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Tennis, Matteo Berrettini: “Dopo il Queen’s pensavo che gli scommettitori fossero matti a darmi in finale a Wimbledon”

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Matteo Berrettini è tornato a parlare della propria stagione ai microfoni di Cachemire Podcast, condotto da Edoardo Ferrario e Luca Ravenna. Tra gli argomenti toccati le prime esperienze a Wimbledon, Djokovic, l’erba e gli italiani del passato: parole senza grandi riferimenti, dunque, al prossimo futuro.

Su Wimbledon junior 2014: “Persi al secondo turno. Quando uscii dal campo mi dissi che questo posto dev’essere visto almeno una volta nella vita. Anche chi non sa di tennis deve sapere l’importanza che ha questo torneo. Ho sempre avuto la sensazione che in quello scenario succedesse qualcosa di speciale. Quest’anno ho davvero avuto quei pensieri“.

Sull’erba: “Dopo aver vinto al Queen’s, molti dicevano che le agenzie di scommesse mi davano per finalista a Wimbledon. Pensavo fossero matti. A poco a poco mi sono reso conto che il mio tennis si adatta molto bene a questa superficie, e mi ha reso uno dei giocatori più pericolosi su erba“.

Su Djokovic: “Simpatico? Personalmente non mi ha mai fatto nulla di male, a parte battermi quando abbiamo giocato (risate). Penso ci sia una cultura differente. Sono impressionato dalle sue vittorie nonostante tutti i suoi ultimi tempi“.

Sul rapporto con le leggende del tennis italiano: “Con alcuni è complicato, con altri facile. Uno di quelli con cui mi trovo bene è Panatta. Lo adoro. Fu uno dei primi che mi disse che avevo un servizio incredibile e che potevo arrivare a 220 km/h. Quando giocava, lo faceva con racchette di legno, pantaloni larghi e gli allenamenti non erano così fisici come oggi“.

Sugli studi: “Mi spiace non averli terminati. Ho dovuto smettere per concentrarmi al 100% sul tennis. Quando compi 17 anni non pensi se questa è la decisione adeguata, ma ora mi pento un po’ di averlo fatto. Penso che mi sarei divertito in quegli anni“.

Foto: LaPresse

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