Combinata nordica

Combinata nordica, il piatto piange per l’Italia. Pittin anonimo, l’affaire Samuel Costa e i giovani che non decollano

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La situazione attuale della combinata nordica italiana è oggettivamente scoraggiante. Ai Giochi olimpici del 2010 questa disciplina portava a casa una medaglia grazie ad Alessandro Pittin, peraltro andato vicinissimo a ripetersi a Sochi 2014, quando arpionò un quarto posto di cui pochi si ricordano. Il risultato di Vancouver appariva l’inizio di un percorso di crescita, ma a distanza di dodici anni il settore versa in uno stato di fatiscenza e si avvicina a Pechino 2022 senza alcuna velleità.

Proprio Pittin è l’emblema della situazione. Il friulano appare l’ombra di sé stesso, spento sia sul trampolino che sugli sci stretti. I limiti atavici nel salto sono ben noti, ma l’attuale versione dell’atleta è inferiore a quella vista nel recente passato. Anzi, per certi versi è persino più inquietante di quella dei momenti di maggior difficoltà. Non si percepiscono problematiche di natura psicologica, bensì un deficit in termini di forza fisica. Non a caso, anche nel fondo l’attuale Pittin è una copia sbiadita di sé stesso. Più che a un Pitbull, siamo di fronte a un cocker spaniel. Qualunque sia la radice dell’afflosciamento, di certo c’è che ora come ora Alessandro fatica a entrare nelle prime trenta posizioni ed è rimasto ben poco tempo per invertire la tendenza.

Il ruolo di numero uno del team è stato ereditato da Raffaele Buzzi, unico azzurro per cui si può parlare di stagione complessivamente positiva. Il ventiseienne friulano ha alzato la propria asticella, sino a raggiungere il livello a cui era atteso da tempo, ovverosia quello di atleta in grado di rappresentare una presenza fissa in zona punti. Probabilmente, senza i fastidiosi acciacchi alla schiena da cui è stato a lungo tormentato, avrebbe potuto issarsi all’attuale rendimento già qualche tempo fa. Poco importa la tempistica, conta essere arrivato a questo punto.

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La branca gardenese è invece dispersa. Il discorso Samuel Costa e il suo percorso agonistico dal 2017 in avanti sono argomenti talmente complessi e articolati da poter esser degni di un libro. Al di là della sconcertante regressione agonistica, l’ultimo capitolo di una storia quantomeno singolare è rappresentato dall’attuale impossibilità a gareggiare. La ragione è ben nota. Per praticare attività agonistica, la Fisi ha imposto l’obbligo del vaccino contro il Covid-19. L’atleta sostiene di godere di un’esenzione a causa di potenziali reazioni allergiche. Cionondimeno, tale esenzione non è stata riconosciuta dai medici della federazione. Viviamo in un’epoca complicata, con regole sempre più stringenti e dettami sempre più rigidi. Se due medici sono di parere diverso, pesa di più quello “istituzionale”. Nel caso di specie, quello della Fisi. Quindi, nella situazione corrente, la squadra azzurra è priva del proprio numero due.

Riguardo Aaron Kostner c’è da dire che lui non è mai stato un mostro di costanza, anzi spesso e volentieri ha vissuto su lampi di alto profilo, concentrati soprattutto negli appuntamenti più importanti. Per questa ragione il giudizio nei suoi confronti deve restare sospeso almeno sino al termine dei Giochi olimpici, indipendentemente da quanto è stato sinora il suo 2021-22. In ogni caso, sarà bene aprire un tema di discussione in primavera. Ha senso che un atleta di indubbio potenziale possa esprimerlo appieno solo per un paio di settimane a inverno?

Infine due parole sull’Italia del futuro. Iacopo Bortolas e Stefano Radovan sono un patrimonio da amministrare con cura e con perizia, perché questi due ragazzi del 2003 hanno tutte le carte in regola per diventare atleti di alto livello in Coppa del Mondo. Soprattutto il primo, essendo particolarmente dotato per il salto, ambito dove potrebbe persino diventare uno dei migliori del circuito. Proprio per questo sarebbe bene che in Fisi si ragioni in maniera cartesiana, senza tralasciare nulla e pensando al bene degli atleti. La costruzione di Milano-Cortina 2026 comincerà tra poche settimane, dunque sarebbe auspicabile che Bortolas e Radovan possano essere seguiti impostando un programma di crescita progressiva, curato da tecnici capaci e di conclamata stima internazionale. Perché quella può essere la dimensione del tandem di teenager azzurri.

Se si vuole davvero fare il bene degli atleti, allora si agisca di conseguenza, effettuando un investimento per consentire loro di mettere a frutto le proprie qualità e di colmare le attuali lacune. Quindi si eviti di ragionare in maniera politica, cedendo a pressioni interne o esterne. Il bene di Bortolas e Radovan deve venire prima di ogni cosa. Se si vuole dare un futuro alla combinata nordica italiana, si deve puntare principalmente su chi può garantirlo, con la certezza di affidare i due classe 2003 a persone in grado di prenderli per mano e di accompagnarli proficuamente nel loro sviluppo.

Foto: La Presse

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