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F1, Kevin Harvick: “Tutti i bimbi americani sognano la Ferrari o la Red Bull, nessuno pensa più all’Indycar”

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Sappiamo bene come la F1 sia sempre più volta a far breccia negli Stati Uniti. D’altronde il Circus è diventato di proprietà di Liberty Media, società appunto Stars&Stripes. Da allora il mercato americano è diventato sempre più prioritario. Peraltro la serie Netflix “Drive to Survive”, discussa e criticata da molti protagonisti per la sua tendenza a distorcere quanto accade in pista e fuori, sta però contribuendo a far crescere l’interesse nel pubblico statunitense.

C’è sicuramente del vero in tutto ciò, perché la Formula Uno si può permettere di moltiplicare i propri appuntamenti sul suolo americano. Al Gran Premio degli Stati Uniti di Austin, programmato in autunno, in questo 2022 si affiancherà l’inedito il GP di Miami, destinato ad andare in scena a inizio maggio. Nel 2023 le gare diventeranno addirittura tre, perché sarà aggiunto anche il Gran Premio di Las Vegas. Non è la prima volta che la F1 prova ad attecchire negli Stati Uniti, ma forse questa è quella buona.

Lo ha spiegato Kevin Harvick, star della NASCAR (il popolarissimo campionato riservato alle stock car), in un’intervista rilasciata alla NBC. “Mio figlio Keelan ha 9 anni e ha cominciato a correre in kart, quindi io sono spesso sui tracciati per seguirlo. Vi assicuro che nessun bambino parla più della IndyCar, vogliono tutti andare a correre in F1 e vogliono tutti salire su una Ferrari o una Red Bull”.

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The Closer, come è soprannominato il 46enne Campione della NASCAR 2014, non ritiene il fatto necessariamente positivo perché “è incredibilmente difficile arrivare in Formula 1. Ci sono migliaia di ragazzi che sognano di corrervi, ma è una categoria dove gareggiano solo 20 vetture. Inoltre la si può raggiungere solo attraverso un percorso formativo che passa dalla Formula 3 e dalla Formula 2. Mio figlio non ha possibilità di trasformare in realtà il suo sogno e spero che quando lo capirà non smetterà di correre per la delusione. Il rischio è che tanti ragazzi rimangano frustrati in giovane età e si arrendano, senza poi tentare altre strade. Non vorrei che chi provi senza successo la strada delle ruote scoperte in Europa, alzi bandiera bianca. Questo sarebbe un problema anche per la NASCAR, perché rischieremmo di disperdere potenziale talento”.

Insomma, Harvick lancia un interessante spunto di riflessione. Questo innamoramento dei bambini americani per la Formula Uno potrebbe tradursi in un problema per il motorsport statunitense fra un paio di decenni, perché ridurrebbe il bacino di pescaggio per le categorie Stars&Stripes con una conseguente diminuzione del numero di futuri piloti piloti e relativo abbassamento del livello medio. Inoltre le sue parole dovrebbero portare a un altro ragionamento, stavolta da parte dei manager della F1. Guadagnare popolarità negli Stati Uniti è un’ottima cosa, ma bisognerà alimentarla e soprattutto cristallizzarla. Per adesso c’è una bolla, ma le bolle sono destinate a scoppiare, prima o poi…

Foto: Lapresse

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