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Biathlon, Dorothea Wierer salva baracca e burattini. Però il movimento esce da Pechino 2022 con l’amaro in bocca

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I Giochi olimpici invernali di Pechino 2022 hanno ormai abbandonato la cronaca per passare alla storia. L’Italia del biathlon conclude l’edizione cinese della manifestazione a Cinque cerchi con una medaglia di bronzo, conquistata da Dorothea Wierer nella sprint. Sono inoltre arrivati diversi piazzamenti di prestigio, ma complessivamente rimane un po’ di amaro in bocca, in quanto si ha l’impressione di aver raccolto meno di quanto si sarebbe potuto.

Intendiamoci, nel biathlon nulla è scontato, neppure un singolo podio. Dunque si possono trarre spunti positivi da quanto accaduto a Zhangjiakou. In primis è stato scacciato lo spettro di uscire dalle Olimpiadi con un pugno di mosche, come avvenuto ai Mondiali 2021. In secondo luogo, il movimento azzurro può dire di aver arpionato una medaglia per la terza edizione consecutiva dei Giochi, dopo i bronzi nelle staffette miste di Sochi 2014 e Pyeongchang 2018, a cui si aggiunge l’altro bronzo di Dominik Windisch nella sprint coreana. Al tempo stesso sarebbe disonesto non ammettere che per come si erano messe le cose, la seconda medaglia era sicuramente possibile. In particolar modo grida vendetta l’inseguimento femminile, dove è stata persa una grande opportunità. Pazienza, inutile piangere sul latte versato, anche perché questa disciplina è imprevedibile. Pochi millimetri possono fare la differenza tra la gloria eterna e la delusione perpetua.

Il discorso va però declinato e non si può guardare solo ed esclusivamente ai risultati. Innanzitutto tagliamo la testa al toro e parliamo della questione materiali, di cui si è tanto discusso soprattutto dopo le mass start, anche perché i microfoni hanno catturato un inequivocabile “sci di m…” pronunciato da Wierer appena conclusa la partenza in linea. Ebbene, al riguardo viene da chiedersi dove sia la novità. Con le condizioni in cui si è gareggiato in Cina, ovvero con neve freddissima, asciutta e gessosa, l’Italia del biathlon ha sempre avuto problemi. Generalmente gli azzurri sono dotati di materiali superlativi con condizioni intermedie, ma gli estremi rappresentano da tempo un grosso problema. Se la temperatura si abbassa troppo, o se viceversa la neve è “marcia” perché la colonnina di mercurio è ben al di sopra dello zero, il Bel Paese fatica. D’altronde il team di skimen è rodato oramai da tre lustri. Se si vuole effettuare una riflessione sull’ambito materiali, allora ci si chieda perché non vi è alcuna evoluzione, soprattutto alla luce del fatto che, sulle medesime nevi, fondisti e combinatisti italiani non hanno sofferto quanto i biathleti.

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Quindi, al netto dell’alibi “sci di m….” (cit.) in alcune giornate, Pechino 2022 va complessivamente in archivio con un bilancio discreto. Wierer ha fatto il suo, trovando quella gara senza errori di cui necessitava per prendersi una medaglia. Peccato per l’inseguimento, dove il bis era alla portata, ma l’obiettivo del podio è stato comunque centrato. Ora resta da chiedersi cosa succederà, perché il futuro del biathlon italiano dipende dalle sue decisioni. È un segreto di Pulcinella che alcune figure chiave dell’entourage azzurro quali Andreas Zingerle e Andrea Zattoni siano uomini di fiducia di Dorothea, attorno alla quale ruota di fatto tutto il movimento. Dunque, la presenza o l’assenza della trentaduenne altoatesina nel 2022-23 determinerà forma e dinamiche dell’intera squadra.

La navigata biathleta di Rasun-Anterselva però non è eterna e il 21 marzo 2022 comincerà Milano-Cortina 2026. In tal senso, se non si dovesse recuperare Lisa Vittozzi, il movimento femminile rischia di trovarsi in difficoltà. Sappiamo bene come la ventisettenne veneta di scuola friulana sia stata vittima di un’autentica implosione, priva di apparenti spiegazioni. L’inquietante regresso nella precisione a terra e nei risultati è sotto gli occhi di tutti, pertanto è superfluo ricordarli per l’ennesima volta. Dopo i due piazzamenti nella top-6 di Pyeongchang 2018, Pechino sembrava destinata a essere la “sua” edizione dei Giochi olimpici. Invece la sappadina ha recitato il ruolo di comparsa, senza mai proporsi neppure fra le prime trenta. Il fatto più preoccupante è che nessuno sembra in grado di trovare un modo per “salvare la soldatessa Lisa”, allo scopo di riportarla al livello a cui potrebbe ambire.

Per concludere il discorso sul settore rosa, merita un encomio Samuela Comola, capace di guadagnarsi il diritto di cittadinanza nel massimo circuito. La sua frazione nella staffetta va considerata, pound for pound, la miglior prestazione di un’azzurra sulle nevi di Zhangjiakou al pari del bronzo di Wierer. Federica Sanfilippo e Michela Carrara si sono invece espresse in linea con quanto mostrato nell’arco della stagione. Forse la trentunenne altoatesina è arrivata un po’ in calando di condizione, ma non bisogna dimenticare come abbia dovuto riguadagnarsi il posto in Coppa del Mondo dopo essere stata esclusa dalle squadre nazionali e abbia quindi seguito un percorso di avvicinamento all’inverno ben diverso rispetto a tutte le altre atlete.

Il settore maschile invece chiude senza medaglie, ma il quarto posto di Lukas Hofer nell’inseguimento è stato da standing ovation. Il trentaduenne altoatesino ha disputato una gara perfetta, una delle migliori della sua carriera, e non ha nulla da rimproverarsi. A questo giro non si può neppure utilizzare la metafora “gli è mancato il centesimo per fare l’euro”, perché l’euro c’era eccome. Cionondimeno, altri avevano più monete da mettere sul piatto e lo hanno relegato al quarto posto. Luki avrebbe meritato il podio, ma i posti a disposizione sono solo tre.

Un applauso anche per Dominik Windisch, il quale ha dimostrato di non essere ancora materiale per il carrello dei bolliti. Con buona pace di chi ne invocava l’accantonamento, il sudtirolese ha saputo qualificarsi alla mass start, chiudendola poi in quinta posizione. D’accordo, non è mai stato in lotta per le medaglie, ma piazzarsi quinto è comunque un ruggito d’orgoglio da parte di chi ha saputo scrivere indelebili pagine di storia del biathlon italiano.

Insomma, i due veterani hanno risposto “presente”. Attualmente il settore maschile è caratterizzato da una concorrenza elevatissima, di conseguenza un quarto e un quinto posto sono piazzamenti da apprezzare e coccolare. Sorge però spontanea una domanda. Vedremo Hofer e Windisch a Milano-Cortina 2026, quando avranno 36 anni? Se sì, con quale livello di competitività? Ne riparleremo in futuro. Per adesso non poniamo limiti alla provvidenza. Lindsey Jacobellis e Manuel Fettner insegnano, giusto per citare dei trentaseienni che proprio a Pechino 2022 hanno raggiunto il picco della loro carriera.

A proposito del duemilaventisei, Tommaso Giacomel e Didier Bionaz hanno rotto il ghiaccio con la manifestazione a Cinque cerchi. Non hanno lasciato il segno, ma poco importa. Non si chiedeva loro di andare a medaglia. Contava vivere l’esperienza olimpica allo scopo di prepararsi in vista della prossima. Sono due classe 2000 con tanto potenziale da mettere in campo. Ci vorrà del tempo per incastrare tutti i pezzi del puzzle, indi per cui occorrono pazienza ed equilibrio nella loro gestione. La base di partenza è buona. Se dovesse essere sviluppata a dovere, allora ci sarà da divertirsi negli anni a venire.

Infine è giusto parlare anche di Thomas Bormolini. Peccato, perché Pechino 2022 avrebbe potuto essere migliore di quanto non sia stata. Il lombardo si è bene espresso nella sprint ed è rimasto a lungo in quota nell’inseguimento, sognando addirittura un ingresso nella top-ten. Purtroppo un ultimo poligono da dimenticare ha fatto evaporare la sua presenza nella mass start, che sembrava ormai concretizzatasi. La qualificazione alla partenza in linea sarebbe stata la degna certificazione di una stagione comunque positiva.

In conclusione, il biathlon italiano esce dalla XXIV edizione dei Giochi olimpici invernali con un po’ di amaro in bocca, consapevole però che acciuffare una medaglia non era affatto scontato. Bilancio discreto, quindi, soprattutto alla luce di diversi piazzamenti di prestigio a ridosso del podio. Discreto non significa ottimo, ma neppure deficitario. Ancora una volta è stato mancato l’appuntamento con il metallo più pregiato, ma chissà che non sia stato rimandato proprio alle gare sulle nevi di casa, previsto nel 2026.

Foto: La Presse

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