Biathlon
Biathlon, l’involuzione di Rebecca Passler: dubbi sulla gestione di un talento da non disperdere
Rebecca Passler era uno dei nomi più attesi in seno alla squadra italiana di biathlon in vista della stagione 2021-2022. Non poteva essere altrimenti, alla luce di quanto accaduto durante gli ultimi due inverni. Nel gennaio 2020 l’altoatesina si era fregiata della medaglia d’argento iridata dell’individuale nella categoria youth, proseguendo poi il suo percorso di crescita sul finire della scorsa annata. A marzo 2021, nei Mondiali junior di Obertilliach, l’azzurra si è messa al collo l’argento nella sprint e il bronzo nell’inseguimento. Successivamente, sulle stesse nevi, ha ottenuto anche un podio in Ibu Cup.
Risultati interessantissimi, che hanno spalancato le porte della squadra di Coppa del Mondo a una ragazza dal pedigree pesante. Zio Johann è infatti stato uno dei più grandi biathleti italiani di tutti i tempi. Cionondimeno, il 2021-22 si sta rivelando deficitario. L’impatto con il massimo circuito, avvenuto a Östersund, è stato traumatico. Rebecca si è trovata impantanata nelle retrovie delle classifiche. Immediatamente retrocessa in Ibu Cup, ha comunque proseguito a fare tanta, troppa, fatica. Com’è possibile?
Partiamo dal presupposto che nella crescita agonistica di un’atleta possono esserci momenti difficili e, considerando come Passler sia una classe 2001, c’è tutto il tempo per ritrovare la brillantezza perduta. Tuttavia quanto abbiamo visto da dicembre in poi è preoccupante, perché non si ha l’impressione di avere di fronte una ragazza che fatica a carburare, bensì si ha la sensazione di vedere un motore che non può andare più forte di quanto non stia già facendo. Verosimilmente le radici di questa infelice situazione vanno ricercate in estate e autunno.
Senza dubbio la ventenne azzurra è stata sottoposta a carichi di lavoro a lei sconosciuti in passato. Con ogni probabilità, il suo organismo ha patito l’aumento della mole di allenamenti e, anziché caricarsi come una molla, è rimasto schiacciato sotto il peso della preparazione estiva. La convocazione ai Giochi olimpici di Pechino è ormai una chimera e, a questo punto, la speranza è quella di recuperare qualche buona sensazione da qui a fine marzo.
In generale viene però spontaneo lanciare uno spunto di riflessione. Dorothea Wierer non è eterna. Anzi, la fine della sua carriera non è poi così lontana. Non potrà tenere in piedi da sola il movimento all’infinito. Il medesimo discorso può essere applicato a Lisa Vittozzi, anche nel caso riesca a riprendersi dall’attuale crisi che, salvo lampi estemporanei, perdura da quasi tre anni.
L’Italia non ha tutta questa abbondanza per le mani, perché la golden generation del 1990-1991 è stata un episodio. La realtà dei fatti ci dice che, Vittozzi a parte, dal 1992 al 1996 non è nata nessuna atleta di rango internazionale. In cinque anni è venuta fuori una sola donna di alto livello. Dalle classi che vanno dal 1997 al 2000 è uscito qualcosa, ma nulla veramente in grado di spostare gli equilibri nel massimo circuito. Per trovare potenziali crack future si deve arrivare alle nate nel XXI secolo.
Al riguardo Rebecca Passler appare l’atleta dotata, in prospettiva, del potenziale più alto. Proprio per questo non ci si può permettere di perderla per strada. Si tratta di un patrimonio da far fruttare nel prossimo decennio. Dunque, che si cerchi di capire qual è il sentiero migliore da seguire con questa ragazza, analizzando con cura la causa delle attuali difficoltà, allo scopo di prendere le adeguate contromisure. L’altoatesina ha un grande talento, però sarà cruciale coltivarlo nel modo migliore. Milano-Cortina 2026 è dietro l’angolo, ma i “suoi” Giochi olimpici possono essere addirittura quelli del 2030.
Foto: Marco Trovati Fisi/Pentaphoto