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Tennis, Jannik Sinner da Piatti a Vagnozzi: i pro e contro
La notizia l’ha data ieri lo stesso diretto interessato: per Jannik Sinner si apre una nuova fase tecnica dopo gli anni di Riccardo Piatti. Sarà Simone Vagnozzi ad allenare l’altoatesino, numero 10 del mondo e 2 d’Italia. I due erano stati visti allenarsi insieme a Montecarlo, e ad oggi la sua figura non è stata associata a quella di nessun altro.
Di argomenti da passare in rassegna, nel cambio Piatti-Vagnozzi, ce ne sono tanti. Va senz’altro detto che Piatti, uno dei più importanti allenatori di tutta l’era moderna del tennis, aveva impostato per Sinner una sorta di programmazione triennale, che stava dando i suoi frutti. Forse addirittura prima del dovuto, dal momento che il numero 10 del mondo era una quota che forse si sarebbe pensato di raggiungere nel 2022, non in un maestoso finale di 2021 che ha visto Jannik far paura a Daniil Medvedev, e il russo in tempi brevi sarà a caccia del numero 1 del mondo.
Si era però creata, forse, una situazione non del tutto semplice non tanto a livello tennistico, quanto umano: tutti i report degli ultimi giorni hanno fatto capire come, al di là dello sfogo di Melbourne ormai noto, c’erano delle difficoltà tra i due. In particolare, Sinner sembra quasi essersi tolto da una situazione nella quale il livello di gioco, pur altissimo, è ancora della fascia 6-10 del mondo, e ancora non 1-5 sotto diversi punti di vista. Ed è lì che ha forse sentito che l’aiuto di qualcuno di diverso da Piatti sarebbe servito. Ferma restando una cosa: non sarebbe stato di certo impossibile arrivarci anche con lui, che aveva impostato un piano basato prima sulle 150 partite iniziali sul circuito maggiore, poi su un miglioramento a partire da quelle.
Vagnozzi, dunque. Che profilo ha il coach ascolano? 39 anni, ex numero 161 del mondo, un Challenger e cinque Futures vinti da pro, raggiunse il terzo turno all’ATP 500 di Barcellona perdendo sul filo di lana con lo spagnolo Juan Carlos Ferrero. Da allenatore è riuscito a trascinare Stefano Travaglia fino al 60° posto, ma prima della collaborazione col concittadino si era trovato con Marco Cecchinato. Con lui, il siciliano crebbe enormemente di rovescio, e fu questa la base per una cavalcata che lo portò in semifinale al Roland Garros e al numero 16 del mondo come best ranking, prima della crisi del 2019.
Il marchigiano è allenatore noto per concentrarsi molto sulle variazioni, un tema caro a Sinner e sul quale già c’era del lavoro in corso con Piatti, il che porta direttamente a un altro aspetto della situazione. Per questa serie di cambiamenti c’è bisogno di tempo. Sappiamo che l’altoatesino non è certo nuovo alla voglia di lavorare, altrimenti una persona come Piatti mai l’avrebbe accettato. Il punto vero, però, è un altro: accetterà che all’inizio questo cambio, con le relative questioni, possa anche procurargli qualche sconfitta in più? Si tenderebbe a dire di sì, anche se è noto che, in più di un’occasione, Jannik le sconfitte, soprattutto con determinati big, le ha vissute male, all’insegna del “potevo fare di più” visibilissimo in chiave gestuale (e, alle volte, pure facciale).
In breve, l’attuale pro di Vagnozzi è che parliamo di una persona che può funzionare da continuazione ideale del lavoro di Piatti, soprattutto sul lato tecnico, senza dimenticare che le persone con cui ha lavorato hanno mostrato miglioramenti importanti nel tempo. Il contro, che poi è abbastanza relativo, riguarda quanto è disposto ad aspettare Sinner per avere dei risultati, anche in virtù del fatto della giusta ambizione di cui è in possesso, visto che non sono in tanti a poter dire di essere, a vent’anni, dov’è lui.
Foto: LaPresse