muovendo?

“Spero vivamente che non sia un caso. I risultati arrivano grazie al lavoro e la direzione mi sembra quella giusta, anche se c’è ancora tanto da fare perché rispetto ad altri paesi come l’Inghilterra e il Belgio siamo ancora un po’ indietro.”

Fa bene secondo te Vincenzo Nibali ad andare avanti pur non essendo competitivo come qualche anno fa? C’è il rischio della sindrome di Valentino Rossi?

“Vincenzo penso che non riuscirà più ad ottenere i risultati di prima, ma credo che abbia ancora qualcosa da dare a questo sport. Se vorrà correre ancora un paio di anni fa bene, ma non di più. Altrimenti, a parer mio, sarebbe esagerato.”

Si parla da tempo del tuo corregionale Giulio Ciccone, ma sin qui non ha ottenuto molto nei Grandi Giri. Dove pensi possa arrivare?

Penso che Ciccone abbia delle ottime qualità e che quindi possa fare bene. La prossima stagione sarà per lui molto importante ma non so dove possa arrivare, anche se nel ciclismo di oggi tutto è possibile.”

Sognavi di vincere il Giro. Oggi invece qual è il tuo sogno?

“A livello professionale ho raggiunto quello che volevo, dal punto di vista personale invece mi piacerebbe fare una famiglia e insegnare ai miei figli quello che di bello ho fatto e sto facendo.” 

Foto: Lapresse

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