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F1, dopo 3 anni si torna in Australia ad Albert Park. Ma come dimenticare l’immane figuraccia del 2020…

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Questo weekend la Formula Uno tornerà all’Albert Park di Melbourne, dove nel 2020 il Circus toccò il punto più basso della sua storia. Nel corso degli oltre sette decenni di vita della categoria sono state prese tante decisioni discutibili, alcune delle quali esclusivamente figlie delle logiche dettate dal “Dio denaro”. Cionondimeno, quanto accaduto in Australia poco più due anni fa rappresenta probabilmente il pinnacolo dello squallore. Vale la pena di fare un salto indietro nel tempo, per rivivere quelle ore convulse. Perché anche se tutti vorremmo dimenticare quei cupi momenti, è bene ricordare l’accaduto affinché sia una esemplare lezione sul come NON comportarsi.

La gara è programmata nel weekend del 13-15 marzo. In Cina il Covid-19 è un serio problema ormai da mesi, ma a lungo il morbo sembra relegato all’interno dei confini cinesi. È una pia illusione. A fine febbraio si registrano i primi casi anche in Europa e nelle Americhe. La situazione precipita. Lunedì 9 marzo l’Italia è il primo Paese occidentale a entrare in regime di lockdown. Contemporaneamente quasi tutte le nazioni industrializzate chiudono gradualmente i confini e adottano misure di contenimento sui propri territori, il che provoca un crollo del mercato azionario giovedì 12 marzo.

Il mondo dello sport, non solo motoristico, si ferma. MotoGP e Indycar rinviano a data da destinarsi l’inizio delle proprie stagioni, mentre in Giappone si comincia a discutere della possibilità di rinviare al 2021 le Olimpiadi di Tokyo. Incredibilmente la F1 sembra sorda e cieca. Il Circus arriva in massa in Australia come se nulla fosse. Certo, nel paddock c’è parecchia preoccupazione, ma i preparativi per il GP proseguono. L’opinione pubblica australiana è costernata, davvero si consentirà una forte concentrazione di persone, con il rischio dell’esplosione di un focolaio enorme? Cominciano le pressioni sullo Stato del Victoria per annullare la gara.

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Ross Brawn, direttore sportivo del Circus, temporeggia e annuncia che l’evento potrebbe essere sospeso se si scopre che un team è colpito dal coronavirus. Quindi commissari, giornalisti, fotografi e lo staff di supporto non contano? La vicenda assume contorni farseschi, perché tutta questa agitazione non impedisce alle squadre di litigare per motivi tecnici e sportivi. La Ferrari è nell’occhio del ciclone per il controverso “accordo segreto” stipulato con la FIA in merito all’accusa di aver usato una power unit illegale nel corso del 2019, ma soprattutto la Red Bull spara a zero sul DAS della Mercedes, che dal canto suo si difende vigorosamente. Polemiche vacue di cui nessuno, al di fuori dei protagonisti, si cura.

Mentre tutti i maggiori eventi sportivi internazionali vengono cancellati o rinviati, la Formula 1 si distingue per la sua testardaggine. Solo qualche pilota prende posizione. Il più deciso è Kimi Räikkönen, che senza mezzi termini chiede la cancellazione del Gran Premio, rimanendo inascoltato. Nel pomeriggio di giovedì però anche la F1 è messa di fronte all’evidenza. Un membro della McLaren risulta positivo al tampone. Il team annuncia il suo ritiro dal GP e la quarantena di tutti i suoi uomini. Ormai si da’ per scontato che l’appuntamento salti, ma non è così. Gli organizzatori, preoccupati per le conseguenze economiche di una cancellazione, fanno pressioni per andare avanti. La politica, nella persona del premier dello stato del Victoria, si distingue in negativo per il proprio ponziopilatismo.

Nella sera australiana di giovedì, mentre le borse di tutto il mondo stanno colando a picco, i team principal si incontrano con il race director Michael Masi e con Ross Brawn per discutere il da farsi. Si vira sul grottesco perché si formano due schieramenti. Ferrari, McLaren, Renault e Alfa Romeo sono per l’annullamento. Mercedes, Red Bull, Alpha Tauri e Racing Point spingono invece perché si corra a porte chiuse. Williams e Haas, dal canto loro, non prendono alcuna posizione. È lo stallo. Quattro squadre vogliono correre, quattro no e due si astengono. Le trattative durano per ore, ma non cambia nulla. Tocca a Ross Brawn decidere e la sua scelta è quella di andare avanti.

A Melbourne è la mattina di venerdì 13 e i team si avviano verso l’Albert Park per mandare in scena la prima sessione di prove libere. Dall’Europa, dove è notte fonda, Toto Wolff riceve una telefonata da Ola Källenius, presidente del consiglio d’amministrazione della Daimler-Benz. Il manager svedese gli ricorda la situazione mondiale e sottolinea come disputare comunque il GP costituirebbe un danno d’immagine irreparabile. Dunque gli “suggerisce” di riconsiderare il suo voto. Il viennese obbedisce e salta la barricata, schierandosi con chi spinge per l’annullamento.

La Red Bull, supportata da Alpha Tauri e Racing Point, continua ostinatamente a voler gareggiare, ma questa posizione è ormai in minoranza. Peraltro si scopre che Sebastian Vettel e Kimi Räikkönen non sono al circuito, perché tornati di propria iniziativa in Europa! A meno di due ore dall’inizio delle prove libere arriva finalmente l’annuncio ufficiale. Il Gran Premio d’Australia 2020 viene “rinviato” a data da destinarsi. Non si terrà mai, come tanti altri appuntamenti extra-europei. La Formula 1 si salva in corner, ma l’immane figuraccia rimane viva nei ricordi ancora oggi.

Foto: La Presse

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