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Giro d’Italia 2022, gli italiani: dubbi sul post Nibali e Pozzovivo, ma c’è molto da salvare

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Il Giro d’Italia 2022 è in archivio. Jai Hindley, il cosidetto ‘australiano d’Abruzzo’ che entra in rosa in una festante Arena di Verona è già uno dei momenti che rimarranno nella storia del nostro ciclismo, essendo il primo corridore proveniente dall’Oceania a sollevare il Trofeo Senza Fine. Nonostante la sua vicinanza al Bel Paese però, non possiamo considerarlo italiano a tutti gli effetti, quindi dopo più di tremila chilometri ci chiediamo: come è andato il Giro per i corridori nostrani?

In primis un dato, anzi un numero: cinque. Sono le vittorie conquistate dal tricolore, tutte nella seconda metà di corsa. Nessun’altra nazione ha fatto meglio sotto questo punto di vista, distinguendosi tra fughe (tre), cronometro (una, l’ultima) e volate (la prima vittoria, a Reggio Emilia). Queste vittorie però non ci parlano di un Giro tutto rose e fiori per i colori italiani.

Almeno per quanto riguarda la classifica generale. Certo, ci sono i due meravigliosi piazzamenti in top 10 per Vincenzo Nibali (Astana Qazaqstan) e Domenico Pozzovivo (Intermarché-Wanty-Gobert), ma la loro carriera è ormai al termine (annunciata per il siciliano, ancora incerta per il lucano), non nascondiamoci dietro di loro che fanno da ‘coperta di Linus’.

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Ci si aspettava sicuramente qualcosa di più sotto questo punto di vista da Lorenzo Fortunato (Eolo-Kometa) e Giulio Ciccone (Trek-Segafredo). Il secondo è andato in crisi sulla salita di casa, il Blockhaus, condizionato anche da una preparazione disturbata dal Covid, e si è riciclato come cacciatore di tappe, andando a segno a Cogne; per il vincitore dello Zoncolan dello scorso anno invece, non c’è stato quel passo in avanti sperato, arrivando quindicesimo nella generale in maniera un po’ anonima. Entrambi avranno tempo e modo di rifarsi da capitani in un Grand Tour: per Fortunato si è almeno evidenziato un miglioramento nella terza settimana (e conta tanto), mentre per Ciccone si spera in meno colpi di sfortuna. Per il futuro, una fiche su Luca Covili (Bardiani-CSF-Faizanè), che replica il ventiquattresimo posto dello scorso anno.

Questo Giro potrebbe essere invece il punto di svolta per gli altri quattro vincitori azzurri di tappa. Stefano Oldani (Alpecin-Fenix), trionfante a Genova, e Alessandro Covi (UAE Team Emirates), a braccia alzate sulla Marmolada, sono entrambi corridori che potrebbero fare molto bene in determinate corse di un giorno, anche di alto livello; sul compagno di squadra di Joao Almeida e Tadej Pogacar forse potrebbero esserci delle chance anche in brevi corse a tappe, mentre per i Grand Tour la questione è più complicata. Classe 1998, il tempo è dalla loro.

Chissà se anche Matteo Sobrero non possa aver fatto quel passo che ci si aspetta. Sapevamo della sua abilità nelle prove contro il tempo, testimoniata dalla maglia tricolore, ma il trionfo a Verona gli regala il primo successo rilevante in carriera. Anche lui è uno che può andar forte in percorsi vallonati, merita di essere aspettato.

E poi, Alberto Dainese, colui che a Reggio Emilia ci ha regalato il sapore della vittoria dopo dieci tappe amare. I numeri in volata ci sono tutti, sono indubbi: lo sprint con cui ha strappato dalle mani il successo a Fernando Gaviria è uno di quelli da raccontare ai nipotini, di cui sono capaci in pochissimi. Se questo successo possa avergli dato quella convinzione nei suoi mezzi di cui necessita, potremmo aver trovato finalmente un uomo capace di combattere per le maglie a punti nei Grand Tour.

Foto: LaPresse

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