Editoriali
Olimpiadi 2022, sufficienza piena con i freddi numeri. Italia anziana, piazzata e poco vincente
Nelle prossime ore leggerete di bilanci ottimi e dichiarazioni trionfalistiche. Passerà il messaggio che sia stata una Olimpiade come poche altre nella storia. Eppure i freddi numeri non sempre raccontano tutta la verità. A nostro avviso la spedizione italiana ha raggiunto la sufficienza piena a Pechino 2022, forse anche qualcosa in più: diciamo pure un 6,5. Ma le apoteosi sono un’altra cosa…
17 podi sono tanti: solo a Lillehammer 1994 si era fatto meglio con 20. Da allora il numero di eventi e competizioni è cresciuto a dismisura, in particolare con l’avvento delle gare miste sempre più di moda. 2 ori, 7 argenti ed 8 bronzi raccontano di un’Italia poco propensa alla vittoria e con un numero limitato di campioni. Il Bel Paese ha concluso al 13° posto nel medagliere tradizionale, nono in quello ‘all’americana’, ovvero che tiene conto del numero complessivo di allori. OA Sport, ad inizio gennaio, aveva ipotizzato 2 ori e 16 medaglie complessive per l’Italia, conscia che sarebbe stato problematico aggiudicarsi successi in serie: purtroppo non ci siamo sbagliati.
Si è evidenziata una tendenza ben nitida: l’Italia è competitiva come poche su più fronti, è stata capace di cogliere un podio in ben otto sport diversi, come non le era mai accaduto in passato; grande eclettismo dunque, ma gli ori si vincono con i campioni. E qui arriviamo all’altro grande nodo: la carenza di punte in grado di ambire al titolo. Le carte migliori erano sostanzialmente le stesse di quattro anni fa (Sofia Goggia, Arianna Fontana, Michela Moioli), a cui si erano aggiunte Federica Brignone e Francesca Lollobrigida: un indice inequivocabile di come non si sia lavorato nel modo giusto con i giovani. Quando dipendi da così poche punte, è normale che il medagliere ne risenta negativamente nel momento in cui non tutte centrano il bersaglio grosso. Abbiamo inoltre elencato esclusivamente delle donne, che hanno vinto 9 delle medaglie complessive, contro le 5 degli uomini (3 quelle ottenute in gare miste). In campo maschile non abbiamo più un solo campione in grado di vincere in nessuno sport: non è un caso che l’ultimo oro risalga addirittura al 2010 con Giuliano Razzoli.
Non dobbiamo dimenticare un altro aspetto fondamentale: a Pechino abbiamo celebrato le imprese di un’Italia ‘anziana’. L’unica medaglia individuale conquistata da una atleta sotto i 28 anni è stata quella della classe 1997 Nadia Delago in discesa. Per il resto si viaggia dalle 28 primavere di Davide Ghiotto, alle 29 di Sofia Goggia e Dominik Fischnaller, fino alle 30 e passa di Francesca Lollobrigida, Arianna Fontana, Federica Brignone, Federico Pellegrino, Omar Visintin e Dorothea Wierer. A quattro anni dai Giochi casalinghi di Milano-Cortina 2026 sarebbe stato auspicabile ammirare qualche nome nuovo, tuttavia non si vedono grossi ricambi alle spalle dei medagliati elencati, ai quali, ne siamo certi, verrà implorato in tutti i modi di andare avanti sino all’edizione casalinga. Qualche giovane è emerso, su tutti Pietro Sighel nello short track, ma anche in discipline ignorate sino a poco tempo fa come skicross e slopestyle (Simone Deromedis, Leonardo Donaggio ed Emiliano Lauzi): comunque troppo poco per non sentirsi già in ritardo nel lavoro per il prossimo quadriennio che inizierà sin da domani.
La FISG (Federazione Italiana Sport del Ghiaccio) ha vinto senza discussioni il confronto diretto contro la FISI (Federazione Italiana Sport Invernali), incassando 8 medaglie complessive, ma soprattutto 2-0 nel computo degli ori nei confronti dei ‘cugini’. E dire che il programma prevede ben 76 eventi in area FISI ed appena 33 di pertinenza FISG. Numeri e dati su cui bisognerà effettuare approfondite riflessioni in vista di Milano-Cortina 2026.
Un’Italia dunque competitiva, piazzata e poco vincente, lacerata da conflitti e polemiche interne ed alle prese con gravissime crisi tecniche, su tutte quelle dello sci di fondo tout court e dello sci alpino maschile. I freddi numeri e le statistiche garantiscono una sufficienza abbondante, come detto. Ma non debellano la convinzione che si potesse fare molto di più e che non sia (letteralmente) tutto oro quello che luccica.
Foto: Lapresse