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Australian Open 2022: Salvatore Caruso dura un set, poi Miomir Kecmanovic dilaga
Dopo il ripescaggio nel tabellone principale al posto di Novak Djokovic, per Salvatore Caruso termina, stavolta in modo definitivo, l’avventura a Melbourne. Il siciliano esce dagli Australian Open, dovendo cedere a un più solido Miomir Kecmanovic. Il serbo si impone con un perentorio 6-4 6-2 6-1, e attende uno tra il kazako Mikhail Kukushkin e l’americano Tommy Paul al secondo turno.
E dire che la partita, almeno all’inizio, offre spunti interessanti (e parte con uno scambio da 18 colpi). Eppure è Caruso il primo a cedere la battuta, nel quinto gioco. Il nativo di Avola, però, non demorde, e nell’ottavo gioco riesce a riprendersi il maltolto dopo averci già provato nel sesto. La soddisfazione dura poco, però, perché nel nono game, il più lottato, perde di nuovo il servizio e stavolta non riesce a rientrare.
Si tratta del momento di svolta del match, perché Kecmanovic inizia a essere sempre più in confidenza con i colpi. Dall’altra parte, invece, Caruso inizia a commettere fin troppi errori gratuiti, scivolando nel secondo set fino all’1-4 con doppio break di svantaggio. L’azzurro, d’orgoglio, ne recupera uno, mostrando di volerci ancora provare, ma riperde la battuta subito dopo e cede anche in questo caso per 6-2.
Diventa così una passeggiata, per il serbo, il terzo parziale, contrassegnato da una sempre minor consistenza di Caruso in campo, o per meglio dire da una chiara superiorità di Kecmanovic fin da quando l’ultimo vero gioco con della battaglia, il terzo, va a finire in suo favore. Vince in quel modo tre game senza problemi e nega all’italiano la possibilità di rientrare nel confronto dopo un sesto gioco lottato. Poco meno di due ore di durata del match.
Impietosa, in maniera completa, la statistica dedicata al rapporto vincenti-errori gratuiti: 26-48 quello di Caruso, 28-19 quello di Kecmanovic. Nel caso del siciliano non solo la prima finisce per essere carente (entra in campo il 49% delle volte), ma anche i punti vinti sulla seconda gli fanno difetto: appena il 29%.
Foto: LaPresse