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Scherma
Scherma, Stefano Cerioni: “La metodologia va cambiata. L’Italia deve tornare a far paura”
Dopo le Olimpiadi di Tokyo, la scherma italiana ha attuato una vera e propria rivoluzione, riportando a casa Stefano Cerioni, l’allenatore che ha trascinato il fioretto azzurro sul tetto del mondo. Strappato alla Francia in extremis, il nuovo commissario tecnico ha il difficile compito di rilanciare l’arma che ha regalato allo sport italiano il maggior numero di trionfi a livello europeo, mondiale ed olimpico. In esclusiva ad OA Sport, Cerioni spiega i motivi del suo ritorno, analizzando le difficoltà attuali del movimento, ponendo l’asticella molto in alto.
Quest’estate Italia e Francia hanno battagliato per averla come CT. Cosa l’ha spinta a scegliere i colori azzurri e tornare in un ruolo nel quale ha raccolto tantissimi trionfi?
“Fondamentale per la mia scelta è stato l’aver sentito da parte del CONI e della Federazione la forza di volermi con loro, di farmi sentire importante per un progetto che volevano portare avanti. Dall’altra parte con la Francia c’era già un’intesa e dopo le Olimpiadi eravamo vicinissimi a chiudere. Poi hanno prevalso il fatto di tornare a casa, il patriottismo, la voglia di riprendere una squadra mia, anzi quattro squadre mie, contando anche i giovani, che avevo portato a vincere e di poter fare il meglio possibile con la squadra del cuore, che è quella della mia nazione”.
Si è parlato di fallimento per la scherma azzurra a Tokyo. E’ d’accordo con questa affermazione, oppure i giudizi sono stati troppo severi?
“L’Olimpiade non si può giudicare fallimentare, perchè abbiamo vinto cinque medaglie. Chiaro che dalla scherma ci si aspetta l’oro, perchè fa sempre la differenza nel medagliere. Il fioretto, che ci ha sempre abituato bene, questa volta ha raccolto meno, ma non si può parlare di fallimento. Non sempre si può vincere. Abbiamo dato una grande abitudine agli italiani e allo sport italiano, quella di vincere sempre e di conquistare sempre gli ori, ma questa volta non sono arrivati”.
E’ tornato da qualche mese ad essere il CT. Ha trovato delle differenze rispetto all’interno dell’ambiente rispetto al passato?
“C’è da lavorare molto secondo me. Avevo lasciato, soprattutto a livello giovanile, un gruppo molto competitivo e siamo molto in ritardo sul settore giovanile. Sono state cambiate metodologie di allenamento, visioni anche di come impostare tecnicamente il lavoro e anche gli assalti durante le gare. Cercherò di fare il possibile per tornare ad un livello più competitivo. Non facciamo più paura come prima, ma siamo pur sempre una squadra competitiva. Dobbiamo tornare a far paura, ma questo lo possiamo fare solo ricominciando a vincere. In questo momento, però, io devo fare degli esperimenti, perchè l’Olimpiade è vicina. Ho bisogno di dare spazio ai giovani, di dare loro la possibilità e l’opportunità di entrare in squadra, di acquisire esperienza, in modo che quando cominceranno le qualificazioni olimpiche io avrò la possibilità di scegliere su un numero superiore di atleti e atlete così da poter formare una squadra che dall’inizio della qualificazione olimpica che potrà subire dei cambiamenti, ma avendo sempre degli elementi che hanno acquisito esperienza”.
Già dalla prima gara di Coppa del Mondo si è notata questa volontà di cambiare. Sarà così per tutto l’anno?
“Nell’ultima gara ho tenuto fuori Palombo e Batini, che avevano fatto terza e quinta nell’individuale, mettendo tre ragazze che erano uscite subito nei primi turni, ma alla fine abbiamo vinto lo stesso. E’ stata una vittoria inaspettata, ma molto bella grazie anche al carisma che ci ha messo Alice (Volpi, ndr), che prima non faceva. Ora è più anziana, ha un ruolo diverso, è capitana. Psicologicamente ci sono persone che devono crescere e Volpi è una di queste, perchè cambia il suo ruolo all’interno della squadra”.
Proprio su Alice Volpi. Viene quasi da dire “Arriva Cerioni e Volpi vince subito”. Cosa le manca per diventare una grandissima, come quelle che lei ha allenato in passato?
“Ha sicuramente le qualità. La cosa principale che sto facendo è quella di farle capire le potenzialità che ha, di farla stare più tranquilla in pedana, di fare scelte anche tecniche che le possano servire. In questi tre anni tutto ciò potrebbe farle acquisire ancora più consapevolezza, in modo da ottenere tante vittorie importanti per l’Italia”.
Arianna Errigo come sta e quando la rivedremo in pedana?
“Arianna è in recupero, ha ripreso da poco. E’ vogliosa di tornare il prima possibile, ma non so se la porterò a Poznan o se l’esordio sarà a Torino. E’ sicuramente indietro sul piano fisico. Ha le qualità ed il talento lo ha sempre avuto. Magari torna a Poznan solo per ritrovare il clima gara, ma stiamo comunque lavorando per portarla al massimo a fine anno”.
Passando al settore maschile abbiamo certamente una stella (Daniele Garozzo), ma negli anni è mancato un po’ il ricambio generazionale. Come giudica la situazione dei nostri fiorettisti?
“Abbiamo qualche talento, qualcuno che ha fatto vedere qualcosina, ma ci mancano delle certezze. Spero al più presto di vedere qualcuno di questi più giovani fare risultato. Per la gara a squadre vale il discorso fatto prima e ci saranno sicuramente dei cambiamenti. Garozzo è il punto fermo e stiamo anche recuperando Foconi. Cassarà, Avola, chi ha qualche anno in più faranno le loro gare individuali e se ci saranno i risultati ne terremmo assolutamente in considerazione. Però voglio far fare esperienza ai giovani e nelle gare a squadre di quest’anno darò spazio a loro”.
La pandemia ha comportato grandi cambiamenti anche nella preparazione e la scherma è stato uno degli sport maggiormente colpiti, con tante gare cancellazioni. Quanto è complicato lavorare così?
“E’ stato molto complicato soprattutto per coloro che hanno fatto il passaggio da juniores ad assoluti senza far gare. E’ il momento più importante, per fare esperienza, per iniziare un percorso. Anche lo stimolo di avere una gara ti porta a prepararti in maniera diversa. Purtroppo il fioretto maschile è ancora l’unica arma a non aver ancora fatto una gara ed arriviamo a Parigi con tanti dubbi su come stiamo. Dobbiamo sicuramente migliorare in tante cose, nella consapevolezza in noi stessi, nella cattiveria”.
Si sente un po’ il “salvatore” del fioretto italiano?
“No no, non mi sento così. Il movimento della scherma italiana ha sempre portato grandi soddisfazioni e vittorie. Io cerco di fare il mio, di lavorare con la testa, con il cuore e di portare gli atleti all’obiettivo che è anche il mio ed è quello di vincere”.
Foto: Bizzi/Federscherma