Nessun risarcimento per le sale gioco chiuse dal Governo durante i lockdown, la conferma del TAR

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La pandemia ha gravato moltissimo su quasi tutti i settori commerciali ma, in particolar modo, sul settore ludico. Le sale scommesse, le sale slot, le sale bingo e i casinò, secondo quanto stabilito dai vari DPCM emanati dal Governo nel corso del 2020 e del 2021, hanno subito circa 6 mesi di chiusura: queste attività erano, in pratica, le prime a chiudere e le ultime ad aprire.

Se si paragona questo periodo con altri stati europei, l’Italia si piazza al primo posto, con 183 giornate di chiusura, seguita dalla Francia, che ne ha avute 160, e le 156 giornate della Germania.

Ne consegue una forte tensione tra i gestori e i dipendenti delle sale scommesse, fino al punto da chiedere dei ricorsi al Tar, l’ultimo dei quali è datato ai giorni scorsi.

Già lo scorso aprile, infatti, i titolari di alcune attività di gioco hanno presentato ricorso al Tar per chiedere un risarcimento economico come conseguenza delle ingenti perdite di denaro causate dalle chiusure imposte dal Governo. Ma il Tar lo aveva rigettato, ritenendo le chiusure in linea con i provvedimenti di contenimento della diffusione del Covid-19 in una situazione di emergenza sanitaria per la tutela della salute pubblica.

Inoltre, in una delle varie sentenze, il Tar ha specificato che:

“…le sospensioni imposte dal Governo venivano comunque compensate con l’elargizione di svariati ristori per le imprese coinvolte, volte a mitigare le inevitabili conseguenze negative dei provvedimenti impugnati. Ciò vale in particolare per i lavoratori che, attraverso vari ammortizzatori sociali, vedevano solo parzialmente compressa la propria retribuzione”.

Nuovo no del Tar al risarcimento danni per attività gioco chiuse per DPCM

Ma gli operatori di gioco non si sono arresti ed hanno presentato un nuovo ricorso, il quale è stato nuovamente bocciato dal Tar Lazio.

I giudici del Tribunale Amministrativo del Lazio hanno ritenuto illegittimo il ricorso di una società di gestione della raccolta delle giocate mediante apparecchi AWP e VLT, che chiedeva un risarcimento dei danni patrimoniali subiti in seguito al DPCM emanato dal Presidente del Consiglio il 14 gennaio 2021.

Pertanto, il Tar ha confermato la legittimità dei decreti e ritenuto infondata la domanda risarcitoria: il DPCM del 14 gennaio 2021 era idoneo a contenere quanto più possibile i contagi, poiché “la decisione, certamente dolorosa, di inibire l’esercizio delle attività delle sale da gioco appare sicuramente legittima, frutto di un’attenta ponderazione degli interessi in campo: la strategia politica di contenimento del virus mirava a ridurre le occasioni di infezione con la sospensione di attività non essenziali”.

E ha proseguito specificando: “Appare quindi evidente che, nell’amplissima discrezionalità di cui gode il Governo nel perseguire gli obiettivi di politica sanitaria prefissati – data la straordinaria situazione pandemica (v. Tar Lazio, sez. I, 19 febbraio 2021, n. 2102) – l’inibizione di attività quali quella della società ricorrente si rivela legittima. Tale conclusione appare corroborata dal parere reso nel verbale CTS 27 febbraio 2021, n. 161, che ribadiva come la sospensione delle attività delle sale da gioco fosse da collegare al rischio particolarmente alto di trasmissione del contagio, così fugando qualsiasi dubbio che la decisione poggi su giudizi etici o morali”.

Il ricorso dei titolari del settore gioco

Quello a cui si appellavano gli operatori del gioco era il fatto di aver adeguatamente adottato i protocolli di sicurezza per contenere i contagi già nel 2020 e garantito, con la riapertura dei locali, la fruizione in sicurezza del gioco lecito.

Inoltre, i titolari delle attività di gioco chiuse dal Governo durante la pandemia per effetto delle normative anti-Covid, contestavano che il Governo avesse inserito il settore del gioco legale tra le attività rischiose reputate non essenziali. Il settore del gioco e delle scommesse è, infatti, ancora oggetto di stigmatizzazione da parte di chi lo associa solo ai suoi effetti negativi che sfociano nella ludopatia, senza considerare che queste attività vengono promosse dal gioco responsabile e muovono un erario plurimiliardario nelle casse dello Stato (il danno erariale del 2020 ammonta a circa 4 miliardi).

Sono oltre mille le sale slot, i bingo e i casinò rimasti chiusi durante la pandemia (ed anche i bar e le tabaccherie hanno dovuto apporre i sigilli alle loro macchinette) – molti dei quali non hanno più potuto riaprire – con conseguenti migliaia di lavoratori rimasti a casa. Attività che, comunque, hanno dovuto spendere migliaia di euro per adeguarsi alle normative (installazione di plexiglas, disinfettanti e costanti sanificazione dei locali) e lavorare in sicurezza nei pochi mesi in cui gli era consentito farlo.

Infine, gli operatori del gioco legale hanno specificato che queste chiusure sono state complici dell’incremento del fatturato del gioco d’azzardo illegale: gli appassionati di scommesse, infatti, non sono rimasti con le mani in mano e si sono registrati nei moltissimi casinò online non AAMS esteri, che non sono da considerarsi pienamente illegali (in quanto spesso dispongono di autorizzazioni e certificazioni estere), ma non autorizzati in Italia, con una perdita di introiti e controllo da parte del nostro Ministero.

Foto: Shutterstock.com

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