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Ciclismo

Vincenzo Nibali nel cuore come Pantani: l’ultimo campionissimo di un ciclismo italiano che non esiste più

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É la fine di un’era. Un velo di malcelata malinconia aleggia nell’aria: Vincenzo Nibali a fine stagione si ritirerà. Il momento è arrivato, inevitabile. E’ la vita: sai che prima o poi la campana del capolinea suona inesorabile, il problema è che non sei mai davvero pronto ad affrontarla. Vorresti che il tempo si fermasse, addirittura che tornasse indietro. Ma ciò che resta sono solo i memorabili ricordi, indelebili.

Ci sarà un prima e un dopo Vincenzo Nibali nella storia del ciclismo italiano. E’ stato il degno erede di Marco Pantani e, prima di lui, Felice Gimondi, Fiorenzo Magni, Fausto Coppi, Gino Bartali, Costante Girardengo. Un eroe popolare, l’ultimo campionissimo. L’italiano medio pensava al ciclismo e subito lo associava allo Squalo dello Stretto. Ha vinto tutto, un fuoriclasse irripetibile. Un fenomeno nei Grandi Giri, capace di aggiudicarsi l’ambita Tripla Corona: 2 i trionfi al Giro d’Italia, 1 al Tour de France, 1 alla Vuelta. Un fenomeno totale, capace di esaltarsi anche nelle classiche di un giorno, come testimoniano le tre Monumento in bacheca (1 Milano-Sanremo, 2 Giri di Lombardia).

Vincenzo Nibali era ed è speciale. Non conta solo vincere, non è questo che cattura l’amore della gente. Sono le emozioni, i brividi di un momento che rendono un corridore immortale. Il siciliano ha regalato imprese scolpite nella storia: lo ha fatto con fantasia, classe, talento ed anche un pizzico di follia. Ci ha sempre messo il cuore, ci ha provato in tutti i modi, non si è mai arreso: ciò lo ha reso grande anche nelle sconfitte. Quando in gara c’era Vincenzo Nibali, sapevi che qualcosa poteva sempre accadere da un momento all’altro.

Il trionfo nella tormenta di neve nel tappone delle Tre Cime di Lavaredo nel 2013, il capolavoro sul pavé al Tour de France 2014, la rimonta irreale al Giro d’Italia 2016, anche grazie al prezioso supporto dell’indimenticabile amico Michele Scarponi: stiamo parlando di antologia del ciclismo. Tanti successi, ma anche le delusioni ineluttabili nella carriera di chiunque, anche dei campioni assoluti. I rimpianti più grandi? La caduta in discesa alle Olimpiadi di Rio 2016, quando era probabilmente lanciato verso l’oro, e la follia di un tifoso che lo fece cadere al Tour de France 2018, costringendolo al ritiro: all’epoca era in gran forma ed un posto sul podio sembrava alla portata.

Gli ultimi sprazzi del vero Nibali si sono visti nel 2019, quando giunse secondo (con grande rammarico) nel Giro d’Italia di Carapaz, quello famoso per la marcatura reciproca con Primoz Roglic, poi futuro dominatore della Vuelta. Nel 2020, in concomitanza con la pandemia, l’età ha iniziato a presentare il conto. D’altronde è successo a tutti, anche ai monumenti: lo stesso Fausto Coppi, negli ultimi anni di carriera, era ormai diventato solo una pallida ombra del fuoriclasse che aveva dato spettacolo per oltre una decade. Dire basta è difficile per chiunque, non è semplice capire il momento giusto. Con il senno di poi, forse lo Squalo avrebbe potuto farlo con una stagione d’anticipo, ma ogni scelta va assolutamente rispettata.

La tristezza ci assale, perché associamo metaforicamente l’annuncio del ritiro di Vincenzo Nibali con il tramonto del ciclismo italiano. Il siciliano, a poco a poco, era entrato nei cuori della gente, meritandosi il suo spazio di fianco a Marco Pantani: fu il degno successore del Pirata. Oggi un erede dello Squalo non solo non c’è, ma neanche si intravede a breve/medio termine. Noi, la nazione che ha vinto di più in assoluto sommando i trionfi nei Grandi Giri, nelle Classiche ed ai Mondiali, ci siamo ridotti a non avere più non dico un campione, ma neppure un corridore discreto da corse a tappe. E, cosa ancor più grave, non sembra esserci la volontà di cambiare da parte di chi dovrebbe avere a cuore il futuro di questo sport che sino a 20-30 anni fa era una sorta di religione per il popolo italiano, con tanti dei nostri nonni che interrompevano il lavoro per andare a guardare in tv la tappa del Giro d’Italia. Ci attendono anni difficili da accettare, relegati al ruolo di comparse ed aggrappati alla speranza (o al sogno?) che finalmente il vento possa cambiare. E allora penseremo ancor di più a Vincenzo Nibali, l’ultimo campionissimo di un ciclismo italiano che non esiste più.

Foto: Lapresse

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