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Salto con gli sci

Salto con gli sci, Italia scomparsa a Pechino 2022. Eppure, avrebbe potuto essere sul podio al posto del Canada!

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Giovanni Bresadola

La XXIV edizione dei Giochi olimpici invernali si è ormai conclusa. Nel salto con gli sci non sono mancati risultati di rilevanza storica, quali la fine della secolare maledizione d’oro della Slovenia e il ritorno di un norvegese sul gradino più alto del podio della gara su Large Hill dopo 58 anni. Si sono inoltre verificate attese consacrazioni, su tutte quella di Ryoyu Kobayashi, e si sono ammirate competizioni dall’andamento surreale, vedasi la prova a squadre miste, terminata con un podio assolutamente impronosticabile.

Lontana dalle luci della ribalta, l’Italia ha come previsto recitato un ruolo marginale. In campo femminile Jessica Malsiner ha centrato l’obiettivo massimo raggiungibile, ovverosia la qualificazione alla serie di gara decisiva. Il 29° posto rappresenta un buon risultato, considerando il livello espresso dall’atleta nella corrente stagione. Fra gli uomini, invece, Giovanni Bresadola ha archiviato la sua prima esperienza olimpica chiudendo 41° sul trampolino piccolo e 35° sul grande. Nonostante sia stato mancato l’accesso alla seconda serie, il giovane trentino ha compiuto una serie di gesti tecnici convincenti, esprimendosi sovente vicino ai propri attuali limiti.

Francamente non si poteva chiedere molto di più agli azzurri e, tutto sommato, la scelta di rinunciare a tre quote non può essere stigmatizzata. Si è optato per portare solo coloro in grado di effettuare una figura più che dignitosa, evitando di regalare lo status di atleta olimpico a chi si sarebbe presentato in Cina esclusivamente per onor di firma. Condivisibile o meno, si tratta di una filosofia che va rispettata. Cionondimeno, è doveroso riflettere sulle dinamiche che hanno portato a prendere tale decisione.

Salto con gli sci, l’Italia si presenta a Pechino 2022 da comprimaria e con ambizioni limitate

Ci si è trovati nella condizione di dover fare a meno della propria atleta più competitiva tout-court, ovvero Lara Malsiner, la quale avrebbe avuto i crismi per chiudere tra le prime 20 e l’ambizione di avvicinare la top-ten. D’accordo, una serie di vicissitudini legate al Covid-19 ha messo i bastoni tra le ruote alla gardenese, ma i tempi correnti li conosciamo e la pandemia è una realtà ormai da due anni. Ergo, si sa quali possono essere le contromisure per fronteggiare le complicazioni generate dal morbo. Con l’altoatesina abile e arruolabile, l’Italia non avrebbe di certo rinunciato alla prova a squadre miste, dove è poi accaduto di tutto.

Al riguardo va effettuata un’amara riflessione. In quella gara il Canada ha conquistato una clamorosa medaglia. Fortuita e figlia di circostanze più uniche che rare, ma comunque legittima e destinata a restare negli annali. Con il senno di poi, si può affermare che quel bronzo sarebbe potuto finire in Italia. Non certo portando in Cina un secondo uomo e una seconda donna, perché ormai la frittata era già fatta. No, l’opportunità è sfumata negli anni scorsi, lasciando che il settore si tramutasse nell’attuale deserto della depressione caspica da cui sarà difficile uscire in tempo per Milano-Cortina 2026.

Va bene, il numero di praticanti è esiguo, gli investimenti non sono comparabili a quelli di altri Paesi e la situazione degli impianti non è certo ideale. Però il Canada non ha centinaia di saltatori e saltatrici, non naviga nell’oro e non ha decine di trampolini su cui allenarsi. Anzi, non è neppure detto che il Paese della Foglia d’Acero stia meglio del nostro. Eppure, se ne torna a casa da Pechino 2022 con una medaglia. Saranno anche stati molto fortunati, ma hanno saputo sfruttare un’occasione propizia. La sorte ha dato loro in dote una cartuccia e chi di dovere l’ha mandata a segno.

Perché? Perché in Canada non ci si guarda in cagnesco se si proviene da località differenti. In Canada non si permette a logiche di natura famigliare di essere un fattore destabilizzante in seno all’ambiente. In Canada non si consente ad allenatori estranei alla federazione di mettere le mani sugli atleti e sulle atlete quando questi non vengono seguiti dai tecnici di riferimento, creando confusione e mandando in tilt chi è destinato a saltare sul trampolino. In Canada ci si muove e si ragiona come un’unica entità pensante, non come uno shoggot lovercraftiano.

All’inizio del quadriennio olimpico conclusosi a Pechino 2022, l’Italia stava meglio del Canada. Basta dare un’occhiata ai risultati per rendersene conto. La fine del ciclo invece consegna una medaglia di bronzo ai nordamericani e un ruolo sempre più da comparsa agli azzurri.

Ora inizia il percorso verso Milano-Cortina 2026 e non sarà semplice costruire il futuro. Qualcuno da valorizzare c’è.  Il salto con gli sci italiano non è ancora morto, anzi. Ci sono dei germogli da proteggere e curare come un bene prezioso, allo scopo di permettere loro di sbocciare appieno. Si può provare a far parte del sottobosco della disciplina, intercettando qualche raggio di luce a ogni buona occasione, ma per farlo è imperativo stabilizzare il sistema, lasciare da parte campanilismi e rivalità personali, entrare nell’ordine delle idee di fare parte di una comunità globale con regole e necessità ben chiare.

L’obiettivo non è quello di andare a sfidare Germania, Austria o Norvegia, bensì quello di affrancarsi dal ruolo di comparsa per tornare quantomeno a quello di supporto del cast principale. Con ordine, razionalità, buona organizzazione e remando tutti nella stessa direzione si può fare. Bisogna “solo” trovare il modo di porsi nelle condizioni di poter intraprendere questo auspicabile percorso.

Foto: La Presse

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