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Salto con gli sci

Salto con gli sci, Davide Bresadola tiene a galla un movimento di nicchia. Regresso notevole nel settore femminile

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L’Italia del salto con gli sci si avvicina ai Giochi Olimpici di Pechino consapevole di non avere alcuna possibilità di medaglia. Se curling e freestyle possono coltivare qualche speranza di salire per la prima volta nella storia sul podio a Cinque Cerchi, gli azzurri del salto hanno già la certezza matematica di non poter competere per i traguardi più importanti, dovendosi accontentare di porsi obiettivi platonici. Niente di male, non è necessario essere da corsa per il successo in ogni disciplina, ma quanto sta accadendo genera una riflessione in merito allo stato del settore.

Partiamo dal presupposto che l’Italia, nel salto con gli sci moderno, è destinata a rimanere un Paese marginale, soprattutto se guardiamo agli uomini. Al di là dei piagnistei in merito alla presunta mancanza di fondi, che in realtà non sono affatto scarsi rispetto al recente passato, soprattutto se si valuta la mole di raduni e di viaggi effettuati negli ultimi mesi, il punto è che il movimento ha dei numeri esigui rispetto a quelli di altre nazioni. La disciplina è poco praticata e a tutti gli effetti di nicchia, poiché non esce da quelle tre/quattro località che hanno tradizione in materia. Se poi questi borghi sono sovente in guerra tra loro, perché l’ambiente è storicamente litigioso e impregnato di futili rivalità territoriali, allora qualsiasi minima possibilità di crescita è preclusa a priori.

In generale, il salto con gli sci maschile è ormai dominato dall’esarchia composta da Norvegia, Germania, Austria, Polonia, Giappone e Slovenia. Questi sei Paesi dettano legge e corrono a ritmo forsennato, tanto che nazioni di vertice solo una quindicina di anni fa sono ormai diventate a loro volta di secondo o terzo piano. Gli esempi più eclatanti sono quelli di Finlandia e Repubblica Ceca, passate in poco più di un decennio dal vincere gare a festeggiare un ingresso in zona punti. Se questi Paesi perdono il treno, senza riuscire a risalirci, difficile che l’Italia possa crescere di colpi, a prescindere dai mali interni del settore tricolore. In questo panorama bisogna però sottolineare come Giovanni Bresadola si stia ritagliando il proprio spazio nel massimo circuito.

Il giovane trentino resta un saltatore monodimensionale, ovvero competitivo principalmente dove la fase di volo è preponderante, ma ci sono tutti i presupposti perché possa arricchire il proprio bagaglio tecnico nel prossimo futuro. La disciplina non è più fatta per gli atleti precoci, bensì per uomini strutturati. Negli anni a venire Bresadola potrebbe quindi puntare costantemente alla zona punti. Al riguardo viene da pensare che la collaborazione con Andreas Felder stia facendo bene al ventenne della Val di Sole, anche perché si è visto qualche piccolo segnale di vita da parte di Alex Insam, il quale ora da’ l’impressione di avere un’idea di salto e non di scendere dal trampolino alla viva il parroco, come avvenuto nell’ultimo biennio.

Bisognerebbe però chiedersi come mai un tecnico esperto e di livello assoluto quale Felder stia seguendo sostanzialmente solo gli uomini, quando era stato ingaggiato principalmente per lavorare con le ragazze. La domanda va girata alla Fisi, che dovrebbe avere il polso della situazione. Il regresso delle azzurre è sotto gli occhi di tutti ed è un delitto, perché in campo femminile c’è più spazio per emergere. L’Italia sarebbe dotata di un paio di carte da non sottovalutare, ovverosia le sorelle Malsiner.

Non bisogna dimenticare come Lara, in passato, abbia saputo salire sul podio, frequentando peraltro costantemente la top-ten. In questa stagione, se si eccettua un estemporaneo dodicesimo posto a Ramsau, non ha combinato praticamente nulla. Jessica lo scorso anno aveva trovato una dimensione di assoluto rispetto, galleggiando costantemente attorno alla ventesima piazza. Nell’inverno corrente, invece, fatica a superare le qualificazioni. C’è un’inquietante involuzione tecnica, la quale non può certo essere addebitata a Felder, soprattutto perché le gardenesi non seguono un’idea di salto aderente a quella dello stimato sessantenne tecnico tirolese.

Peccato, perché le sorelle Malsiner sono saltatrici forti di doti innate che, se sviluppate adeguatamente, potrebbero consentire loro di ottenere risultati di peso in ambito internazionale. Invece, ora come ora, si stanno sciupando delle belle occasioni di brillare. Se alla Fisi va bene così, ne prendiamo atto e ce ne faremo una ragione.

Foto: LaPresse

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