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Australian Open 2022: Rafael Nadal, una Melbourne inattesa. Ma non è l’unica storia Down Under

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Praticamente tutte le due settimane degli Australian Open 2022 sono state ricoperte, più ancora che dai nomi dei vincitori, dalle storie che si legano a essi e a tutto quello che si è potuto vedere sui campi. Si è gridato a lungo al vento dei nuovi, di quelli che avrebbero portato una nuova era. Invece, è finita con due riconferme pesantissime in singolare, racconti diversi che hanno trovato nel luogo del primo Slam dell’anno il denominatore comune.

Primo nome: neanche a parlarne, Rafael Nadal. E non potrebbe essere altrimenti: 13 anni tra un Australian Open e l’altro, due set rimontati a Daniil Medvedev, con il russo che è stato a un passo dal volare via sul 2-3 0-40 del terzo parziale, i 21 Slam, il doppio Career Grand Slam, più tutta una serie di altre non elencabili cose. Era entrato in silenzio, aveva sì vinto un torneo pochi giorni prima, ma non era dato tra i favoriti da nessuno. Si diceva potesse arrivare nei quarti, in semifinale, ma nessuno gli pronosticava la possibilità di reggere l’urto di 5 ore e 25 minuti, a 35 anni, nella seconda finale più lunga nella storia dei quattro tornei maggiori per tempo impiegato. L’altra, dieci anni prima, l’aveva persa.

Adesso arriva la grande domanda per lui: cosa riserverà il futuro? Ad oggi è lui che è riuscito, con i fatti, a mettersi un passo avanti agli altri, almeno in termini di risultati, giacché la questione del numero 1 è altra cosa. Si è di nuovo vivacizzata la questione del più grande di sempre, puntualmente di ritorno con l’argomento Slam: la realtà è che di pagine da scrivere ce ne sono ancora, e ci sono aspetti del tennis, non solo di Era Open, che meriterebbero di essere approfonditi per una più ampia analisi in tal senso. Quel che nessuno mette in dubbio è che, fino a pochi mesi fa, una situazione del genere pareva impossibile si potesse vedere. Del resto, però, con il mancino di Manacor si è detto più volte che non sarebbe stato possibile, e invece lo è stato.

Rafael Nadal il più vincente di sempre negli Slam. E ora può allungare al Roland Garros…

Secondo nome: Ashleigh Barty. Se tra gli uomini il tifo è stato riservato sostanzialmente tutto a un uomo che rappresenta un pezzo di storia di questo sport, tra le donne questo l’ha avuto lei, che sta a sua volte riscrivendo tutte le regole in chiave femminile. Costantemente sostenuta dai suoi concittadini alla Rod Laver Arena, ha tremato soltanto nel secondo set con l’americana Danielle Collins, prima di rimettersi a sciorinare variazioni, tocchi, tagli e quant’altro. Un australiano su sei ha visto la finale femminile, un dato che rende l’idea dell’estrema popolarità della numero 1 del mondo da quelle parti. Le manca solo la vittoria degli US Open, resa più complicata da una serie di caratteristiche che non dipendono da lei, ma in agenda per un eventuale Career Grand Slam. La chiarissima sensazione è che, oggi, non ci sia una vera completa rivale dell’aussie, in maniera costante.

Terzo e quarto nome: Nick Kyrgios e Thanasi Kokkinakis. Hanno creato loro stessi una storia tutta particolare, riportando parecchio pubblico australiano a guardare i match di doppio a causa della loro presenza. I due K hanno mostrato di sapersi divertire insieme, ma soprattutto di poter rappresentare un doppio con tutti i crismi dell’ottimo assortimento. Tanto bello da vedere e solido il tennis di Kokkinakis, tanto elogio della follia quello di Kyrgios, cosa che del resto era piuttosto nota. La nota di merito più particolare, in effetti, va a Thanasi, che pure è rimasto fuori dal torneo di singolare praticamente subito. Ha dovuto vivere una lunga serie di infortuni, poi è riuscito a tornare e a darsi uno spettacolare inizio di stagione. In questo tennis c’è anche bisogno di lui, ed il miglior ranking di numero 69 da solo va preso per quello che è: un dato menzognero in relazione alle sue qualità.

Quinto e sesto nome: Barbora Krejcikova e Katerina Siniakova. Che, poi, sono anche la conferma del paradosso maschile-femminile: là dove gli uomini hanno vissuto, se non delle sorprese, dei momenti del tutto inattesi, le donne hanno sempre offerto la sicurezza delle prime della classe. Tanto più che Krejcikova, oltre a essere eccellente doppista, oramai è affermatissima anche in singolare, e ha dimostrato che non era casuale il trionfo del Roland Garros: non si giunge, infatti, ai quarti di uno Slam come questo per puro caso. Significa che la costanza da numero 4 WTA c’è. Di carriera ne ha ancora parecchia davanti, ma in questo stato delle cose si può dire che, almeno per un po’, in Repubblica Ceca possono stare tranquilli sul post-Kvitova e Pliskova.

Sei personalità, sei nomi vittoriosi, che portano già questi Australian Open su un piano diverso, perché raramente come quest’anno c’era stato tanto bisogno di racconto tennistico, puntualmente assecondato da tutti loro. La copertina, però, è giusto vada a Nadal, che ha compiuto un’impresa della quale non s’era ancora visto l’eguale. E l’ha messa a segno partendo dalla testa di serie più bassa mai avuta da vincitore: la numero 6. Il che dimostra che, per lui, spesso e volentieri i numeri contano ben poco.

Foto: LaPresse

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