Pattinaggio Artistico
Pattinaggio artistico, Raffaella Cazzaniga si racconta a OA Sport: “È più facile imparare un triplo salchow che pattinare bene”
Una vita sul ghiaccio, costellata da successi sia come atleta che come allenatrice e coreografa. Raffaella Cazzaniga, monumento del pattinaggio di figura italiano, ha vissuto in prima persona la nascita e l’esplosione dei talenti più grani del nostro movimento, da Barbara Fusar Poli, danzatrice che ha cresciuto, a Stefania Berton passando per Valentina Marchei e Nicole Della Monica-Matteo Guarise.
Attualmente in forza nello staff di Barbara Luoni, dove lavora alle coreografie delle due coppie di enorme talento Sara Conti-Niccolò Macii e Laura Barquero-Marco Zandron, Cazzaniga collabora stabilmente anche con l’Austria, Paese di uno dei suoi atleti di punta Maurizio Zandron, oltre che con il mondo delle rotelle, portando il suo bagaglio artistico anche ai “cugini” rotellisti.
Abbiamo intercettato Raffaella Cazzaniga, discutendo con lei non solo degli inizi della sua carriera ma anche di tematiche importanti come il parallelismo tra ghiaccio e rotelle confrontate con il cambio di regolamento, l’importanza della pattinata, per certi versi più difficile della componente tecnica, oltre che la situazione di Laura Barquero, risultata positiva a un test anti doping alle Olimpiadi di Pechino 2022.
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Raffaella, la sua carriera è costellata da tantissimi successi sia come atleta che come allenatrice e coreografa. Quando è iniziato tutto?
“Ho iniziato al Fiorani da piccola con Silvana Romanò, insegnante di quasi tutti i danzatori della mia epoca e anche di quella prima, per intenderci fino a Caligari-Camerlengo. Poi mi sono trasferita dal Fiorani pista diventata poi quella del GEAS dove è nata formata la Fusar Poli, al Piranesi; lì ho iniziato a pattinare in coppa prima con Massimo Crippa e poi con Roberto Modoni: ho gareggiato dal 1972-1973 fino al 1987-1988. Ho vinto in coppia dei Campionati Italiani Juniores e disputato due Mondiali Junior, in Senior abbiamo invece conquistato più volte il secondo posto Nazionale e raccolto tanti successi in gare internazionali che erano i Grand Prix di oggi per intenderci. la Rostelecom Cup di adesso per esempio prima si chiamava Nouvelles de Moscou (in francese sponsorizzato dal giornale medesimo), partecipavano coppie russe fortissime, poi c’era lo Skating Ecelctric, un’altra gara importante che si svolgeva in Inghilterra. In Junior invece c’erano poche competizioni: c’erano i Mondiali e un paio di prove internazionali, il circuito Junior Grand prix non esisteva quindi i giovani non avevano grandi possibilità di gareggiare”.
Quando è iniziata invece la sua carriera come allenatrice?
“Nel 1985 io pattinavo ancora e ho iniziato ad insegnare perché ero un po’ stufa: noi davanti avevamo sempre il grande Roberto Pelizzola con Isabella Micheli, che però non riuscivano ad arrivare tra i primi dieci, posizione che consentiva di staccare la qualificazione anche per noi in ottica Olimpiadi e Mondiali. A quel punto ho deciso di insegnare, seppur ancora proseguendo l’attività agonistica. Il mio primo insegnamento è stato al GEAS, proprio nella pista da dove ero partita. Mi hanno dato il corso d’avviamento e lì c’era Barbara Fusar Poli che ho seguito fino alla categoria Senior quando ancora era in coppia con Matteo Bonfà: loro hanno vinto il titolo Allievi, Junior abbiamo fatto due Mondiali Junior entrando nei dieci dopo tantissimi anni che non accadeva all’Italia. Nel frattempo nel 1987 ho smesso di pattinare e contemporaneamente il GEAS da lì in avanti ha sfornato tantissimi Campioni nella danza e nell’artistico; all’epoca c’era Cristina Mauri con la quale ho iniziato a collaborare e collaboro tutt’ora, insieme poi ci siamo trasferite nel 1992 al Forum. Poi successivamente Barbara ha trovato Maurizio Margaglio iniziando il loro percorso trionfale con Paola Mezzadri e Roberto Pelizzola. Al Forum con Cristina Mauri abbiamo iniziato invece a lavorare con Valentina Marchei Stefania Berton, Francesca Rio, Maurizio Zandron che c’è tutt’ora, dopo di che con Della Monica-Guarise, con loro abbiamo ottenuto tantissimi successi. Maurizio poi dopo il 2018, anno dove sono emersi alcuni problemi, ha deciso di pattinare per l’Austria: è stata la sua fortuna, se l’avessimo fatto anni anni prima a quest’ora sarebbe tra i primi dieci in Europa. Adesso con le coppie collaboro invece con Barbara Luoni, nello specifico per Sara Conti-Niccolò Macii e Laura Barquero e Marco Zandron all’IceLab di Bergamo, Centro di eccellenza ISU diretto da Franca Bianconi“.
E per ciò che concerne il mondo della coreografia, quando è arrivata la sua folgorazione?
“Io ero sempre una molto forte nei liberi: coreografia e interpretazione mi sono sempre piaciute tantissimo e da atleta ero più forte dal punto di vista coreografico che atletico. Dopo l’ho approfondita con tanti coreografi e allenatori. Ho passato ad esempio tante estati a Boston con Mark Mitchell e Peter Johansson, lì ho imparato tanto per i singoli, con Barbara Fusar Poli andavamo invece tantissimo in Francia da Muriel Boucher Zazoui, coach d Anissina-Peizerat, da lì ho imparato e mi sono piano piano specializzata. Ho iniziato a seguire il teatro e il balletto, motivo per cui collaboro tutt’ora con Prisca Picano, ex Prima ballerina del San Carlo di Napoli, con cui studio tutte le parti coreografiche“.
Il mondo delle rotelle sta attraversando un momento a dir poco rivoluzionario. Nel 2019 infatti è cambiato il regolamento e il sistema di punteggio, dando vita agli stessi cambiamenti che ha avuto il ghiaccio nel 2004 con l’introduzione dell’ISU Judging System. Cosa si ricorda di quel periodo? Com’è stato il passaggio nel mondo delle lame?
“Ho avuto modo di osservare cosa succede nelle rotelle. Con Barbara Luoni collaboriamo infatti con Stefano Rossi, io mi occupo principalmente di skating skills e Barbara cerca di portare la sua esperienza tecnica nelle rotelle. In passato poi ho anche lavorato tanto con Patrick Venerucci e Cristina Pelli. Io ho vissuto il cambio del regolamento del sistema di punteggio e ti assicuro per esempio Valentina Marchei era una grandissima interprete ma un po’ meno precisa sul versante skating skills. I ragazzi che non erano abituati inizialmente hanno fatto tanta fatica. Molte scuole allora hanno iniziato a collaborare con gli insegnanti di danza per cominciare a sviluppare in modo più concreto i fili, i becchi, i twizzles, i piegamenti, tutta questo a mio avviso andrebbe fatto in modo ancora più approfondito nelle rotelle“.
Sono cambiati proprio i connotati da un punto di vista di preparazione quindi…
“Noi sul ghiaccio facciamo tanti allenamenti con grandi pattinate. Nelle società è sempre presente un allenatore di danza con cui si lavora appunto su questo, su piegamenti, becchi, fili, incrociati; il pattinaggio in questo modo si è evoluto. Possiamo dire che gli italiani sotto questo punto di vista sono tra i migliori, pensiamo a Carolina Kostner, Valentina Marchei, Stefania Berton, Matteo Rizzo ma anche Daniel Grassl che è migliorato tantissimo in questo ultimo periodo. Lara Naki Gutmann è spaziale sotto questo aspetto e, guardando allo scorso quadriennio, anche Giada Russo pattinava molto bene. Noi facciamo tutti i giorni con gli individualisti dalla mezz’ora ai quaranta minuti di pattinata, poi si fa anche privatamente durante la costruzione dei programmi. Se non lo fai tutti i giorni non lo impari, è veramente difficile, nelle rotelle la mia impressione è che si faccia ancora troppo poco“.
La sensazione è che non tutti, anche sul ghiaccio, lavorino come si dovrebbe su questo aspetto…
“In Austria, Paese con cui collaboro, viene spesso Stèphane Lambiel con i suoi allievi Shoma Uno e Deniss Vasiļjevs, tutti questi allenano tantissimo la pattinata ancora oggi, oltre che gli incrociati, i fili, vende e contro vende; poi chiaro, se devi fare un quadruplo queste cose le fai meno bene ma non saranno mai fatte male. Ci vogliono tantissime ore, è molto più facile imparare un triplo salchow che pattinare bene. Anche Matteo Guarise e Dario Betti quando sono venuti sul ghiaccio hanno dovuto lavorare tantissimo su questo aspetto. Ad ogni modo, è molto più facile agire con i bambini rispetto agli adulti“.
La differenza tra bambini e adulti si sta delineando anche nelle rotelle. Basta vedere le gare delle categorie giovanili, i ragazzini sono più avvantaggiati in quanto hanno già iniziato a pattinare con questo tipo di mentalità. Anche sul ghiaccio è stato così?
“Per i bimbi è semplice, con gli adulti devi insistere di più, con Valentina facevo un’ora tutti i giorni, lei era cresciuta con altri schemi motori, tutte le grandicelle facevano più fatica con il nuovo sistema, Carolina compresa, proprio lei che rimane oggi la più grande per ciò che concerne le skating skills“.
Da coreografa, come funziona il suo lavoro da un punto di vista creativo? Le capita di ascoltare una musica e di associarla subito ai suoi atleti?
“Ti faccio un esempio parlando di Maurizio Zandron, che pattina da una vita con me. Appena sento una musica, se adatta mi viene sempre in mente lui; ci conosciamo, montare i programmi con lui è facilissimo. Lui è un artista, gli manca soltanto il quadruplo ma è stato tanto per tanto fermo e si è demotivato; nelle sue gambe avrebbe sia il quadruplo lutz che il quadruplo loop, ormai però ha 28 anni. Se il cambio di Nazionalità fosse avvenuto 7-8 anni fa le cose oggi sarebbe diverse“.
Ci sono dei programmi che ha creato a cui è particolarmente legata?
“Guardando la storia recente ti direi Il “Cappellaio matto” di Maurizio Zandron e “L’albero della vita” di Della Monica-Guarise presentato nella stagione Olimpica 2018, un capolavoro. Io ne ho avuti tanti e tanti che mi hanno dato molte soddisfazioni, ognuno di loro mi ha lasciato qualcosa. Ma con “Magnificat” e “L’albero della vita” Nicole e Matteo si sono superati, come quest’anno Maurizio ai Mondiali con Michael Jackson raccontando anche nello short la storia della terra registrando il nuovo personal best di 228.27; Sara e Niccolò agli Europei mi hanno commosso, così come Laura e Marco, purtroppo però è arrivata questa positività per Laura che è stata una doccia fredda“.
A proposito, ci sono degli sviluppi in tal senso?
“Laura e Marco si trovano in questa situazione dopo le Olimpiadi di Pechino, Laura la conosco bene, è una persona trasparente che non ha mai nascosto niente a nessuno e ha sempre dato il massimo nello sport e tutti i suoi risultati sono dovuti solo al duro lavoro; è una situazione molto difficile per loro ma lei è molto forte e sono sicura che insieme supereranno questo periodo”
Tra poco meno di un mese ci sarà l’attesissimo convegno ISU, dove verranno sicuramente cambiate alcune norme regolamentari. Dipendesse soltanto da lei, cosa modificherebbe?
“Io cambierei per il mio settore qualcosa nell’ambito dei components, arriviamo fino a 10.0 e un bravo pattinatore non potrà mai eguagliare un avversario che fa tre quadrupli. Noi allenatori siamo dei professionisti, i giudici invece fanno altri lavori e giudicano per hobby. La cultura dell’arte a volte non viene capita, i components vengono quindi spesso valutati anche in base al tecnico. A parte Jason Brown, in pochi arrivano sopra 9 pur pattinando benissimo magari perché non sono competitivi da un punto di vista tecnico“.
Sembra sia certo l’innalzamento dell’età in categoria Senior da 15 a 17 anni. Lei si trova d’accordo con questo?
“Assolutamente sì; la proposta passerà senza problemi. Tra l’altro, vista la situazione, non immagino di vedere i russi presto in gara. Questo mi dispiace anche per Laura e Marco, senza la squadra russa, fortissima, al momento potrebbero avere la possibilità di fare bene sia in ambito Europeo che Mondiale. Loro piacciono molto, hanno un triplo twist che è spaziale, loro si presentano in modo vincente in questo senso, il twist è un biglietto da visita come il triplo axel per i singoli“.
Come migliorare le valutazioni delle components? Forse dividere le giurie potrebbe essere una soluzione, ma i costi sarebbero proibitivi…
“Io capisco che tu non possa prendere una giuria composta da ballerini ed etoile ma tra i giudici io mettere un allenatore di danza e un ballerino che capisca il movimento del corpo. Le components non sono la manina o la mossettina, Papadakis-Cizeron del linguaggio del corpo ne hanno fatto una tecnica, Virtue-Moir anche, ma ci hanno messo tanto tempo. Se sculetti non dovrebbero aumentare le components, ma dobbiamo avere gente che ne capisca. I ragazzi investono e stanno in sala danza ore. Ci vorrebbe qualcuno che capisca questa cosa, capisca la pattinata insieme ai giudici di artistico. Se tu metti una giuria di gente che capisce di danza, le components saranno per forza diversi“.
Abbiamo visto a più riprese anche che il tecnico pompa le components, spesso quando i programmi sono ricchi di salti quadrupli…
“Anche la valutazione della coreografia devi darla in mano a gente che ne capisca di danza, è una cosa importante. C’è gente che non ha coreografia, ma ha i quadrupli e salgono in components. I components sono Carolina Kostner, per fare un esempio, ma solo con il balletto classico riesci a fare determinate cose. I miei atleti con il balletto fanno grandissime cose, se non le consideri e pensi che siano validi gli sculettamenti mandi un messaggio sbagliato e porti anche tanti ragazzi a fermarsi. Io metterei anche dei limiti sui quadrupli: se tu ne metti cinque il programma non ha senso, perché per farli devi prendere velocità e concentrazione e non puoi, a parte rarissime eccezioni, certamente pensare alla venda, alla controvenda o al body movement: mettiamo un limite massimo. Qui ormai è una gara al quadruplo e non ci sono più programmi, questo ricade tutto negli atleti, specie quelli più piccoli dove la scuola non aiuta di certo“.
Ha toccato un tasto dolente. Sia nel ghiaccio che le rotelle le voci sono unanimi. Moltissime scuole non aiutano per niente gli agonisti…
“In Italia devi costruire anche un tuo futuro, a volte non puoi permetterti di pattinare e basta; se vogliono competere i ragazzini sono costretti a fare tante ore sul ghiaccio e devono fare i salti mortali per far combaciare pattinaggio e scuola. Spesso però se uno manca per le gare internazionali viene interrogati il lunedì successivo e prende 4, allora serve per forza la scuola privata e i genitori sono costretti a spendere ancora una volta ua barca di soldi. Non va bene“.
Foto: Instagram Raffaella Cazzaniga