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Tennis, Simone Tartarini: “Lorenzo Musetti ora sta bene con se stesso, gli serve solo continuità”

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Il 2022 di Lorenzo Musetti è stato vissuto fino ad ora in chiaroscuro. Dei bei picchi, con alcuni successi di rilievo come con Hubert Hurkacz a Rotterdam, ma fino ad ora è mancata un po’ di continuità a causa di alcuni problemi fisici che hanno minato la sua stagione. Ne abbiamo parlato con il suo allenatore Simone Tartarini prima del match (poi perso) con J.J. Wolf al Challenger di Phoenix.

Innanzitutto, un piccolo dato: quello che è parso a tutti è che, nonostante tutto, Lorenzo stia in primis bene con se stesso.

“Nella seconda metà del 2021 ha avuto un problema che ha purtroppo coinvolto anche la sfera personale. Parliamo sempre di un ragazzo di vent’anni. Non è riuscito a mettere il personale in un angolino; purtroppo ogni persona reagisce a modo suo e lui reagì abbastanza male alla cosa, portandosi la cosa dietro, quasi non aveva voglia di giocare”.

Per un ragazzo di vent’anni può essere anche normale tutto questo.

“Dipende dal carattere, lui è un ragazzo serio e schematico. Quest’anno abbiamo ricominciato non bene, ma benino. Diciamo che Lorenzo è stato un po’ sfortunato sotto il punto di vista della salute: in Australia stava entrando in forma, poi ha avuto prima un problema alla spalla e poi febbre per qualche giorno, abbiamo fatto dei test, sempre negativi in farmacia. Prima della sfida con De Minaur all’Australian Open è rimasto chiuso in camera per giorni senza allenarsi”.

ATP Challenger Phoenix 2022, Lorenzo Musetti va ko al secondo turno con lo statunitense Wolf

Poi però è arrivato un miglioramento, sempre minato da qualche problema fisico.

“In India è andato bene come a Rotterdam. Poi di nuovo febbre a 39, mal di gola e mal di testa, perdendo due chili: a Dubai non sarebbe riuscito a sostenere le qualificazioni, quindi abbiamo richiesto una wild card. Poi la sfortuna ha voluto che beccasse immediatamente Djokovic: non ha giocato un brutto match, ma sono bastati un paio di errori per castigarlo. Ma l’atteggiamento è sempre stato propositivo, il che è ottimo: in Davis è stato bravissimo a vincere quella partita al debutto”.  

Poi gli Stati Uniti.

“Il match con Giron è stato buono, poi Muso ha pescato un altro osso durissimo come Opelka, un giocatore con cui gli è già difficile accoppiarsi per caratteristiche, probabilmente il peggiore per uno come lui. Poi lo statunitense sta giocando un gran tennis: ha battuto anche Shapovalov e Nadal lo ha superato solo rispondendo sei metri dalla linea di fondo, stessa tattica che avevamo provato ad adottare. Con Opelka, che oltre a servire costantemente oltre i 220 km/h gioca benissimo da fondo, non è stato un match buono perché è partito con un atteggiamento negativo, senza la consapevolezza di poter vincere. Quando lo statunitense gioca in quel modo, è effettivamente demoralizzante. Se giochi bene, puoi batterlo solo al tie-break.

La cosa importante però è una: ha cambiato il suo atteggiamento, Lorenzo è finalmente più tranquillo con se stesso, lavora meglio ed è propositivo, è più contento di giocare, lavorare e viaggiare. Tieni conto che fino ad ora Lorenzo è rimasto a casa per tre soli giorni dal 27 dicembre, ma non gli pesa ormai. Il suo è un percorso lungo, le partite sono sempre difficili e il torneo di Indian Wells, con tanti giocatori di spicco eliminati precocemente, lo dimostra: il tennis si è livellato, quando giochi con uno dei primi 150 al mondo stai giocando con qualcuno davvero forte. Ogni match è durissimo, conta sempre più il rendimento e beccare la settimana buona”.

Un raffronto sui due match con Djokovic, dal Roland Garros a Dubai?

“Difficile, perché la superficie era differente. Sul veloce Nole aumenta il rendimento, mentre Lorenzo è un po’ meno competitivo, quindi amplia le differenze. A Parigi Muso stava bene, aveva appena conseguito una semifinale a Lione, giocava benissimo e sulla terra è molto a suo agio. Si era allenato qualche volta con Djokovic e l’azzurro aveva vinto dei set in allenamento. Quel giorno era entrato in campo molto fiducioso, alla pari mentalmente. Così non è successo a Dubai, sperava forse in un sorteggio leggermente migliore. Non ha giocato male, ma mentalmente non è entrato al massimo. In fondo forse non era entrato in campo con la stessa convinzione di poter vincere la partita, mentre a Parigi fu più spavaldo”.

Con ciò che mi hai detto, diventa logica la scelta di Phoenix: continuare a incamerare partite.

“L’obiettivo è sempre fare match, poi viene tutto il resto. Per tutte le problematiche avute Lorenzo non è riuscito a disputare due tornei in programma. Era una scelta già concordata se non si fosse passato il secondo turno ad Indian Wells. Che poi, questo di Phoenix è un 250 quasi 500 mascherato da Challenger, con molti degli sconfitti nel 1000 che si sono presentati qui, il livello è alto. L’obiettivo era proprio confrontarsi con loro, fare match e se si fa qualche punto ancora meglio. Ma ciò che è mancato fino ad ora a Lorenzo è la continuità di stare in campo, per arrivare con più partite possibili nelle gambe alla stagione su terra”.

Foto: LaPresse

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