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Ciclismo
Ciclismo, Thomas De Gendt: “Dopo ciò che è accaduto a Colbrelli ho avuto molta paura, non voglio morire facendo il mio sport”
Una stagione molto particolare quella che stiamo vivendo per il ciclismo su strada. Sono davvero tanti i casi di corridori assenti nelle varie corse per problemi fisici, soprattutto a livello respiratorio. La vicenda più eclatante è ovviamente quella legata a Sonny Colbrelli, con l’arresto cardiaco arrivato alla Vuelta Catalunya.
A parlare di ciò ad Humo è stato Thomas De Gendt, belga della Lotto Soudal pronto a partire per il Giro d’Italia, colpito anche lui dal Covid-19 e non al top per la Corsa Rosa: “È stata una bronchite a mandarmi al tappeto. Inizialmente non era così male, solo qualche problema respiratorio, ma senza febbre come invece ha avuto Colbrelli. Dopo la Parigi – Nizza sono andato anche alla Nokere Koerse, ma poi dopo due giorni alla Volta a Catalunya mi sono sentito molto peggio. Sentivo una specie di rantolo quando respiravo. Ho avuto anche la febbre e ho dovuto stare sei giorni lontano dalla bici e non ci voleva a così poco tempo dal Giro”.
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Entrando nel dettaglio: “Chiunque viene colpito dall’infezione e perde il 10% di capacità polmonare non se ne accorge nella sua quotidianità, ma per un atleta c’è una differenza enorme. Se continui a correre e ti arriva al cuore, la tua carriera è finita. Basta guardare Tim Declercq, non c’è mancato molto. E quando è successo anche a Colbrelli, ho avuto molta paura”.
La paura di ciò che può accadere facendo ciò che si ama è davvero tanta, paragonando la malattia anche alle varie cadute brutali che accadono: “Nel corso della mia carriera ho visto molti corridori a terra, colpiti duramente. Purtroppo, se non sono morti, tendi a dimenticare. Molti sono stati molto male per quanto successo a Bjorg Lambrecht perché lo hanno visto morire. È difficile capire che si può morire in modo così banale. Quanta sfortuna ha avuto Bjorg? Nel mese di febbraio Jarrad Drizners è caduto all’UAE Tour e come Bjorg ha avuto una forte emorragia interna. Si è trattato di una differenza di qualche millimetro, altrimenti sarebbe morto anche lui. Quando sei giovane non realizzi che una semplice caduta può ucciderti. Ma dopo 14 anni nel gruppo, ho visto molti corridori morire e sono consapevole del pericolo. Andare in discesa a 80 km/h con queste ruote così sottili che possono esplodere a causa di un sasso… Non importa quanto cerco di non pensarci quando sono in bici, questa cosa mi torna sempre in mente. Non voglio morire facendo il mio sport”.
Foto: Lapresse