Sci di fondo
Sci di fondo, Federico Pellegrino ha guardato nel futuro in staffetta: lunghe distanze nel mirino per il finale di carriera?
Il segnale quantomeno paradossale arrivato dalla staffetta 4×10 maschile alle Olimpiadi Invernali di Pechino 2022 è uno: il migliore del quartetto italiano è stato Federico Pellegrino. Lui, sprinter e grandissimo interprete della tecnica libera, che ha dato il massimo in tecnica classica e sulla distanza dei 10 km.
Una prova importante, quella del poliziotto di Nus, perché la sua è stata un’applicazione del piano perfetta. Prima di tutto, lasciato andare Alexey Chervotkin perché non era quella di andare a seguire il russo l’idea base, insieme al tedesco Janosch Brugger ha prodotto diversi cambi di ritmo che hanno messo in grande difficoltà tutti i primi frazionisti avversari, compreso il primo norvegese, Emil Iversen, rimasto per un po’ indietro. Una serie di accelerazioni, queste, evidentemente studiate per dare a Francesco De Fabiani del margine da conservare in vista delle frazioni a tecnica libera, quelle già alla vigilia meno forti per l’Italia.
Una serie di azioni di tale bellezza, però, non ha sortito gli effetti sperati in considerazione del calo di De Fabiani soprattutto nella seconda parte della sua frazione, il che ha lasciato l’Italia a lottare per la settima-ottava posizione (quest’ultima è stata la conclusiva) con la Svizzera. Nessun risultato a sorpresa, in sostanza, ma quello che era più nelle aspettative.
Non è la prima volta che vediamo Pellegrino comportarsi bene in staffetta, benché in passato l’abbia fatto in tecnica libera. Di recente era stato lui il motore di un buon quinto posto in Coppa del Mondo a Lillehammer, anche se quella era una 4×7.5 e non una 4×10. Questo senza andare a ripescare altri episodi provenienti dal passato, come l’unico podio in tal senso ottenuto proprio in gare valide per la Sfera di Cristallo, il 24 gennaio 2016 a Nove Mesto, in Repubblica Ceca, con De Fabiani, Dietmar Noeckler e Roland Clara.
Che Pellegrino sia anche in grado di competere a buoni livelli in gare distance, ma individuali, non è fatto nuovo: non è mai stato, certo, una superstar, ma occasionalmente non ha fatto mancare piazzamenti dentro i primi 20. E qui entra in scena di nuovo anche il paradosso della tecnica, perché nelle 15 km di Coppa del Mondo, con partenza a intervalli come di massa, ha trovato spesso bei risultati in classico, e per bei risultati s’intendono ingressi nei primi 15. Già quest’anno, a Lenzerheide, a inizio Tour de Ski, un 13° posto l’ha arraffato.
L’intenzione dell’alfiere principale dell’Italia, fino ad ora, è sempre stata quella di concentrarsi sulle gare sprint, mentre non sono mai state suo obiettivo quelle sulla lunga distanza. Ed è la ragione per la quale, per anni, il Tour de Ski non l’ha mai concluso (una ragione che, va detto, va anche ascritta a un calendario che negli ultimi anni ha provocato una quantità infinita di polemiche).
Può essere un’ipotesi realistica quello di vederlo, se non con le distance come obiettivo principale, quantomeno come idea per continuare a essere competitivo con l’avanzare degli anni? Resta tutto da vedere. Volendo mettere Milano-Cortina come obiettivo, con un Pellegrino trentacinquenne, va subito chiarito un fattore: nel 2020 definì questo traguardo ancora troppo lontano per meritare pensieri.
Ora che siamo nel 2022, è sempre una meta temporale lontana, ma sulla quale di pensieri ne corrono. Potrà Pellegrino restare uomo da grandi risultati nelle gare veloci? Non possiamo certo saperlo, la sfera di cristallo non c’è. Quello che c’è, però, è un fatto reale: sebbene su altre questioni, lo stesso poliziotto di Nus ebbe spesso a raccontare come il suo fisico stesse cambiando. Un fatto normale: gli anni avanzano e il corpo cambia, di conseguenza. Già quest’anno lo si è visto puntare praticamente tutto su Pechino 2022, a costo di fare qualche risultato in meno in Coppa del Mondo.
Ma, verso un eventuale 2026, cosa succederà? Certamente la forza dell’italiano più forte di questa era del fondo azzurro, nelle sprint, sarà tutta da verificare, giacché per allora gli anni saranno 35 con tutte le possibili conseguenze del caso. Al momento non la si può definire che pura ipotesi, ma non sarebbe peregrina l’idea di vederlo competere a buonissimi livelli anche sulle distanze veloci (il che, chiaramente, comporterebbe un numero importante di cambiamenti su moltissimi fronti). L’ultima parola spetta chiaramente al diretto interessato, il quale però senza essere un uomo da lunghe distanze è più di una volta stato importante in simili condizioni, al netto del completo cambio di scenari tattici tra gare a intervalli, con partenza di massa e staffette. La questione, ad ogni modo, può esistere.
Foto: LaPresse