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Ciclismo

Dino Salvoldi: “Prospetti interessanti tra gli juniores. Ci sarà interscambio tra strada, pista e mountain bike”

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Alla guida dei ragazzi juniores da qualche mese c’è Dino Salvoldi che, dopo aver guidato per anni il nostro movimento femminile, adesso è stato chiamato per seguire i giovani del settore strada e pista. Classe 1971, lombardo di Vaprio d’Adda, Salvoldi è un tecnico di lungo corso e pluri medagliato (316 podi, ndr), infatti già nel 2001 collaborava con Dario Broccardo e nel 2005 è diventato responsabile del settore azzurro femminile fino allo scorso anno. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente a per farci raccontare questi primi mesi alla guida della Nazionale juniores.

Qual è stato il percorso fatto dalla ragazze che ora stanno dominando su strada?

“C’era un sistema di valutazione iniziale, venivano quindi valutate attraverso dei test funzionali e avevamo dei parametri statistici di riferimento per poi definire il primo gruppo di lavoro e questo lo facevamo tutti gli anni. Parallelamente a questo cercavamo di capirne di più anche attraverso un preciso programma di allenamento che condividevamo anche con i direttori sportivi e preparatori affinché venisse applicato all’intero movimento”.

Ora sei alla guida degli juniores. Utilizzerai la stessa strategia applicata con le donne?

“Il criterio è sempre lo stesso ma è chiaro che i numeri sono diversi e quindi la gestione diventa più complicata. Stiamo però trovando un buon seguito, quindi secondo me siamo sulla strada giusta”.

Tra gli juniores intravedi atleti che in futuro potranno avere caratteristiche per le corse a tappe?

“In questo momento della stagione non saprei, le gare sono cominciate da poco. Ci sono però dei prospetti che possono essere interessanti”. 

La cooperazione strada-pista proseguirà? E con il ciclocross e la mountain-bike?

“Secondo me questa è stata una scelta corretta che ha fatto la Federazione e quindi sì. I ragazzi hanno occhi e testa per vedere come la pista sia funzionale alla strada. Nella prima parte di stagione ho coinvolto molti ragazzi anche del ciclocross e mountain-bike e quindi c’è la possibilità di condividere gli obiettivi anche con quei settori. Il calendario in certi momenti però ti impone di fare delle scelte purtroppo ma dal punto di vista delle preparazione ci sarà massima cooperazione con tutti i settori”

Lavorare sin dalla base per riportare in alto il ciclismo italiano…

“Io ed i miei collaboratori ci siamo mettendo tutta la nostra competenza e diamo sempre il massimo. E’ una missione, ma non un obbligo”.

Quali sono le riforme che la Federazione ha attuato per favorire la crescita di allievi e juniores? 

“Questo è un argomento importante e allo stesso tempo delicato. Quasi tutti siamo concordi nel valutare come questa anticipazione delle carriere che sta avvenendo nel ciclismo, e già consolidata in altri sport, un po’ preoccupi. E’ troppo presto però per capire se questo sarà un bene o un male, ma bisogna adeguarsi perché il mondo non aspetta nessuno. Parlando con i vari direttori sportivi e facendo delle nostre valutazioni interne pensiamo che sia meglio portare avanti di un anno la categoria juniores ma è chiaro che dovrebbe essere una modifica globale e non solo italiana, per questo non semplice. C’è bisogno di salvaguardare questa categoria e tutto ciò consentirebbe di proteggere maggiormente i nostri ragazzi lavorando così in modo più tranquillo e approfondito”. 

Il momento più bello della tua carriera ad oggi qual è stato?

“Quando Antonella Bellutti ha vinto l’oro alle Olimpiadi di Sydney. Ricordo le situazioni che hanno determinato quel successo, la storia che c’è dietro a quell’oro olimpico mi ha lasciato qualcosa di importante. Io ero molto giovane, la mia prima Olimpiade, e me la ricordo come un punto di partenza per tutto quello che poi è arrivato con gli anni”.

Come tecnico sei riuscito a conquistare ben 316 medaglie. Qual è quella del cuore?

“Tutte hanno un significato”.

Non si è mai troppo grandi per smettere di sognare. Oggi qual è il tuo sogno nel cassetto?

“Sono sempre stato concreto e realista nel considerarmi fortunato per quello che faccio. Per me è un sogno tutti i giorni fare il lavoro che più mi piace. I risultati che si raggiungono sono tutti sogni che si realizzano”.

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