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Sci Alpino

Sci alpino, fallimento Italia: zero medaglie in campo maschile per la seconda Olimpiade di fila

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14 Febbraio 2014, è questo il giorno dell’ultima medaglia olimpica vinta dall’Italia nello sci alpino maschile. Era il bronzo di Christof Innerhofer in combinata e da quel momento sono passate due Olimpiadi (PyeongChang e Pechino) senza nemmeno vedere un azzurro sul podio. Un vero e proprio fallimento di atleti, allenatori, federazione e la paura è quella che il copione possa ripetersi anche nel 2026 a Milano-Cortina.

Il disastro di Pechino si era già palesato ancora prima di partire per la Cina, con l’Italia che ha potuto schierare solamente sette atleti. Uno smacco clamoroso per una nazione che è sempre stata al vertice dello sci alpino mondiale e che si ritrova invece lontanissima da paesi come l’Austria, la Svizzera, ma anche Norvegia e Francia. Nella squadra azzurra non c’è una vera punta di diamante, non c’è il fuoriclasse pronto a salvare una spedizione intera, e spesso ci troviamo davanti ad atleti che non riescono a gestire la pressione del grande appuntamento.

Non è solo colpa degli atleti ovviamente, ma anche di chi li allena e li segue giorno per giorno. La gestione tecnica di questi ultimi quattro anni è stata semplicemente fallimentare, con un’Italia vecchia e con un ricambio generazionale completamente inesistente sia nella velocità sia nelle prove tecniche. In mezzo a tutto questo sono arrivate le figuracce olimpiche prima per la questione contingente e poi per l’incredibile e surreale caso Marsaglia-Casse, dove si aspettano provvedimenti da parte di chi gestisce lo sport italiano.

Si era puntato molto sulla velocità, ma ancora una volta Dominik Paris ha fallito l’appuntamento olimpico. Prima in Corea del Sud e poi in Cina l’altoatesino non ha raccolto nemmeno una medaglia tra discesa e superG, ma quello che preoccupa maggiormente è che i nomi degli atleti siano sempre stati gli stessi e che in otto anni non sia venuto fuori nemmeno un giovane che potesse anche solo mettere in discussione la posizione dei veterani.

In gigante ci si è aggrappati a Luca De Aliprandini, perché dietro il nativo di Cles c’è totalmente il vuoto. Addirittura per la gara olimpica sono stati inseriti due slalomisti per almeno avere tre azzurri al via. Purtroppo De Aliprandini si è fatto male poco prima dell’evento olimpico, ma si parla comunque di un atleta che non ha mai vinto in Coppa del Mondo, che vanta solo un podio in carriera e che ha forse ottenuto il massimo con l’argento nel Mondiale di Cortina.

Qualche leggero bagliore di luce si vede dallo slalom, anche se la situazione riguardante Alex Vinatzer sta diventando quasi inaccettabile. Non è possibile che un ragazzo dotato di quel talento non abbia finito praticamente il 50% delle gare in carriera. Dove sono i tecnici italiani? Possibile che nessuno sia riuscito a portare dei miglioramenti tecnici nella sciata sempre troppo al limite del giovane azzurro? Intanto a Pechino il migliore è quel Giuliano Razzoli, che si è praticamente trovato fuori squadra e che da campione (perché lui può definirsi tale visto l’ultimo oro olimpico azzurro vinto) è riuscito a risollevarsi.

Si è parlato all’inizio di paura per Milano-Cortina e non si possono nascondere i timori per un’Italia dal futuro incerto e nebuloso. Tanti atleti arriveranno nel 2026 molto avanti con l’età e dietro si intravede poco o nulla. Giovanni Franzoni può essere un ragazzo sul quale puntare tanto, poi resta ovviamente Alex Vinatzer, ma praticamente chiudiamo qui l’elenco dei giovani azzurri promettenti. Tra quattro anni c’è un appuntamento di un’importanza immensa, CONI e FISI devono trovare una soluzione e porre rimedio ad un fallimento che dura ormai da troppo tempo.

Foto: LaPresse