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Sci di fondo, l’equiparazione delle distanze sarà un danno. Entrambi i sessi colpiti dal falso totem dell’uguaglianza

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Durante il congresso Fis tenutosi a fine maggio è stata presa una decisione storica, ovverosia quella di equiparare le distanze maschili e femminili nelle gare di sci di fondo. Infatti già a partire dalla Coppa del Mondo 2022-23, uomini e donne si confronteranno sul medesimo chilometraggio. Nelle competizioni con medaglie in palio, la novità dovrebbe invece diventare effettiva a partire dai Mondiali di Falun 2025, venendo poi implementata nel contesto dei Giochi olimpici a Milano-Cortina 2026.

La riforma è stata venduta come un epocale passo in avanti, ma ripulendo il nucleo della questione dalla melassa retorica da cui è stato ricoperto sia dalla Fis che da media fin troppo compiacenti, rappresenta l’ennesima svalutazione di una disciplina già oltremodo svilita. In pochi, per non dire nessuno, si sono soffermati sul modo in cui si è arrivati all’equiparazione delle distanze. Chi lo ha fatto è stato liquidato con un plissè, non provenendo da un ambito in linea con l’attuale clima politico occidentale. Cionondimeno, la realtà dei fatti è una sola e, per quanto distorta, non può essere negata. È palese come si sia agito al ribasso, perché si è optato per un grossolano compromesso tra i due sessi.

Sinora la distanza percorsa dalle ragazze era pari a poco più del 60% di quella della controparte dotata di cromosoma Y. Allo scopo di pareggiare i conti, la Fis ha innalzato di circa il 20% il monte-chilometri stagionali delle donne, riducendo in misura grossomodo analoga quello degli uomini. Attenzione però, perché credendo di comportarsi come alchimisti impegnati a trovare il giusto equilibrio con il bilancino, i padroni del vapore si invece sono mossi come dei macellai, agendo grossolanamente con una mannaia sul principio del un tanto al chilo.

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Ricordate le 15 km maschili contro il cronometro? Ricordatevele bene, perché probabilmente non le vedremo mai più. La nuova distanza standard maschile è di 10 km. Quindi le partenze a intervalli non cambieranno di una virgola per le donne, mentre subiranno un’autentica mutilazione per gli uomini, a spregio della tradizione e di una storia lunga ormai quasi 70 anni.

Si è inoltre stabilita in 20 km la lunghezza standard delle gare in linea. Dunque nuova amputazione di un terzo dei chilometri nel settore maschile, mentre in questo caso quello femminile vedrà la distanza salire del 33% negli skiathlon o addirittura del 100% nelle mass start! Quantomeno le 50 km non sono state toccate tra i virgulti. Quindi la conseguenza è quella di spingere anche le donzelle a esplorare un territorio a loro sinora sconosciuto.

Certo, ci saranno delle eccezioni in termini di distanza da percorrere, ma il calendario parla chiaro. Gli uomini nel 2022-23 avranno una sola gara di Coppa del Mondo più lunga di 20 km! Paradossalmente nel programma dei Mondiali di Planica, ancora legato alle logiche precedenti, ci saranno più competizioni superiori ai 20 km di quante ce ne siano nel resto della stagione! La situazione è diametralmente opposta per le donne, che si troveranno ad affrontare ben otto prove più lunghe di 15 km, quando non è mai capitato di averne più di tre nello stesso inverno!

Quindi, ricapitolando, la ricetta per giungere alla parità è stata quella di ridurre di un terzo la distanza maschile quasi ovunque, mentre in campo femminile si sono allungate brutalmente le prove in linea, tenendo invariate quelle contro il cronometro. Insomma, una logica perversa e totalmente asimmetrica, che cambierà totalmente i connotati dello sci di fondo. Anzi, a questo punto ci si permette di domandarsi se con una sola gara sopra i 20 km, si possa ancora legittimamente parlare di “sci di fondo” in campo maschile, oppure si debba pensare a a una denominazione differente per la disciplina.

Il paradosso è evidente. Si è voluta creare un’uguaglianza forzata, agendo in maniera totalmente diseguale sui due sessi. Da un lato si amputa senza ritegno, dall’altro si tira la corda con veemenza. Chi prende certe decisioni si è reso conto di quali conseguenze potrà avere un cambiamento di questa portata, dall’oggi al domani, sulla preparazione atletica? Soprattutto delle donne?

La domanda da porsi in realtà è una sola. Si sentiva davvero il bisogno di tutto questo? Dopotutto, cosa dovrebbe significare davvero “parità sessuale” nello sport, al di là delle etichette? Semplice, dovrebbe significare pari opportunità di gareggiare indipendentemente dalla presenza o meno del cromosoma Y nel proprio corredo genetico. Dunque avere un ugual numero di eventi a disposizione per ottenere la stessa gratificazione sportiva e remunerazione economica. Quest’ultima si raggiunge però solo dando la possibilità a entrambi i sessi di avere il medesimo appeal per il pubblico, in maniera tale che il valore delle gare maschili sia analogo a quello di quelle femminili.

Torniamo allo sci di fondo. La pari opportunità di gareggiare esiste da decenni. È dagli anni ’80 che uomini e donne hanno lo stesso numero di competizioni a disposizione. Riguardo l’appeal della disciplina, viene da chiedersi se mutilare le prove maschili, cambiandone totalmente le dinamiche, allungando al contempo metà di quelle femminili possa davvero essere d’aiuto in un senso piuttosto che nell’altro.

Sventolare entusiasti la bandiera dell’assoluta parità sessuale perché adesso uomini e donne si confrontano sulla stessa distanza è quanto di più ipocrita, miope, menefreghista e superficiale possa esserci. Equiparare il chilometraggio è una mera operazione di maquillage, una ritinteggiata alla facciata di un edificio strutturalmente decadente e dalle fondamenta marce.

Si dovrebbe innanzitutto ragionare sui format, nonché sulla struttura stessa della stagione e dei suoi calendari. Discorsi già fatti, inutile ripeterli. Se poi si avesse davvero a cuore la parità dei sessuale, che peraltro esisteva già da 40 anni, allora non ci vuole un genio per capire come si debba ragionare sulla durata delle gare, in maniera tale che uomini e donne effettuino sforzi analoghi e, al tempo stesso, possano garantire alle TV tempistiche similari!

Troppo difficile da capire? Evidentemente sì, se si pensa che mettere lo stesso numerino alla voce “chilometraggio” sia un progresso epocale, quando invece è una decisione destinata ad avere conseguenze nefaste per ambo i sessi, seppur in maniera differente. Perché chiaramente, se si corre sulla medesima distanza il rischio è che le competizioni maschili diventino troppo corte e/o quelle femminili troppo lunghe, con ovvie penalizzazioni nei palinsesti televisivi.

Insomma, lo sci di fondo maschile è stato castrato, quello femminile deformato come un vestito di piccola taglia dopo essere indossato da chi ha un fisico ben più imponente. Per parafrasare Calcago, Ubi calamitatem faciunt, progressum appellant. Questa è la sintesi perfetta della direzione presa dalla disciplina negli ultimi 20 anni. L’ultima decisione è semplicemente il non plus ultra di un processo iniziato già due decenni orsono e di cui lo sci di fondo pagherà le conseguenze in maniera sempre più salata.

Foto: La Presse

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