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Dario Chiadò: “La scherma non ha fallito alle Olimpiadi. Abbiamo buone individualità, voglio vincere”

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Una vita a seguire gli atleti ed ora il compito più difficile, quello di commissario tecnico. Dario Chiadò è stato scelto come figura principale del nuovo corso della spada italiana dopo le Olimpiadi di Tokyo. Un compito assolto con tanto orgoglio e con l’obiettivo di creare un ambiente vincente, inserendo anche tanti giovani. Il CT azzurro si è raccontato in esclusiva ad OA Sport, tracciando un percorso per un lavoro che ha come traguardo le Olimpiadi di Parigi 2024.

Facciamo subito un passo indietro di qualche mese e torniamo alla nomina di CT. Che emozioni ha provato? Se lo aspettava dopo i tanti anni vissuti in azzurro?
“E’ una cosa che mi inorgoglisce e che significa che ci sia della fiducia, che spero di ripagare. Vorrei mettere gli atleti nelle condizioni migliori. Una cosa che sto dicendo spesso, visto che gli atleti si allenano nelle loro società, è quella che noi dobbiamo creare le situazioni migliori in prossimità di un evento principale, di dare il massimo supporto per arrivare al risultato”.

Un gruppo di atleti che lei conosce bene, visto che con molti di loro ha lavorato fin da giovani. Può essere un vantaggio per un CT “nuovo”?
“La maggior parte di loro hanno cominciato con me che erano cadetti. Lavoro con la Federazione dal 1996 e ho cresciuto delle generazioni. Ci conosciamo tutti molto bene reciprocamente e c’è grande fiducia e stima. E’ chiaro che il mio ruolo porta a delle situazioni diverse ora. Io ora sono quello che decide ed il mio ruolo attuale è la vera grande differenza rispetto a prima. Io prima mi ponevo come colui che allenava e supportava in gara gli atleti della nazionale italiana ed ora invece ho il ruolo di selezionatore che non può soddisfare tutti quanti”. 

La scherma italiana arriva da un’Olimpiade che ha creato critiche, polemiche. Come giudica l’esperienza a Tokyo?
“Chi ha lavorato nel periodo precedente al mio ha fatto un ottimo lavoro e ci tengo a dirlo. Dire che la scherma italiana ha fallito è stato conveniente per qualcuno mediaticamente, ma sicuramente non è stato corrispondente alla realtà. Di sicuro si può fare meglio, non tutte le cose sono andate per il meglio, ma parlare di fallimento mi sembra veramente eccessivo. Abbiamo comunque preso cinque medaglie e alcune potevano essere di colore diverso”.

Che momento sta vivendo la spada italiana?
“Ci sono delle buone individualità in entrambi i settori, sia al femminile che al maschile. In entrambi i casi ci sono due atleti che possiamo definirli emergenti che sono Federica Isola ed Andrea Santarelli, che sono comunque gli ultimi due ad aver preso medaglia nell’ultima gara di Coppa e che sono i più in forma. Non bisogna dimenticare che ci sono davanti a loro degli atleti di esperienza e fortissimi e dietro loro degli atleti che stanno maturando e avranno chance per esprimersi al meglio nei prossimi anni. La spada è poi l’arma dell’esperienza e non è detto che atleti con un’età avanzata possano poi emergere, ci sono tanti casi anche nel passato. Le potenzialità ci sono, buttando comunque uno sguardo al ricambio generazionale. Capire chi sarà meglio ora e chi lo sarà in futuro”. 

Come gli altri suoi colleghi CT ha già apportato dei cambiamenti all’interno delle squadre. Sarà un anno di esperimenti?
“Prenderò ancora le prossime due gare per variare i quartetti, un po’ di più quello femminile perchè abbiamo più persone da coinvolgere, ma anche in quello maschile ci saranno delle rotazioni. In previsione del Mondiale nelle ultime due tappe di Coppa inizierò a tirare le somme per trovare una squadra in vista della rassegna iridata, per poi prendermi un nuovo spazio all’inizio della prossima stagione per tornare a variare ancora per capire quale sarà la miglior squadra per approcciare alla qualifica olimpica”. 

Federica Isola rappresenta il presente ed il futuro della spada azzurra. Si può parlare di lei come il punto di riferimento per la squadra, la leader sulla quale costruire un quartetto importante?
“Rispondo dicendo che la squadra è una squadra e non è composta solo dalle quattro atlete, ma anche dai tecnici che stanno intorno, da tutte le persone che lavorano per loro, dai maestri di sala. Non mi piace l’idea di una squadra che possa costruirsi solo su un’atleta, ognuna deve dare il suo apporto. A volte si determinano comunque degli equilibri, dove uno è più leader e altri più da gregario. Sono cose da coltivare e che rendono migliore una squadra”. 

Una situazione diversa al maschile, dove i giovani hanno fatto fatica negli ultimi anni. Che aspettative ci sono?
“Ci sono dei giovani che sono rimasti un po’ indietro, hanno mancato un passaggio anche a causa della pandemia e delle tante gare saltate. Nell’ultima gara ho comunque portato Davide Di Veroli che ha già maturato una certa esperienza ed un Federico Vismara, che non era mai stato in squadra se non occasionalmente. Cercherò di capire tra le risorse di trovare la quadra migliore in vista del Mondiale”. 

Si è posto un obiettivo?
“Vincere. Potrebbe anche sembrare una risposta banale, ma non lo è. Vorrei comunque creare un ambiente dove si lavora con la giusta serenità, con il dovuto impegno e fiducia. Tutto questo deve portare a vincere. Quando dico vincere non intendo solo arrivare primi, ma anche vedere una crescita del gruppo. Mi serve che un ragazzo vada a podio, ma anche nel vedere quattro ragazzi tra i sedici. Mi piacerebbe di fare un lavoro di crescita del livello medio dell’ambiente, alzando la competitività, così che anche gli atleti più forti se ne possono avvantaggiare”. 

Foto: Bizzi-Federscherma

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