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Dakar 2022, Paolo Lucci: “Mi alzavo alle 3.30 di notte, era un’avventura. Fisico messo a dura prova”

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Paolo Lucci esprime la propria opinione ai microfoni di OA Sport a pochi giorni dal termine della Dakar 2022, competizione che ci ha tenuto compagnia nelle prime due settimane dell’anno. L’alfiere del Solarys Racing racconta quanto accaduto nel deserto dell’Arabia Saudita che per la terza volta ha accolto il rally raid più famoso ed estenuante al mondo.

Sei soddisfatto di come è andata la Dakar 2022 nonostante il problema avuto nell’ottava tappa?

“Posso ritenermi contento nonostante i problemi tecnici che ho avuto. La prima settimana sono partito molto tranquillo, l’obiettivo era quello di arrivare al traguardo finale di Jeddah. L’unico rammarico è di non aver disputato delle delle tappe come avrei voluto. Non sappiamo ancora cosa sia successo nell’ottava tappa, il danno era grave e non siamo riusciti a ripartire. Non avevamo altra scelta”.

Per un appassionato cosa vuol dire affrontare la Dakar?

“É un’emozione unica, è un’avventura. Sei in mezzo al deserto per 600km al giorno per due settimane consecutive. Devi giocarti tutto in quei giorni che non ti lasciano fiato. Succedono tantissimi episodi durante le speciali, ad oggi è difficile scegliere uno migliore di altri”.

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Qual è stata la tappa più complessa di quest’edizione?

“A dire il vero le prove erano quasi tutte simili. Le prime erano completamente sabbiose, le altre erano abbastanza ‘lineari’. I paesaggi erano quasi tutti identici. Le dune sono sempre un’incognita, devi allenarti perché in quei punti si fa la differenza. Non ci sono tante opzioni, devi provare più volte quei settori per andare forte”.

La Dakar è un evento speciale che vale una stagione. Come ci si prepara per una manifestazione simile in cui non sono concessi errori?

“L’esperienza nel deserto è fondamentale. In Italia ed in generale in Europa non possiamo simulare una situazione simile, solo in Africa ci sono delle zone che possono assomigliare all’Arabia Saudita. Serve tanto allenamento fisico, 12 giorni da affrontare non sono pochi. Mentalmente è una corsa veramente dura. La Dakar è cambiata nel corso degli anni, il livello dei rivali si è alzato tantissimo”.

Avevi qualche timore alla vigilia del prologo di Jeddah, cittadina che ha accolto quest’anno la partenza e l’arrivo della corsa?

“A dire il vero no anche perché non sapevo bene cosa aspettarmi. Ho dato tutto per le mie possibilità, correre da privato non è mai semplice. Mi sono allenato a Dubai ed ho fatto il Rally del Marocco che è il principale test prima della Dakar. In Africa c’è meno sabbia, le dune sono più morbide e forse più grandi. Devo migliorare sotto questo aspetto”.

La navigazione è un aspetto cruciale, come funziona per quanto riguarda le moto?

“Pensavo che la navigazione fosse diversa rispetto alle auto. Forse con le moto è addirittura più facile perché pensi ed automaticamente agisci. Non devi interpretare le parole del navigatore, a volte può essere un vantaggio. Capita a tutti di sbagliare, spesso è colpa della troppa foga. Le note vanno lette nel momento giusto, devi distrarti dalla guida quando c’è meno pericolo possibile”.

Gli imprevisti sono all’ordine del giorno alla Dakar, in caso d’emergenza cosa succede?

“Ogni pilota ha due GPS, uno per il percorso e gli intertempi e l’altro per sicurezza. C’è un specie telefono con due tasti chiave. Quello rosso è da premere se cadi o ti fermi per assistere un pilota. I soccorsi si preparano e l’elicottero arriva al più presto possibile. Il tasto blu, invece, devi azionarlo in caso di problemi, chiami a Parigi e successivamente qualcuno arriva in aiuto”.

Come è organizzata una giornata di gara? A che ora ti alzavi al bivacco?

“Mangiavamo alle 18.30 con l’intento di andare a dormire per le 21.00. Alla mattina mi alzavo verso le 3,30, un po’ prima rispetto agli altri. Dopo la colazione ti prepari ed affronti il trasferimento tutto coperto. Sembrerà strano, ma quest’anno era molto freddo. L’organizzazione ci permette di depositare i vestiti in una sacca che poi ritroviamo al bivacco seguente che spesso è collocato nei pressi degli aeroporti”.

Paolo Lucci ha continuato spiegandoci quanto accaduto nella seconda competizione ad anello in quel di Riyadh. La capitale dell’Arabia Saudita ha visto l’accorciamento di una frazione per quanto riguarda le moto ed i quad, una situazione che è stata chiarita dal nostro connazionale.

“La direzione gara ha deciso di sospendere la frazione per delle ragioni di sicurezza. Le auto ed i camion passate il giorno prima hanno distrutto il percorso, c’erano troppi ostacoli che non erano segnati sulla mappa. Abbiamo completato più di 200km di trasferimento per raggiungere il bivacco”.

Siamo a pochi giorni dalla conclusione della Dakar, ma quali sono i programmi per il prosieguo del 2022?

“Ora mi riposo, ma tra poco si riparte. Sto tenendo controllata la caviglia che dal secondo giorno mi ha dato problemi. Io ed il team stiamo rifinendo il programma per il 2022, mi piacerebbe disputare una delle prove del Mondiale. Ovviamente il mio obiettivo è la prossima edizione della Dakar. Ci sarà da programmare una dettagliata attività nel deserto per arrivare pronto in Arabia Saudita a gennaio”.

Foto: Photo LiveMedia/Frederic Le Floc H

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