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Sci di fondo, Pechino 2022: l’Italia femminile punterà tutto sulla sprint. Team sprint da finale

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Fra il 1992 e il 2006 l’Italia dello sci di fondo femminile ha raccolto la bellezza di 16 medaglie olimpiche, compresi 5 ori. I nomi di Stefania Belmondo e Manuela Di Centa sono entrati nell’immaginario collettivo come quelli di autentiche serial winner, ma non bisogna dimenticare come anche Gabriella Paruzzi si sia issata sul gradino più alto del podio. Inoltre le staffette hanno dato il loro contributo, tanto che proprio l’ultima medaglia, un bronzo, è arrivata nella 4×5 km di Torino 2006.

Da allora le prime tre posizioni sono diventare una chimera e ancora brucia il quarto posto nella team sprint di Vancouver 2010, quando il tandem azzurro partiva con i favori del pronostico, ma ha chiuso con il poco ambito platonico “legno”. Sono passati 16 anni dall’ultima medaglia femminile dello sci di fondo italiano e chissà quanti ne trascorreranno prima di accrescere il bottino costruito fra Albertville e Torino. Già, perché a Pechino 2022 di possibilità proprio non ce ne sono.

Per carità, lo sport è imprevedibile e di tanto in tanto si assiste a sorprese eclatanti. L’impossibile diventa, occasionalmente, reale, regalando dinamiche assolutamente inimmaginabili. È proprio quello che dovrebbe accadere affinché l’Italia dello sci di fondo possa conquistare una medaglia fra le donne nelle prossime settimane. Più pragmaticamente, si deve ragionare sui piazzamenti.

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Greta Laurent sta disputando la sua miglior stagione, durante la quale è finalmente riuscita a mettere a frutto il proprio potenziale anche al di fuori delle qualificazioni. La ventinovenne valdostana, autentica specialista delle sprint, ha raggiunto spesso e volentieri la semifinale. Proprio questo è l’obiettivo dei Giochi olimpici, superare qualificazioni e batterie per confermare il valore espresso durante l’inverno. Il sogno, invece, è quello di effettuare un passo ulteriore, spingendosi dove non ci si è mai spinti in carriera. L’ingresso in finale, che potrebbe arrivare con una giornata di grazia e l’aiuto della buona sorte, sarebbe un’impresa e il coronamento di un’intera attività agonistica. Essere tra le migliori sei nella gara dell’8 febbraio sarebbe, per Greta, un traguardo sensazionale.

Nella team sprint del 16 febbraio, invece, la finale è ampiamente alla portata. D’accordo, ci sono sette nazioni superiori, ma i posti a disposizione sono dieci. Si vedrà chi farà coppia con Laurent, ma comunque vada il tandem azzurro ha tutte le carte in regola per attestarsi nella top-ten. Discorso simile per la staffetta del 12 febbraio, dove ci sono sei quartetti fuori portata e l’ambizione massima è la settima piazza.

Però possibilità di medaglia concrete proprio non ce ne sono, a meno di una 10 km contro il cronometro pazza, ovverosia condizionata dal meteo al punto tale da mandare a carte quarantotto i valori in campo, come talvolta accaduto in passato ai Mondiali. Se davvero si dovesse verificare una situazione del genere, la speranza sarà quella di trovarsi nella posizione in cui si sono trovati il bielorusso Leanid Karneyenka a Sapporo 2007 o la statunitense Caitling Gregg a Falun 2015. Carneadi passati alla storia per aver saputo sfruttare l’occasione della vita ed essersi messi al collo una iridata, nel caso di specie iridata, altrimenti irraggiungibile.

Foto: La Presse

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