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Moreno Argentin: “Sean Kelly il rivale più duro. E su Saronni-Moser…L’Italia ha svuotato il serbatoio”

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Moreno Argentin

Moreno Argentin, veneto di San Donà di Piave classe 1960, è stato un grandissimo finisseur e cacciatore di Classiche. Ha corso tra i professionisti dal 1980 al 1994 conquistando ben 84 vittorie, di cui 12 al Giro d’Italia e 2 al Tour de France. Oltre alla strada Moreno si è affermato anche su pista, infatti nel 1980 ha fatto parte della Nazionale come riserva del quartetto dell’inseguimento a squadre all’Olimpiade di Mosca. Tra le grandi vittorie di Argentin spiccano un Campionato del Mondo, quattro Liegi-Bastogne-Liegi, tre successi alla Freccia Vallone, un Giro di Lombardia e un Giro delle Fiandre. Oggi è organizzatore dell’Adriatica Ionica Race, corsa a tappe quest’anno in programma dal 4 all’8 giugno.

Moreno, come stai?

“Non c’è male dai, tutto bene”.

Quattro Liegi, tre Frecce, il Fiandre, il Lombardia e il Mondiale. Qual è la vittoria più bella?

“Sono tutte belle. Non voglio fare un torto a nessuna ma quella che mi ha dato la consapevolezza e che oggi ricordo con molto affetto è la prima Liegi. Lì ho capito di poter vincere e competere nelle Classiche”.

Vanti anche un terzo posto al Giro: hai mai puntato sulle corse a tappe o hai preferito rimanere concentrato sulle Classiche?

“Ho tentato di poter competere con condizione quando sono arrivato terzo, poi però mi sono reso conto che c’era qualcosa che mi mancava. Per poter vincere un Giro d’Italia o un Tour de France devi avere determinate caratteristiche e ad esempio io quella della cronometro non ce l’avevo. Ho quindi preferito specializzarmi nelle corse di un giorno. Ho vinto anche il Giro di Danimarca e il Giro di Sicilia due volte, quindi sono riuscito a vincere anche delle brevi corse a tappe, ma non sono come un Grande Giro”.

Hai vissuto gli anni della rivalità tra Moser e Saronni. Tu con chi dei due andavi più d’accordo?

“Io ho vissuto proprio quella realtà. Dei due direi più con Saronni perché siamo più vicini d’età e quindi c’era maggior dialogo”.

Chi è stato il tuo rivale più forte e scomodo da affrontare?

“Ne avevo tanti. Saronni non era facile da battere perché andava forte in salita, non lo staccavi, ed era anche veloce. Moser era un corridore che andava presto in fuga ma su corse con tanta salita Francesco faceva più fatica di me e quindi spesso si staccava, questo però non toglie la sua grande classe e talento. C’erano anche Battaglin, Baronchelli, Visentini e poi Kelly. Ecco Sean è uno di quei corridori che ho sempre sofferto perché aveva le mie stesse caratteristiche ed era anche veloce, quindi mi dava un po’ fastidio”.

Quando hai capito che era arrivato il momento di smettere?

“Quando arrivi ad un certo punto e vedi che fai fatica ad alzarti al mattino per andare ad allenarti capisci che è arrivato il momento di appendere la bici al chiodo e questo a me è successo a metà 1994, dopo il Giro chiusi la mia carriera. Sono felice della scelta che ho fatto perché volevo chiudere bene ed essere felice di tutto quello che sono riuscito a fare”.

Oggi i corridori vanno fortissimo sin da giovanissimi. Qual è il tuo pensiero sul nuovo ciclismo?

“Già ai miei tempi era un ciclismo veloce e dove ti dovevi specializzare. Provare a fare tutto non funziona. Il ciclismo si è evoluto molto e penso sia un ciclismo più esasperato e con carriere più brevi. Il ciclismo è uno sport che ti porta ad esasperare il corpo e la mente. Il segreto è allenarsi più degli altri e quindi alzare sempre l’asticella, oltre chiaramente a fare delle rinunce e questo prima o poi nella vita di un atleta pesa”.

Secondo te chi sono gli italiani più interessanti in prospettiva?

“Non so fare un nome. Secondo me abbiamo svuotato il nostro serbatoio e ora stiamo pagando le conseguenze sicuramente anche in seguito alla mancanza di squadre italiane. Ai miei tempi erano solo cinque o sei corridori che ogni anno passavano professionisti, oggi ne passano molti di più senza avergli dato il giusto tempo per crescere”.

La corsa più bella del mondo qual è?

“Direi il Giro delle Fiandre e la Liegi-Bastogne-Liegi con una leggera preferenza per quest’ultima visto che sono riuscito a vincerla ben quattro volte. Io la mia carriera l’ho costruita in Belgio che è la palestra naturale della bicicletta grazie a tutti questi grandi eventi come il Fiandre, la Freccia e la Liegi”.

Che Giro d’Italia sarà secondo te quello di quest’anno?

“Quando ti mancano i punti di riferimento come quest’anno diventa un Giro più aperto e quindi con continue sorprese. Solo l’ultima settimana secondo me ci renderemo conto chi saranno i papabili vincitori di quest’edizione. Sarà sicuramente una bella Corsa Rosa ma non c’è un grande favorito. Bisognerà poi vedere come saranno messe le squadre tra bronchiti, virus e infortuni vari”. 

Dal 4 all’8 giugno invece c’è in programma l’Adriatica Ionica Race, corsa di cui tu sei organizzatore…

“Esattamente. Oggi lavoro a tempo pieno su questa corsa. Manca poco più di un mese, stiamo crescendo a livello organizzativo e quindi dedico tutto il mio tempo a quest’evento. Quest’anno c’è anche una novità: oltre a valorizzare i territori che attraverseremo con la corsa, abbiamo creato un’hospitality per promuovere i prodotti enogastronomici d’eccellenza dei territori. Da Tarvisio in Friuli Venezia Giulia ad Ascoli Piceno nelle Marche per un totale di cinque tappe”. 

Foto: Olycom.com

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