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Ciclismo
Gianni Savio: “In Italia non c’è un nuovo Nibali. Tra gli U23 non vedo nessuno da corse a tappe”
Abbiamo raggiunto telefonicamente a Torino Gianni Savio, patron della Drone Hopper Androni Giocattoli. Un inguaribile romantico del nostro sport. Per Savio il ciclismo è il suo mondo da quarant’anni. E’ una presenza costante, elegante e garbata – tanto da essere soprannominato il “Principe” – sempre abile a scoprire nuovi talenti e a valorizzarli all’inizio della loro carriera. Dalla formazione Professional italiana di Gianni Savio infatti sono passati corridori dal calibro di Egan Bernal, Davide Ballerini, Andrea Vendrame, Mattia Cattaneo, Ivan Sosa e Fausto Masnada, solo per citarne alcuni.
Sei stato colpito anche tu, come moltissimi corridori, dalla bronchite. Come stai Gianni?
“Bene, sto meglio grazie. Mi sono ripreso dalla bronchite, non ho voluto essere da meno e anche io come la maggior parte dei corridori ho avuto la bronchite. Ho avuto una tosse tremenda, ma ho seguito tutte le indicazioni del medico ed ora sto bene”.
Qual è il bilancio della vostra squadra per questo inizio di stagione?
“Credo di essere stato sempre obiettivo e posso dire che il bilancio di questo inizio di stagione è buono. Siamo stati rallentanti da qualche caduta e da corridori risultati positivi al Covid-19. Tutto questo chiaramente ci ha privato di avere corridori forti al via delle corse come Gabriele Benedetti e Santiago Umba. Però non posso lamentarmi, abbiamo già ottenuto tre vittorie e dei buoni piazzamenti oltre ad essere stati protagonisti nelle corse”.
C’è qualche tuo corridore che ti ha colpito in particolar modo?
“Natnael Tesfatsion è stato una conferma più che una sorpresa. Sono molto contento dei risultati che sta ottenendo. Quest’anno ho visto in lui un corridore più maturo e quindi pronto per corse più importanti. E’ un ragazzo con il quale si deve avere pazienza per farlo crescere gradualmente”.
Che è da sempre la tua filosofia…
“Esattamente. Io credo molto nella crescita graduale per poi poterli lanciare nel World Tour. Abbiamo avuto molti ragazzi che stanno ottenendo dei grandi risultati nella massima categoria e spero che Natale possa seguire la strada di Davide Ballerini, Fausto Masnada, Ivan Sosa, Mattia Cattaneo o Andrea Vendrame. Tutti loro sono corridori che si sono ritagliati un ruolo importante in una squadra World Tour. Egan Bernal invece è di un altro pianeta”.
Bernal lo hai sentito? Come sta?
“Sì, è molto determinato. Credo che sarà in grado di tornare a vincere un Grande Giro. L’importante è non mettergli fretta. Fisicamente sta meglio, si sta riprendendo ma giustamente bisogna lasciargli il suo tempo e non bruciare le tappe. Anche Egan stesso deve avere la pazienza di aspettare il momento giusto per rientrare alle corse. Alle spalle ha una grande squadra e sono sicuro che faranno un ottimo lavoro. Egan è il primo che vuole tornare ad essere il campione di sempre”.
Mancano corridori italiani da corse a tappe. Ma in particolare mancano scalatori italiani: come mai?
“A mio avviso non esiste un motivo preciso, non esiste quindi una ricetta giusta. Il talento nasce, non si costruisce. Il talento lo si può aiutare a crescere gradualmente, ma non si può costruire. In Italia è nato Vincenzo Nibali, un grandissimo corridore da corse a tappe e speriamo che ne nasca un altro. Al momento abbiamo buoni corridori italiani come Giulio Ciccone, che stimo molto e mi sta simpatico, però non ha il talento di Vincenzo. Secondo me può continuare ad ottenere buoni risultati, ma al momento un corridore come Nibali in Italia non lo vedo. Anche Gianni Moscon è un corridore con buone qualità, ma non l’erede di Vincenzo. Spero che entrambi possano contraddirmi”.
La Drone Hopper Androni Giocattoli non sente di dover investire su qualche giovane italiano per le corse a tappe?
“Il discorso è difficile da realizzare. Ti faccio un esempio: Filippo Ganna mi piace molto come corridore e secondo me ha un gran margine di miglioramento e credo che possa diventare lui l’uomo da classifica per un Grande Giro. Mi sarebbe piaciuto averlo in squadra anni fa ma era già stato ingaggiato da un’altra squadra. Per una squadra Professional è molto difficile trovare il talento giovane italiano. Con gli stranieri, come ad esempio i colombiani, che non sono corridori inizialmente in vista come gli italiani è più semplice ingaggiarli. Io credo di riuscire a fare bene il mio lavoro perché sono spinto da questa infinita passione che ho per il ciclismo che io chiamo “maledetta passione”. Con Marco Bellini, Team Manager della squadra, abbiamo l’intento di diventare una formazione World Tour, anche se non è semplicissimo”.
Chi è il nuovo gioiello che Gianni Savio sta coltivando?
“Santiago Umba, il giovane colombiano, però deve superare i problemi fisici che ha avuto ad inizio stagione. E’ molto giovane e credo in lui”.
Senza Pogacar, Roglic, Bernal ed Evenepoel sarà un Giro d’Italia di serie B?
“No, assolutamente. Il fascino della maglia rosa non ha un nome. Se ci fosse il grande campione potrebbe in qualche modo condizionare la corsa invece così sarà una corsa più aperta ed interessante”.
Può esserci una sorpresa italiana al Giro in ottica classifica generale?
“Non vedo un giovane italiano che possa far classifica al Giro d’Italia. Speriamo che in Italia nasca l’Egan Bernal della situazione, ma come lui ne nasce uno ogni vent’anni. Anche tra gli Under23 vedo buoni corridori, ma non vedo giovani in grado di affermarsi tra i professionisti”.
Quali sono i vostri obiettivi alle Corsa Rosa? Con quali ambizioni vi presentate?
“Siamo sempre stati e vogliamo continuare ad essere obiettivi. Il Giro lo interpreteremo con grande entusiasmo e determinazione come sempre. Il nostro obiettivo sarà quello di vincere una tappa, al momento non abbiamo un uomo per puntare alla generale; se poi si dovesse presentare l’occasione non ci tireremo indietro. Al momento non abbiamo ancora deciso la squadra che schiereremo al Giro, lo decideremo alle corse di aprile (Giro di Sicilia, Tour of the Alps e il Giro della Grecia) così avremo modo di capire la loro condizione a poche settimane dal via della Corsa Rosa. La mia filosofia non è quella di schierare uomini con un nome, ma quelli che in quel momento hanno la miglior condizione fisica. E’ una questione di correttezza e onestà intellettuale nei confronti dei ragazzi della squadra”.
Foto: Lapresse