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Tennis, Jannik Sinner tra illusione e realismo. Alcaraz è più completo, ma in futuro…

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Jannik Sinner nacque nel 2001 in una nazione che da quasi mezzo secolo attende un Messia nel tennis. I ricordi dei trionfi di Adriano Panatta sono ormai sbiaditi, per non parlare di quelli ancora più lontani a firma di Nicola Pietrangeli: le nuove generazioni, nella migliore delle ipotesi, li conoscono solo per sentito dire o grazie ai libri di storia. Inoltre in quattro decadi non sono mancati giocatori di valore come Paolo Cané, Omar Camporese, Andrea Gaudenzi, Davide Sanguinetti, Filippo Volandri e Fabio Fognini, nessuno di questi però è mai stato veramente in grado di ambire a vincere un torneo del Grande Slam.

Non sono mancati neppure i cosiddetti ‘falsi profeti‘, ovvero tennisti che lasciavano presagire un futuro interessante nelle categorie giovanili, salvo dissolversi completamente nel passaggio tra i professionisti, schiacciati dalla pressione di dover raggiungere un livello che non gli apparteneva: eclatante in proposito l’esempio di Gianluigi Quinzi, che si aggiudicò il torneo juniores di Wimbledon nel 2013 e che oggi si è già ritirato, nonostante sia nato nel 1996…In carriera non è mai andato oltre la 142ma posizione nel ranking ATP e non si è mai qualificato per il tabellone principale di uno Slam.

E’ vero che il Bel Paese ha potuto fregiarsi della generazione d’oro in campo femminile composta da Francesca Schiavone, Flavia Pennetta, Roberta Vinci e Sara Errani, capaci di collezionare 4 Fed Cup, 1 Roland Garros e 1 US Open a cavallo del decennio tra il 2006 ed il 2015. Si tratta, anche in questo caso, di successi ormai piuttosto distanti nel tempo, che peraltro non hanno appagato il sogno proibito dell’italiano medio: avere un Federer, un Nadal o un Djokovic con passaporto tricolore.

A soli 20 anni, Sinner ha già messo in bacheca 5 titoli ATP, ha raggiunto la finale in un Masters1000, la posizione n.9 nella classifica mondiale e ha disputato, seppur subentrando da riserva, le Finals di Torino. Un rendimento che testimonia le grandi doti dell’altoatesino, sia in termini di talento puro sia di tenuta mentale. Ed è proprio ciò che in particolare differenzia il pusterese dai ‘falsi profeti’ che lo hanno preceduto: a dispetto della giovane età, possiede una maturità fuori dal comune, grazie alla quale riesce a gestire abbastanza bene le pressioni che lo circondano.

La scalata in classifica dell’azzurro è stata talmente imperiosa da generare l’illusione non solo che potesse giocarsela ad armi pari contro chiunque, ma addirittura essere in grado di vincere uno Slam. Sinner è pronto per provare a consolidarsi nel tempo tra i top10, tuttavia quell’ultimo scalino per vincere un Major non l’ha ancora compiuto. E si tratta anche del più difficile, che può richiedere 2 come 5 anni. Non tutti maturano allo stesso modo. Se pensiamo ad esempio allo spagnolo Carlos Alcaraz, di due anni più giovane rispetto al portacolori del Bel Paese, siamo di fronte ad un tennista già completo e con pochi punti deboli evidenti. Fisicamente dispone di una muscolatura che probabilmente (vuoi per scelta, vuoi per costituzione) Sinner non avrà mai; inoltre appare superiore dal punto di vista del tocco, sia che si tratti di gioco a rete che di esecuzione di palle corte. L’italiano, sebbene ‘più anziano’, in apparenza mostra dunque maggiori margini di progressione rispetto all’iberico. Oggi molti sarebbero portati a pensare che Alcaraz, a fine carriera, avrà vinto molto più di Sinner; noi riteniamo che ciò va considerato probabile al momento, ma tutt’altro che scontato, perché è possibile che l’azzurro trovi una sua dimensione davvero vincente in futuro, magari a 25 o 26 anni. Pensiamo ad esempio al russo Daniil Medvedev, che solo dai 23 anni ha svoltato per davvero, sino a diventare n.1 al mondo dopo aver spento 26 candeline.

Sinner è ambizioso, ma al tempo stesso consapevole che manca ancora molto per compiere quell’ultimo scalino verso la top5, che in automatico lo renderebbe un atleta in grado di approdare in fondo agli Slam. Ciò che preoccupa maggiormente è che non si sono visti miglioramenti esponenziali in quelli che erano i principali punti deboli di un triennio fa. Il gioco di volo, sebbene migliorato, mostra un Sinner ancora insicuro e lacunoso, talvolta anche impacciato; il servizio viaggia su velocità maggiori, ma tende a smarrirsi proprio nei momenti più delicati delle partite, in particolare al cospetto dei top-player. E’ probabile che tutto ciò abbia influito nella scelta di separarsi da Riccardo Piatti ed affidarsi a Simone Vagnozzi: quello che in apparenza può sembrare un salto nel buio, va invece considerato come un tentativo di alzare ulteriormente l’asticella. L’obiettivo di Sinner è quello di vincere degli Slam e farà di tutto per riuscirci, consapevole al tempo stesso che nulla è scontato. Potrebbe riuscirci fra 2, 5, 7 anni. O forse mai. L’illusione deve lasciare il posto ad un sano realismo: oggi l’Italia dispone di un giovane talento che ha dimostrato di valere la top10 e che sta lavorando per traguardi sempre più prestigiosi in uno sport dove non c’è spazio per l’improvvisazione.

Foto: Lapresse

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