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Scacchi: cos’è successo nella sesta partita di Carlsen-Nepomniachtchi. Il dramma tempo, il lunghissimo finale e la mossa 130

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Una giornata da raccontare, quella vissuta ieri da Magnus Carlsen e Ian Nepomniachtchi. Il norvegese e il russo, nel sesto confronto del match che li vede opposti per il titolo di Campione del Mondo di scacchi, hanno dato vita a qualcosa di mai visto prima: 136 mosse, 7 ore e 45 minuti, una lotta infinita conclusa con la vittoria del campione in carica. Ma di momenti da raccontare ce ne sono stati davvero tanti.

Primo momento: l’apertura. La pseudo-Catalana è una variante minore, non molto nota, della partita di Donna, che ad alto livello ha ben pochi precedenti. Si può pertanto dire che Carlsen, ancora una volta, abbia cercato in più di un’occasione l’effetto sorpresa nei confronti dello sfidante. In diversi avevano predetto come la sesta partita non sarebbe stata senza brividi, e già da questo inizio si è inteso che tanto il Bianco quanto il Nero volevano la vittoria.

Secondo momento: 10. Cbd2. Come sottolineato da Fabiano Caruana, questo sacrificio di pedone è un’idea rilevante, oltre che un tema ricorrente nelle partite con il Bianco di Carlsen in questo match. Problema: Nepomniachtchi il pedone non lo accetta, prosegue con lo sviluppo di Cavallo e poi, su 11. Cxc4, gioca b5 quasi a voler mostrare i muscoli, ammesso che i pezzi scacchistici possano compiere tale operazione. La stessa 12… Cb4 è volta a dare al Nero una posizione più convincente in termini di mobilità.

Terzo momento: 25… Tac8. Nella sostanza, si tratta dell’attimo in cui tutto cambia sulla scacchiera, con Nepomniachtchi che offre a Carlsen le due Torri per la Donna. Questo provoca nel Campione del Mondo un momento di necessaria riflessione, e già aveva pensato per 23 minuti alla ventiquattresima, una Td2 lenta, figlia di uno stato di pressione in quel tipo di posizione. Il norvegese accetta di cedere la Donna per le Torri, e a quel punto la partita diventa totalmente selvaggia anche oltre i limiti dei motori.

Quarto momento: Carlsen con 3 minuti per le mosse dalla 32 alla 40, ma anche Nepomniachtchi non con tanto tempo a disposizione (22 minuti, scesi in maniera anche veloce). Dopo 31… Ab2 del Nero, un piano scorretto in questa situazione, ma corretto fosse stato giocato una o due mossa prima (e soprattutto senza portare il pedone in h5), 33. Tcc2 darebbe molte garanzie di vantaggio, ma con pochi minuti sull’orologio una mossa del genere è difficile vederla. Il norvegese, infatti, gioca prima 32. Tc5 (corretta) e poi 33. Td1 (che manca l’idea). “Nepo”, ormai anch’egli col tempo che stringe, sbaglia alla 36a: era corretta Axb4, sfruttando il tema dell’inchiodatura del Cavallo e il controllo della casa d2, ma sulla scacchiera compare Dd5, a tutti gli effetti un errore che costa il vantaggio al russo consentendo 37. Tdd2. Alla 38a, lo sfidante gioca e4, che è un errore un po’ sui generis perché è difficile da vedere f5 già in condizioni normali, figuriamoci a corto di tempo, con l’orologio pericolosamente verso lo zero. Tuttavia, dietro c’è una possibilità, per Carlsen: 40. Tdc2, che porterebbe a guadagnare materiale con Torre in settima traversa, potentissima. Invece arriva Cxe4 e la situazione ridiventa pari. Se solo la situazione si fosse presentata alla 41a, invece che alla 40a, oggi staremmo probabilmente parlando d’altro.

Quinto momento: 52… De4. Nepomniachtchi l’ha definita più tardi non necessaria, soprattutto perché consente al Bianco di portarsi via il pedone della colonna a che aveva fino a quel momento evitato l’apertura di una linea che, 12 mosse più tardi, sarebbe stata foriera di un approdo in ottava traversa di tutte e due le Torri. Il Nero, qui, trova comunque la forzata Dxh4+, che è l’unica che in qualche modo regge la posizione su una situazione pari. Alla 59a, poi, Carlsen gioca 59. f3, definita da Caruana “irresponsabile” perché di lì in avanti il Re non è mai totalmente al sicuro.

Sesto momento: 80. Txf7+. Il momento in cui il Bianco decide per entrare nell’ormai celeberrimo finale di Torre e Cavallo più tre pedoni contro Donna e un pedone. L’obiettivo è quello di trovare un modo, per Carlsen, di spingere il pedone e4. La posizione è ancora pari, ma nessuno vorrebbe trovarsi nei panni del Nero, rimasto soltanto con due pezzi e diversi scacchi a disposizione per tenere vive le proprie speranze di resistenza. All’81a mossa si sono raggiunte le mille senza un risultato decisivo a cadenza classica, e si è capito ben presto che le 100 sarebbero state passate. Detto, fatto: nona partita arrivata a tal punto nella storia iridata. Nel frattempo, Nepomniachtchi continua a difendersi con una precisione totale, mentre Carlsen fa il possibile e anche l’impossibile utilizzando una tattica che avrebbe poi spiegato: quella di allungare il più possibile il confronto per avere una speranza. Il suo terreno, in breve.

Settimo momento: 115… Dxh4. A questo punto bisogna mettere in chiaro una cosa: esistono, negli scacchi, le cosiddette tablebase. Sono dei veri e propri database con tutte le posizioni possibili nei finali di partita, e tutte quelle con sette o meno pezzi (Re compresi) sulla scacchiera sono state risolte. Questo, però, ha una valenza soprattutto parlando di motori scacchistici. Gli esseri umani, in quanto umani, possono non conoscere completamente quel che sanno le tablebase. Non si discorrerà qui di tutte le tematiche a loro legate, perché servirebbe aprire un capitolo a parte che ha peraltro il suo fascino. Qui basti sapere che, a gioco corretto, dopo la 115a mossa del Nero, il finale in essere è patto. Il problema è che occorre una precisione estrema, con una lunghissima serie di quelle mosse uniche che Nepomniachtchi è stato a lungo bravissimo a individuare, con il tempo ormai scarso anche in presenza dell’incremento da 30 secondi a mossa. Con 110. e4, in particolare, poco prima era ricominciato il conteggio delle 50 mosse senza cattura o movimento di pedoni oltre cui scatta la patta per regolamento. Peraltro la spinta del pedone è servita anche da logoramento.

Ottavo momento: 125. Td2. Semplicemente, la mossa del record: partita più lunga nella storia dei match per il Campionato del Mondo.

Nono e decisivo momento: 130… De6. La mossa che, secondo le tablebase, perde. Il Nero avrebbe dovuto giocare Db1 o Dc2 per salvarsi, ma a quel punto era difficilissimo vedere una simile situazione. Dopo aver spinto in e4, dopo aver spinto ancora in e5, dopo aver forzato di tutto, Carlsen riesce in questo modo a tagliar fuori la Donna e a infilarsi in un corridoio da posizione vinta, giocando splendidamente quel che gli resta per arrivare al punto in cui costringe all’abbandono Nepomniachtchi.

Il commento di Garry Kasparov vale per tutto e per tutti.

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