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Wimbledon 2022, Santopadre: “Matteo Berrettini più forte del 2021, sarebbe bello battere Djokovic e Nadal”

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Dopo l’infortunio alla mano destra che sembrava porre un freno alla stagione, Matteo Berrettini è tornato alle competizioni forte come non mai imponendosi nel torneo di Stoccarda e al Queen’s. Risultati superiori alle più rosee aspettative che ben dipingono la classe e la forza di volontà dell’atleta, pronto a stupire di nuovo tutti sull’erba leggendaria di Wimbledon.

La finale nella rassegna tennistica più importante al mondo sembra alla portata: le condizioni fisiche appaiono ottimali ed il livello di gioco è a dir poco stratosferico. Dario Puppo ha intervistato per Sport2U Vincenzo Santopadre, allenatore di Berrettini che lo segue dal lontano 2011: il coach ha raccontato alcuni dettagli interessanti sulla stagione in corso, focalizzando le attenzioni sugli imminenti obiettivi e sul grande carisma del classe ’96 originario di Roma.

Matteo Berrettini ha fatto qualcosa di straordinario vincendo al Queen’s dopo l’affermazione di Stoccarda, nonostante l’intervento chirurgico alla mano. Quali sono le tue emozioni a riguardo?
“Sì, Matteo è stato straordinario e non possiamo che essere soddisfatti e felici per quanto accaduto in queste due settimane incredibili. Neanche il più grande dei sognatori poteva immaginare un ritorno di questo tipo. A Matteo piace sorprenderci sempre e dobbiamo rendergli merito per questa enorme forza di volontà che lo porta a fare cose straordinarie”.

Di solito si giudica la qualità di uno sportivo dal modo in cui si rialza. Matteo si è rialzato in modo incredibile, se consideriamo anche quanto accaduto alle ATP Finals…
“Gli infortuni ravvicinati potevano essere un uno-due devastante per chiunque, soprattutto per quanto riguarda le Finals di Torino: un torneo di grande prestigio e dall’alto livello emozionale a cui Matteo teneva da morire; l’evento che gli è successo era la cosa peggiore che potesse accadergli, sarebbe stato meglio perdere al terzo set contro Zverev e fare altre due o tre partite per gustarsi quello che si era guadagnato sul campo. Matteo però ha le molle, a volte sembra non cadere mai… Talvolta mi domando se sto diventando troppo tifoso di Matteo ma cerco di guardarmene bene. Credo sia anche migliorato, in questo periodo di pausa ne abbiamo approfittato per fare dei lavori che non avremmo potuto impostare nel lungo periodo perché i tornei e la programmazione sono incalzanti. Alla fine quasi dobbiamo ringraziare questo infortunio”.

Sembra che Matteo abbia sviluppato più sensibilità sulle palle morbide, si muove meglio e ci sono stati dei miglioramenti oggettivi sul rovescio…
“Ha fatto un gran lavoro di preparazione dal punto di vista fisico e credo si veda, per quanto riguarda il rovescio è miglioratissimo. Dal lato sinistro è migliorato anche a livello di coordinazione e adesso si fida di più del suo rovescio. Ha ben chiaro che nelle partite i punti li porta a casa non tanto con quel colpo ma soprattutto con il servizio e con il dritto, comunque questo non significa che non dobbiamo lavorare sul lato sinistro, sul rovescio e sulle volée. Non penso che sia migliorato nelle volée ma ha fatto progressi nell’andare a rete, cosa che abbiamo allenato parecchio. Ci va molto più spesso ed ha preso fiducia, questa qualità lui già ce l’aveva, ma forse non si vedeva. Adesso si nota maggiormente e non è più un evento sporadico che lui faccia una stop volley”.

Il manto del Queen’s sembrava più lento rispetto a Stoccarda…
“Più che il manto, Stoccarda è un pochino più alta, la palla viaggia di più. Ne parlavo poco fa con il mental-coach Stefano Massari. Lui quando vinse a Stoccarda non perse mai il servizio, mentre a Matteo è successo che perdesse il servizio sia a Stoccarda che al Queen’s. Sull’erba si hanno meno soluzioni rispetto alle altre superfici, ma se sei più forte le occasioni arrivano. Matteo credo sia diventato più forte di un anno fa, la cosa più confortante per me e gli appassionati è la sua voglia di superarsi, ogni partita diventa più forte e più esperto. Ha lo stimolo di volersi migliorare”.

Sembra quasi che gli avversari patiscano una sorta di sudditanza psicologica contro Matteo. Sanno di avere dall’altro lato del campo un gran servizio, un gran dritto e anche un rovescio più completo.
“Sono d’accordo. Matteo soprattutto a Stoccarda con Kudla non ha espresso il suo miglior tennis, ma lui ne è consapevole ed è una cosa positiva. Nella semifinale e nella finale al Queen’s abbiamo anche spostato l’attenzione sull’avversario”.

Nella copertina dell’Equipe dedicata a Matteo lui afferma di poter battere Djokovic e Nadal.
“Credo che sia giusto dirlo, è abbastanza oggettivo il fatto che lui giocandoci non si è sentito così lontano dal loro livello. Non sarebbe una cosa fuori dal mondo batterli. Con Djokovic a Parigi non è andato per nulla lontano dal poter vincere quella partita, stessa cosa con Nadal a Melbourne. Rispetto a questi due grandissimi campioni Matteo sta facendo esperienze più forti, giocare la prima semifinale dello Slam non è come giocare la ventinovesima o la trentesima”.

La regola Tommasi non è banale, ma Berrettini anche quando vince un torneo gioca la settima dopo e spesso arriva alla seconda settimana.
“Quando si vince un torneo si può essere appagati, poi cambiare località può rappresentare una difficoltà aggiuntiva. Ho due episodi fortissimi impressi nella carriera di Matteo: il primo quando ha vinto Gstaad da outsider. Lui quando ha vinto il singolo poi ha giocato il doppio con Bracciali e la settimana successiva a giocato a Kitzbuehel con il coltello tra i denti fin dal primo turno; il secondo, forse ancora più clamoroso, è stato quando ha fatto finale a Madrid l’anno scorso e siamo poi andati a Roma con condizioni stratosfericamente diverse. Giocava contro un avversario rognoso, Basilashvili, non c’era neanche il pubblico, non giocava bene, ha iniziato male, ha perso il primo set e penso che il 99% delle persone di questo pianeta si sarebbero demoralizzate, ma non so come lui incredibilmente è riuscito a rialzarsi da questa situazione assurda. Credo che quella partita sia stata un indicatore della sua forza”.

Da quando ha fatto la semifinale US Open Berrettini è sempre progredito negli Slam.
“Sono d’accordissimo, spero che ci abitui… Bisogna avere equilibrio. Se un domani dovesse perdere nella prima settimana di Wimbledon, sicuramente alcuni griderebbero allo scandalo, invece ci può stare”.

Il problema alla mano di Matteo è sorto gradualmente o all’improvviso?
“Il problema si è presentato per la prima volta ad Indian Wells, Matteo ci ha convissuto ma è sorto per motivi casuali. C’era qualcosa che “sfregava” già da tanto tempo, poi è arrivata la rottura. Siamo andati avanti ma a Miami abbiamo visto con ulteriori approfondimenti che c’era la lesione e si doveva operare”.

La situazione ora è risolta?
“Sì, non è un problema recidivo, è rimasto solo un po’ di gonfiore e si nota rispetto all’altra mano. Per fortuna però è tutto risolto”.

Forse ancora non ce ne rendiamo conto, ma Berrettini ha nelle mani una stagione come quella del ’76 di Panatta.
“Mi vengono i brividi solo a pensarci. Adriano è un amico e anche tifoso, si fa vivo e ci facciamo vivi noi con lui. E’ anche bella questa congiunzione tra due grandi tennisti che hanno delle similitudini, affascinano gli sportivi per la personalità ed il carisma che hanno. Sono romani entrambi, credo che tra i primi ad essere contenti dei successi di Matteo ci sia proprio Adriano”.

Se Matteo vince Wimbledon rischia di diventare il quinto Beatles…
“Speriamo, Matteo è molto amato per i suoi modi gentili, per come si pone in campo e per il rispetto e la sensibilità elevata verso il prossimo. E’ amato da tutti, dalle nonne ai bambini, mi sento di poter dire che è un bell’esempio per il popolo italiano”.

C’è una preferenza nel tabellone tra Nadal e Djokovic?
“Non ci stiamo ancora pensando, alla fine li devi battere prima o poi. Anzi, sarebbe bello batterli tutti e due”.

VIDEO: L’INTERVISTA A VINCENZO SANTOPADRE

Foto: Lapresse

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