Seguici su

Rugby

Rugby, Paolo Garbisi: “L’assenza di vittorie pesa per l’Italia, ma è uno stimolo. Non sento la pressione esterna”

Pubblicato

il

Mancano ormai pochi giorni all’inizio del Guinness Sei Nazioni e l’Italia arriva all’appuntamento con il successo che manca dal 2015. Azzurri che hanno una rosa giovanissima e dove spicca il talento cristallino di Paolo Garbisi, mediano d’apertura in forza a Montpellier. Abbiamo chiacchierato con lui del torneo alle porte, ma non solo.

Paolo, a 21 anni hai già collezionato 13 caps in Nazionale e sei un punto fermo per Kieran Crowley. In un Paese dove i talenti spesso sono esplosi tardi sei una bella eccezione. Ti senti, seppur giovanissimo, già un veterano del gruppo azzurro?

“No, non mi sento un veterano. Ci sono molte cose che non mi fanno sentire un veterano, a partire dall’età e dai caps, poi anche pensando che ho esordito poco più di un anno fa. No, non mi sento un veterano, mi sento semplicemente un giocatore giovane che cerca di migliorarsi il più possibile per aiutare la squadra, sia come Italia sia come Montpellier”.

Parlando di bruciare le tappe, tu hai esordito in azzurro quando quasi non avevi mai giocato con Treviso e dopo un anno sei già a Montpellier. Philippe Saint-André ha detto che tempo due anni sarai tra i numeri 10 più forti al mondo. Come vivi la pressione di tutte queste attenzioni addosso?

“Onestamente da questo punto di vista sono molto fortunato. Non ci sarà mai nessuna persona esterna, stampa o social che potrà pretendere da me più di quanto io per primo pretendo da me. Sono io la persona che più criticherà me stesso, che metterà pressione su di me. Io non presto troppa attenzione su quel che viene detto su di me, non posso permettermi di influenzare il mio gioco solo se viene scritto qualcosa di negativo su di me. Poi, ovvio, sono un essere umano ed è bello – o brutto – quando si legge qualcosa di positivo – o negativo – su di me”.

Arrivate da un periodo non facile, iniziato ben prima del tuo esordio e di quello di tanti tuoi compagni. Nel Sei Nazioni la vittoria manca dal 2015 e in generale gli ultimi anni sono stati avari di soddisfazioni. Quanto pesa sul gruppo l’assenza di risultati?

“Pesa, ovviamente pesa. È una cosa dalla quale non possiamo assolutamente nasconderci e non è nemmeno un dettaglio da poco conto. È una cosa importante, è qualcosa cui noi pensiamo, facciamo riferimento. Ovviamente noi cerchiamo di guardare avanti piuttosto che indietro, anche perché ultimamente indietro c’è ben poco da ammirare. Ma è uno stimolo per fare meglio, cerchiamo di incanalarlo in maniera positiva all’interno della squadra”.

Spesso quando un italiano va a giocare all’estero il suo passaggio viene accolto con scetticismo. All’estero spesso si pensa a un rincalzo inutile, mentre in Italia si teme che un giocatore si bruci, finendo a fare più panchina e tribuna che altro. Tu, invece, a Montpellier ti sei subito ritagliato uno spazio importante. Come sono stati questi primi mesi in Francia?

“Sono stati fantastici, onestamente. Sono molto contento, mi sono ambientato molto bene fin dalle prime settimane, sia come squadra sia come vita fuori dal campo. Sono stato fortunato, i compagni mi hanno molto aiutato e da un punto di vista rugbistico ho ricevuto subito una grande fiducia da parte dello staff. Poi Montpellier è bellissima, si vive veramente bene e sono stato veramente fortunato a finire in un posto dove tutte le componenti ti aiutano a vivere bene”.

Tanti complimenti, ma tu sei giovanissimo, hai ovviamente ancora ampi margini di crescita e pretendi molto da te. Dove Paolo Garbisi non è ancora il top player di cui parla Saint-André? Quali sono i tuoi limiti?

“Secondo me ce ne sono ancora tante di cose su cui lavorare. In primis, direi la gestione delle partite, è un aspetto che verrà anche con l’esperienza, con più partite giochi. Su questo devo ancora lavorare tanto, ma essendo molto giovane il tempo è dalla mia parte. Poi sicuramente il gioco al piede, che è qualcosa che sta andando bene, ma che devo comunque ancora migliorare per puntare alla perfezione, anche se magari non ci si arriva. Poi è oggi fondamentale nel rugby moderno e dunque devo ancora migliorare tanto”.

La mediana azzurra vista negli ultimi 12 mesi ha un’età complessiva di 41 anni. Parlo, ovviamente, di te e Stephen Varney. Siete già molto affiatati, avendo giocato assieme anche in Under 20. Come è il vostro rapporto in campo e fuori?

“Il nostro rapporto in campo credo che sia buono, abbiamo la stessa visione di questo sport e questo è positivo. Tutto questo è aiutato anche dal fatto che ci troviamo bene fuori dal campo, siamo sempre in camera assieme, anche se ci vediamo solo per le partite della nazionale è un rapporto bellissimo”.

Ultima curiosità. Tu studi giurisprudenza a Treviso. Il trasferimento in Francia ha bloccato i tuoi studi, riesci comunque a dedicare un po’ di tempo all’Università o è un progetto che, per ora, hai rimandato?

“Sto continuando a studiare, anzi, sono proprio riuscito a dare un esame la settimana scorsa ed è qualcosa che continuo a fare e che voglio continuare a fare. Anche su questo tema sono stato fortunato, con i professori che si sono resi disponibili a fare esami a distanza e anche il club mi ha permesso di continuare a studiare e, anzi, i dirigenti sono molto contenti che sia uno studente e che pensi anche all’Università”.

Foto: Alfio Guarise – LPS

Pubblicità

Dalla Home

Pubblicità

Facebook

Pubblicità