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Ciclismo, Filippo Baroncini: “In ripresa dall’infortunio. Io erede di Colbrelli? L’obiettivo è quello…”

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Filippo Baroncini, 21 anni, si è laureato Campione del Mondo nella categoria Under 23 lo scorso anno nelle Fiandre, con un’azione in solitaria da atleta navigato e di enorme talento. Quest’anno il passaggio tra i professionisti, in una squadra importante come la Trek-Segafredo. Purtroppo un infortunio al braccio ha rallentato il suo inizio di stagione. Baroncini è stato ieri ospite di Gian Luca Giardini a Bike2u.

Ciao Filippo, abbiamo anticipato l’intervista a causa del tuo incidente. Com’è il tuo stato di salute?

“A seguito della caduta sono stato subito seguito da professionisti. Ho contattato il dottor Porcellini, un chirurgo della zona, specializzato su questo tipo di frattura. Direi che al policlinico di Modena è stato fatto un ottimo lavoro, mi sto già allenando, ho perso veramente poco tempo.”

Quanti giorni sono dall’incidente?

“Due settimane dall’incidente, ma una settimana dall’operazione. Mi sono operato sei giorni dopo la caduta e ho ripreso ad allenarmi 3 giorni dopo, quindi ho perso solo nove giorni di allenamento. Sono due giorni che mi alleno su strada, dopo i primi giorni sui rulli. Sento un po’ le vibrazioni ma niente di che. Sono contento di potermi allenare già su strada e perdere poco tempo”

Quali sono i tempi che ti hanno dato?

“Il mio obiettivo è quello di tornare entro un mese dall’infortunio. La squadra mi ha detto di stare tranquillo e pensare a guarire bene ma io sono impaziente e frettoloso su queste cose. Voglio mettermi a posto nel più breve tempo possibile”.

Che tipo di caduta è stata?

“Una caduta un po’ strana. Eravamo tutti in fila, io ero sulla ruota del mio compagno, c’era una semicurva sulla sinistra e ci siamo un po’ stretti. Io ho sfregato sul muretto e un compagno da dietro mi è finito sul braccio”.

L’oro ai Mondiali u23, una stagione che ti ha visto vincere tante corse, il tuo terzo anno tra i dilettanti è stato quello della consacrazione. Hai avuto modo di elaborare quanto successo?

“Sì, dopo un po’ di settimane sono riuscito a realizzare quanto fatto, soprattutto al Mondiale. Allo stesso tempo ho cercato un po’ di dimenticarla, non posso sedermi sugli allori. Diciamo che questo mi ha permesso di passare tra i professionisti in maniera più tranquilla e con gradi superiori rispetto ad un normale neo-pro. Sono contento, ma c’è tanto da lavorare”.

Com’è stato il tuo impatto con un team come Trek-Segafredo, rispetto alla tua esperienza da u23?

“Diciamo che è un pianeta completamente diverso.  Qui si guarda il minimo dettaglio, che è quello che ti fa vincere la corsa. L’ho notato nei ritiri dove ho potuto conoscere dei super professionisti”.

Qual è l’aspetto che ti ha più colpito nel passaggio?

“Probabilmente l’intensità nel ritiro, insieme alla cura nei dettagli”.

Come ti sei trovato con il regime alimentare da professionista?

“Io sono molto tranquillo su questo aspetto. Ho trovato il mio equilibrio, so come gestirmi. Durante l’inverno non sono uno di quelli che si lascia andare, non metto più di 3-4 chili. Il grande cambiamento è nell’alimentazione durante l’allenamento. A volte basta mangiare poco in più per avere energie anche il giorno dopo”.

Quante calorie ingerite in un allenamento?

“Secondo me attorno alle 2500/3000 kcal per non arrivare vuoti a fine allenamento. Il rischio è quello di avere fame dopo e subirne le conseguenze il giorno successivo”.

Capita di dimenticarsi di mangiare durante gli allenamenti?

“Può capitare, bisogna stare molto attenti. Dimenticare di mangiare può essere grave, ma anche mangiare troppo. L’allenamento è un momento anche per conoscere se stessi da questo punto di vista”.

Quando non sei in ritiro, ti alleni con qualcuno?

Nella mia zona non è più come una volta, non ci sono più tutti i professionisti che c’erano. Solitamente mi alleno con Tarozzi (Manuele) e quando sono a San Marino si riesce anche a fare un bel gruppo”.

Tarozzi sfortunato, anche per lui un infortunio. Stava andando forte, vi eravate misurati?

Quest’anno non ci siamo trovati tanto spesso. Siamo stati in ritiro proprio negli stessi periodi”.

Quando hai capito la differenza tra i dilettanti e i pro?

“Sull’allenamento non cambia troppo. In gara è completamente diverso, si va sempre in maniera costante e poi nel finale si accelera. Tra i dilettanti la corsa è più strana, si può partire forte sin da subito e ci si scatta in faccia in ogni punto. Nei professionisti il livello è molto alto, tutti attenti al minimo dettaglio”

Quanto può contare la motivazione a livelli così alti?

“Conta tanto. E’ come quando cadi, muori dalla voglia di tornare ad allenarti e correre. Anche l’anno scorso mi è successa la stessa cosa, un incidente all’inizio e poi ho fatto quello che ho fatto”.

Negli under hai corso per la Colpack, squadra di alto livello. Dovessi dare un consiglio ad uno juniores forte, gli diresti di andare in una squadra così o magari in una più piccola, con meno pressioni e concorrenza interna?

“Se hai l’opportunità di avere una squadra forte nelle vicinanze, gli consiglierei di fare il primo anno lì e poi fare il salto in un team più grande come la Colpack, come ho fatto io. Soprattutto gli consiglierei di non volere affrettare i tempi verso il professionismo. Si finisce per pensare solo a quello e non a spingere sui pedali”.

Sei passato pro molto giovane. Potevi fare un altro anno da Under, per giunta con la maglia iridata. Com’è arrivata questa scelta?

“Avrei potuto fare un anno in più, ma avevo già firmato molto prima della vittoria al Mondiale. Ho pensato che fosse il momento giusto e il mondiale me l’ha confermato”.

Sei in un team con grandi campioni. Che programma hai per la tua stagione?

“Prima della caduta avrei dovuto fare le Strade Bianche e poi tutte le classiche in Belgio. Sarebbe stato bellissimo, ma almeno le prime salteranno. Devo vedere come sto e come vanno le vibrazioni, almeno una vorrei farla. Mi piacerebbe rispettare parte del programma e partecipare al Fiandre. Quasi sicuramente sarò alla Amstel Gold Race”.

Hai già avuto modo di approcciare i percorsi lunghi come quello del Fiandre?

“Vedere Mads Pedersen come andava forte già a gennaio mi ha dato tantissime motivazioni per arrivare a quel livello su quelle distanze. Purtroppo l’infortunio ha un po’ rallentato il processo”.

Com’è stato trovarsi in ritiro con campioni come Pedersen, Bauke Mollema e Jasper Stuyven?

“All’inizio è stato un po’ strano. Parlare tranquillamente con loro mentre prima li guardavi in tv fa un effetto strano. Mi ci devo abituare, magari un giorno sarò io in quella posizione”.

Com’è il rapporto col tuo fan club? Ti rendi conto della gioia che gli hai regalato?

“Ora me ne sto rendendo conto. Ogni volta che li vedo è una festa, hanno sempre gli occhi lucidi, sono contento di averli ripagati con i risultati e il passaggio nel professionismo. Alcuni mi seguono anche molto lontano da casa, vengono in aereo”.

Conosci qualche ragazzino della tua zona che sembra promettente?

“Ultimamente non sto seguendo le categorie giovanili, dei molto piccoli. In zona so che c’è qualche buon corridorino, ma non so molto”.

Da Campione del Mondo, cosa pensi riguardo al movimento giovanile del ciclismo in Italia?

“Se iniziano a chiudere le piccole squadre, diventerà un grande problema trovare campioni del futuro. I livelli giovanili sono il domani, non bisogna dimenticarlo”.

Ti sei allenato molto in Spagna. Che differenze hai notato?

“Moltissime differenze, si trovano tantissimi cartelli che ricordano di rispettare i ciclisti. Automobilisti che si lanciano in azioni spericolate non ce ne sono. C’è anche molta più pazienza”.

È cambiato il CT della Nazionale, per ora i risultati continuano ad arrivare. Come lo vivete da dentro voi ciclisti italiani questo buon momento del nostro movimento?

Sicuramente è un bene che si vinca tanto, sono molto contento anche per Trentin che è riuscito finalmente a tornare alla vittoria, se la meritava. Direi che siamo partiti bene, secondo me si prospetta una buona stagione. Soprattutto Covi è partito fortissimo. Non mi sono mai allenato con lui, anche se è passato anche lui per la Colpack”

Un’ultima domanda, ti senti in grado di “sostituire” i vari Trentin, Colbrelli nelle classiche?

“L’obiettivo è quello. Per questo mi scoccia non poter partecipare quest’anno. Prima si fa esperienza, prima si è pronti per vincere. Cercherò di rimettermi il prima possibile per partecipare a qualche corsa sul pavè e cercare qualche risultato. In programma ci sarebbe ancora anche la Parigi-Roubaix”.

VIDEO: L’INTERVISTA COMPLETA A FILIPPO BARONCINI

Foto: Lapresse

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