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Pattinaggio di figura, Guignard-Fabbri: “Gerarchie definite, andremo avanti anche dopo Pechino 2022”

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Lanciati verso la terza Olimpiade. Scaldano i motori Charlène Guignard-Marco Fabbri, pilastri della Nazionale azzurra di pattinaggio di figura pronti a disputare i XXIV Giochi Olimpici Invernali, in scena a Pechino (Cina) dal 2 al 20 febbraio 2022, l’appuntamento cardine di un quadriennio vissuto da protagonisti di primo piano.

Dall’ultima rassegna a cinque cerchi infatti i danzatori delle Fiamme Azzurre hanno collezionato la bellezza di sei podi consecutivi nelle tappe di qualificazione del Grand Prix, un terzo posto in Finale, oltre che due medaglie di bronzo europee, l’ultima ottenuta proprio poche settimane fa a Tallinn (Estonia).

Facendo presa sulle loro migliori caratteristiche, un pattinaggio fluido, intenso ed emozionale, Charlène e Marco sono saliti di colpi appuntamento dopo appuntamento, diventando con merito la settima coppia a livello mondiale in una gerarchia da scalare ancora nei prossimi anni.

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Abbiamo intercettato gli atleti prima della partenza per Pechino, facendoci raccontare qualcosa di più sul Campionato Europeo passato agli archivi, sul lavoro sui due programmi e sui propri obiettivi personali.

Ragazzi, siete reduci da una bellissima medaglia di bronzo continentale, la seconda della vostra carriera. Qual è il vostro bilancio della gara?

Marco. “Non può che essere positivo. Siamo arrivati agli Europei con l’obiettivo di arrivare sul podio dopo Minsk 2019; volevamo portarci a casa un’altra medaglia visto che nel 2020, complice anche il mio infortunio alla mano destra, è stato complicato, nel 2021 invece gli Europei sono stati cancellati. Questa è stata la prima occasione per dimostrare di essere pronti, carichi, preparati e competitivi per poter salire sul podio. La gara in sé è andata molto bene anche se è stato tutto uno stress incredibile per via del Covid-19. In questa gara come in nessun’altra c’è stato un clima di ansia e preoccupazione non indifferente“.

Immagino soprattutto in ottica Pechino, con la paura di perdere giorni preziosi di allenamento…

Marco. “Sicuramente, ma a parte le Olimpiadi, sebbene a tutte le gare alle quali abbiamo preso parte post pandemia facessero sempre tamponi e tanti controlli, in questi Europei sono risultati positivi tanti atleti, allenatori, davvero tante persone al giorno. Poi tra short e libero è risultato positivo un allenatore che lavora nella nostra pista, un collaboratore della nostra allenatrice Barbara Fusar Poli, poi anche a lei è stato detto di essere positiva e siamo rimasti soli per il libero e con noi al Kiss&Cry c’era solo il team leader della Nazionale Paolo Pizzocari. La nottata tra short e libero è stata un incubo, avevamo paura di risultare anche noi positivi“.

Vi aspettavate di trovare i vostri diretti avversari, Alexandra Stepanova-Ivan Bukin, così tanto competitivi? Molti non immaginavano un margine così importante in termini di punti rispetto a voi…

Marco. “Anche noi siamo rimasti abbastanza sorpresi, purtroppo non abbiamo avuto modo di analizzare né loro né Sinitsina-Katsalapov perché hanno sempre pattinato dopo di noi e, andando in mixed zone per le interviste, non abbiamo mai visto le loro performance quindi non possiamo dire se la classifica rispetti effettivamente quanto espresso nel ghiaccio in termini di punti. Ad ogni modo non ce lo aspettavamo, pensavamo di essere più vicini.

Charène. “Anche perché loro non hanno fatto un inizio di stagione ottimale, abbiamo visto la loro gara al Grand Prix di Torino e non sembravano ancora pronti, hanno avuto sicuramente modo di prepararsi ma non ci aspettavamo una differenza così grande“.

Parlando della rhythm dance, fino a questo momento non è arrivata la chiamata di livello 4 nel pattern di Blues. Si tratta di un tipo di danza più complesso rispetto agli altri?

Charlène. “Non è difficile lo schema in sé, il tango romantica ad esempio è più difficile. Quest’anno però un Keypoint è costituito da sei passi, diventa quindi facile per il pannello tecnico trovare qualcosa che non va come ad esempio un filo un po’ raddrizzato, grattato, saltato o non abbastanza profondo; c’è sempre qualcosa da dire insomma“.

E da un punto di vista di approccio come vi siete ritrovati a fronteggiare uno stile così “aperto” come la street dance, magari non vicinissimo alle vostre caratteristiche migliori?

Marco. “Il vero problema è questo; è il primo anno in cui l’ISU non ha dato delle direttive vere e proprie lasciando quasi carta bianca agli atleti, aspetto che può essere positivo ma anche negativo: c’è stata poca chiarezza su cosa si poteva e non si poteva fare. Molte volte una scelta più sicura è la scelta vincente, abbiamo quindi scelto Michael Jackson perché è eterno, non ci siamo addentrati in vicoli pericolosi a livello musicale. Questa poca chiarezza su cosa significasse esattamente street dance/urban a mio avviso non ha prodotto programmi memorabili, anche da parte di altre coppie“.

Anche quelle più giovani, con meno esperienza, hanno faticato in tal senso…

Marco. “Sì perché soprattutto loro hanno provato a fare qualcosa di più moderno che però non si avvicina tanto al mondo della danza sul ghiaccio“.

Charlène. “Non tutti gli stili si adattano al ghiaccio, noi per esempio all’inizio abbiamo fatto alcune lezioni di hip hop, vedendo se si potesse adattare, ma in pista non è la stessa cosa, abbiamo deciso di percorrere un’altra strada“.

Nel libero, bellissimo, uno degli elementi più apprezzati è certamente il sollevamento stazionario combinato con il rotazionale, un vero e proprio capolavoro. Potete raccontarci com’è nato?

Marco. “La prima parte di questo sollevamento è in realtà il riadattamento di quello che avevamo fatto la stagione di PyeongChang, poi l’abbiamo trasformato in uno stazionario su un piede e da lì abbiamo sviluppato un altro rotational, legano molto bene e aiutano a raccogliere tanti punti. Probabilmente anche per l’anno prossimo sceglieremo qualcosa di simile perché abbiamo notato che con un lift combinato d’effetto puoi fare la differenza“.

Avete detto l’anno prossimo. Dunque confermate: proseguirete anche dopo questa stagione olimpica.

Charlène. “Sì, non l’abbiamo mai nascosto. In tanti dopo le Olimpiadi si prendono una pausa o decidono di smettere. Noi non siamo più tanto giovani ma abbiamo deciso di andare avanti“.

Marco: “Fisicamente stiamo bene, voglia ne abbiamo ancora, non abbiamo ancora raggiunto secondo noi l’apice di risultati, la nostra carriera non è in discesa in tal senso, non troviamo motivo di porre fine alla nostra carriera; vogliamo andare avanti, ancora non sappiamo per quanto ma vogliamo proseguire”.

Parlando di Olimpiadi, in cosa vi state concentrando particolarmente in vista della gara? C’è qualcosa da affinare nella rhythm dance o nel libero?

Marco. “Crediamo che la rhythm dance abbia ancora bisogno di lavoro. Il libero raccoglie buoni punteggi e feedback molto positivi, anche dalla giuria. Andare quindi a mettere mano su qualcosa che non è molto migliorabile non è conveniente; il libero sembra al massimo del suo potenziale anche se ci sono ovviamente sempre dettagli da rifinire. La rhythm dance ha riscosso più successo del solito agli Europei, ma ha bisogno ancora di essere affinata“.

Vi siete posti un obiettivo in particolare?

Charlène. “Ci piacerebbe confermare il sesto posto dei Mondiali dell’anno scorso, piazzamento maturato anche grazie all’assenza dei francesi Papadakis-Guillaume Cizeron, quindi va bene pure il settimo“.

Marco. “Le gerarchie sono definite, non si cambiano certamente alle Olimpiadi. Sarebbe certamente bello replicare i punteggi degli Europei, anche se il libero poteva raccogliere anche qualcosa di più, specie se paragonato a quello degli spagnoli o a quello degli inglesi, secondo noi c’era un po’ più di differenza. Stare sul sesto e settimo posto è quello a cui possiamo ambire“.

Foto: LaPresse

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