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Roland Garros 2022, Martina Trevisan è nella storia. Tutte le italiane arrivate in una semifinale Slam

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Martina Trevisan, con il successo di oggi contro la canadese Leylah Fernandez, diventa l’ottava giocatrice italiana ad issarsi fino alla semifinale di un torneo del Grande Slam. E lo fa dopo una vita sportivamente incredibile, per come si è sviluppata: ora, a 28 anni, arriva la gioia più grande di una traiettoria che soltanto a inizio Anni 2010 sembrava un lontano ricordo appartenente alle speranze perdute.

E dire che fino solo a 12 anni fa le emozioni Slam a livello di migliori quattro, al femminile, l’Italia le aveva letteralmente vissute con il contagocce (non che al maschile andasse particolarmente meglio, questo va messo in chiaro). Prima dell’era Schiavone-Pennetta-Errani-Vinci, infatti, solo in tre avevano raggiunto il penultimo atto in uno dei quattro tornei maggiori.

La prima di esse ha anche una storia particolare. Maud Rosenbaum, infatti, fu atleta a tutto tondo. Cominciò con l’atletica, con il getto del peso, dove nel 1922 vinse la medaglia di bronzo. Ma lo fece per gli Stati Uniti, sua terra di nascita. Fu il matrimonio col barone Giacomo Giorgio Levi a darle la possibilità di giocare per l’Italia, cosa che fece per sette anni. In mezzo ci mise una semifinale a quelli che allora si chiamavano US National Championships. Finita in una sezione di tabellone che le consentì di partire dal secondo turno, batté Le Florence Le Boutillier 6-1 6-3, Josephine Cruickshank 7-5 1-6 6-1 e Penelope Anderson 4-6 6-4 7-5, prima di perdere 6-2 6-3 in semifinale da Anna Harper, che però non riuscì a vincere quella che sarebbe rimasta l’unica finale in carriera nel torneo. Nel 1934 divorziò da Levi e perse automaticamente la cittadinanza italiana, risposandosi con Walter Blumenthal di New York.

GIOCONDA! Martina Trevisan strabilia: è in semifinale al Roland Garros 9 anni dopo Sara Errani!

Nel 1949, il nome ufficiale del Roland Garros non era “Open di Francia”. Si trattava invece di “Internationaux de France”, perché l’Era Open sarebbe iniziata di lì a poco meno di vent’anni. Ed emerse una storia del tutto particolare, quella di Anneliese Ullstein. Così si chiamava lei alla nascita, a Dresda, nel 1915. Nei suoi viaggi in Italia conobbe e sposò Renato Bossi, anche lui tennista, di Milano, e divenne Annalisa Bossi. Il marito si congedò da questo mondo nel 1947 a causa di un incidente aereo, lei continuò la propria carriera con risultati dal buono all’ottimo, tanto da risultare spesso tra le prime 10 teste di serie negli Slam. E in Francia questa nomea la rispettò in pieno, in quel 1949: partì dal secondo turno e sconfisse le francesi Paulette Ravoux 6-1 6-3 e Monique Hamelin 6-4 6-1, prima di battere, nei quarti (al tempo si giocava su sei turni e non su sette), la britannica Joan Patricia Curry per 6-3 4-6 6-3. Fu Nelly Adamson, belga di nascita, ma francese da prima della Seconda Guerra Mondiale, a fermarla in semifinale per 6-3 6-0. La sua carriera durò ancora a lungo, fino alle soglie degli Anni ’60, dopo un altro matrimonio con Giorgio Bellani, divenuto poi il primo telecronista di tennis della Rai.

Passarono cinque anni, e fu la volta di Silvana Lazzarino. Crebbe quando la luce di Annalisa Bossi era ancora viva, e come lei vinse a Montecarlo, che al tempo era torneo anche femminile (lo sarebbe stato fino al 1982, benché il confronto con l’albo d’oro maschile sia impietoso). A 21 anni raccolse la miglior stagione della sua vita: il 1954 la vide numero 4 del tabellone parigino. Il primo turno l’accoppiò alla francese Janine De La Giroday, poi batté la belga Poucette Coessens 7-9 6-0 6-0 e le altre francesi Suzanne Schmitt 6-1 6-4 ed Anne-Marie Seghers 6-3 6-3. In semifinale, però, trovò colei che l’anno prima aveva realizzato il Grande Slam, “Little Mo”, Maureen Connolly. Risultato: 6-0 6-1, e l’americana, che un cancro alle ovaie si sarebbe portata via nel 1969, si lanciò verso un altro pezzo di storia che ancora oggi merita tante citazioni.

Da Silvana Lazzarino passò un tempo quasi infinito e parecchie illusioni svanite anche a un passo dal compiersi. Il 2010 del Roland Garros non pareva diverso dagli altri: Francesca Schiavone si trovò a 7 punti dalla sconfitta contro la russa Regina Kulikova, indiziata per giocare da italiana, ma che non lo divenne mai (e neppure ebbe risultati di rilievo). Cosa sia successo da quel momento è storia nota: 5-7 6-3 6-4 in quel frangente, 6-2 6-2 all’australiana Sophie Ferguson in una giornata disturbata dalla pioggia, 6-4 6-2 alla cinese Na Li che non ci capì niente da metà primo set in poi, 6-4 6-4 alla russa Maria Kirilenko, 6-2 6-3 alla danese Caroline Wozniacki sfiancata adeguatamente da Flavia Pennetta due giorni prima, 7-6(3) sulla russa Elena Dementieva prima del ritiro di lei (stette fuori due mesi), infine 6-4 7-6(2) sull’australiana Samantha Stosur, con le telecamere di Rai2 che a un certo punto segnarono oltre tre milioni e mezzo di persone collegate, un numero enorme considerando che della diretta si seppe solo la sera prima.

La milanese replicò nel 2011 l’approdo in finale, ma sudò molto di più. Dopo il 6-2 6-0 all’americana Melanie Oudin, il 6-1 6-2 alla russa Vesna Dolonts (o Vesna Dolonc o Vesna Manasieva a seconda delle situazioni) e il 6-3 1-2 su Shuai Peng prima del ritiro della cinese, il duello con la serba Jelena Jankovic, altra che di rosso ne sapeva qualcosa, fin’ 6-3 2-6 6-4. Nei quarti, emerse da una situazione di 1-6 1-4 per battere la russa Anastasia Pavlyuchenkova per 1-6 7-5 7-5 e, tornata in semifinale, demolì la francese Marion Bartoli per 6-3 6-3. La finale con Na Li, però, andò in modo diverso: una chiamata sbagliata di Louise Engzell e svanì una rimonta, e fu 6-4 7-6(0) in suo sfavore.

Nel 2012, invece, fu Sara Errani a emergere. E lo fece nell’anno dell’esplosione: con tre tornei vinti nell’anno, si sbloccò battendo l’australiana Casey Dellacqua 4-6 6-2 6-2 e l’americana Melanie Oudin 6-2 6-3, poi rimontò la serba Ana Ivanovic (facendola uscire mentalmente dalla partita) per 1-6 7-5 6-3 e collezionò questa sequenza: Svetlana Kuznetsova (Russia) 6-0 7-5, Angelique Kerber (Germania) 6-3 7-6(2) e Samantha Stosur (7-5 1-6 6-3). Solo Maria Sharapova riuscì a fermarla in finale, 6-3 6-2. A Parigi tornò in semifinale anche l’anno successivo, da numero 5 del mondo quando le prime quattro avevano i nomi Serena Williams, Sharapova, Azarenka e Radwanska: questione da poco con l’olandese Arantxa Rus (6-1 6-2), la kazaka Yulia Putintseva (6-1 6-1) e la tedesca Sabine Lisicki (6-0 6-4), ma con la spagnola Carla Suarez Navarro fu lotta epica, una delle tante: da 5-7 2-4 a 5-7 6-4 6-3. Con la polacca Agnieszka Radwanska altro match godibilissimo (benché Istanbul 2012, pur andato male, rimanga ineguagliato e vergognosamente dimenticato), 6-4 7-6(6) e semifinale. Dove Serena Williams si erse nella forma di un 6-0 6-1.

In mezzo ci furono gli US Open 2012, torneo particolare per mille motivi, ma chiuso sempre per mano dell’allora numero 1 del mondo (6-1 6-2). Al primo turno ci fu subito una giovane, ma già rampante, Garbine Muguruza; la spagnola fu sconfitta per 6-3 6-7(6) 6-1. Fu poi il turno delle russe Vera Dushevina (6-0 6-1) e Olga Puchkova (6-1 6-1), prima di una (non) rivincita su Angelique Kerber, 7-6(5) 6-3. Fu certa un’italiana in semifinale, perché nel frattempo Roberta Vinci si era liberata di Agnieszka Radwanska (6-1 6-4): tra le due che, insieme, hanno fatto il Career Grand Slam in doppio finì 6-4 6-2 Errani. Ad oggi, la la bolognese è colei che vanta il maggior numero di semifinali Slam per un’italiana: tre.

Nel 2013, ancora agli US Open, capitò una parte di tabellone a dir poco strana. Cinque italiane erano tutte in un unico quarto di finale; sfuggì solo Francesca Schiavone, che però fu sorteggiata contro Serena Williams con immaginabile esito (per la cronaca, fu 6-0 6-1). I derby furono quattro, ma a emergere, dopo una stagione a dir poco terribile anche per ripresa da guai fisici, fu Flavia Pennetta. Che, dopo il 6-0 6-2 all’americana Nicole Gibbs, batté Sara Errani (che sfogò una serie di malesseri psicologici in sala stampa) 6-3 6-1, Svetlana Kuznetsova 7-5 6-1, la rumena Simona Halep al tempo in enorme scalata per 6-2 7-6(3) e Roberta Vinci, che nel frattempo aveva eliminato sia Karin Knapp che Camila Giorgi, per 6-4 6-1. Lo stop, in un confronto nel quale il servizio fu un optional per tutte e due, glielo intimò la bielorussa Victoria Azarenka per 6-4 6-2.

E venne il 2015, sempre a New York. In quel torneo, per i colori italiani, successe davvero di tutto già senza ricondursi al semplice esito finale. Da una parte ci fu Flavia Pennetta, che si liberò dell’australiana Jarmila Gajdosova (per un periodo Groth) 6-1 3-6 6-1, poi batté la rumena Monica Niculescu 6-1 6-4, la ceca Petra Cetkovska 1-6 6-1 6-4 e Samantha Stosur, talismano di una carriera, 6-4 6-4, prima di fermare le randellate della ceca Petra Kvitova per 4-6 6-4 6-2.

Dall’altra parte del tabellone, Roberta Vinci si fece strada eliminando la statunitense Vania King 6-4 6-4, la ceca Denisa Allertova 2-6 6-3 6-1, la colombiana Mariana Duque Marino 6-1 5-7 6-2. In teoria doveva venire Eugenie Bouchard, ma la canadese scivolò in spogliatoio, batté la testa, ebbe una commozione cerebrale, si ritirò e poi fece causa alla USTA, con le parti che si accordarono meno di tre anni dopo. Nei quarti, fu la francese Kristina Mladenovic a cedere per 6-3 5-7 6-4.

L’una, dopo sei quarti newyorkesi e uno a Melbourne, era in semifinale per la seconda volta, l’altra stava esplorando questi lidi per la prima volta dopo l’assaggio chiamato migliori otto di due anni prima. Di fronte c’erano le prime due del ranking WTA. A Pennetta toccò Simona Halep, a Vinci Serena Williams. Flavia completò un’opera di smantellamento di ogni parte del gioco della rumena, reso su carta e penna come 6-1 6-3. Roberta tirò fuori l’impresa della vita: con Serena a due match dal Grande Slam e prezzi dei biglietti ormai alle stelle lasciò sfogare l’avversaria per un set, poi diede vita a quel che si riteneva impossibile: 2-6 6-4 6-4. Fu finale tutta tricolore, con 7-6(4) 6-2 per la brindisina. L’ultimo Slam vinto da un’italiana fu quello. E furono, contemporaneamente, anche le ultime due semifinali Slam. Prima di oggi, chiaramente.

Foto di copertina: LaPresse. Foto nel testo: LaPresse / Olycom

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