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Atletica, Massimo Stano: “Non mi sono sfondato di hamburger. Agli Europei senza pressioni, ora vado in Abruzzo”
Nella sua gara, ai recentissimi Mondiali statunitensi di atletica leggera, il marciatore pugliese Massimo Stano è riuscito a seminare tutti, ma proprio tutti, sui trentacinque chilometri 100% asfalto macinati ad Eugene e dintorni, tagliando il traguardo per primo (di nuovo, dopo lo strepitoso exploit olimpico di Tokyo nella 20 km) e riportando in Italia l’oro iridato a ben diciannove anni di distanza da quello parigino firmato nell’asta da Giuseppe Gibilisco. Abbiamo intercettato e bloccato last minute il simpatico fuoriclasse pugliese, per una veloce chiacchierata telefonica, a qualche ora dall’imbarco sull’aereo che lo riconsegnerà alle braccia amorevoli della madrepatria, pronte a ri-lanciare la sua marcia travolgente verso nuovi esaltanti trionfi tinti di verde, bianco e rosso. Era l’alba di un nuovo giorno negli States quando lo abbiamo “raggiunto”, è ora sera qui da noi, il momento ideale per andare a leggere con curiosità e relax le parole felici del nuovo campione del mondo.
Massimo, smaltita la legittima sbornia di gioia incamerata in Oregon? Hai dichiarato di volerti “sfondare” in un fast food per festeggiare e gratificarti (meritatamente!), dopo l’oro iridato…
“Sì, è vero, l’ho dichiarato ma poi non ho avuto il coraggio di farlo concretamente… Ho mangiato la pizza e mi sono ‘sfondato’ solo di bibite gasate, potendo soltanto sognare di gustare in Italia l’inimitabile e insostituibile cibo pugliese (ride, ndr)”.
Quali sono ora i tuoi programmi “intermedi” fra Mondiali statunitensi ed Europei tedeschi? A parte i sogni gastronomici e il giusto (ma temiamo brevissimo) riposo, ti toccherà tornare a lavorare subito duramente in vista di Monaco di Baviera…
“Farò un brevissimo periodo in Abruzzo, a Roccaraso, così vado a dormire e recuperare al fresco. Inoltre, lì potrò stare un po’ ‘fuori dal mondo’ prima di tornare a Ostia per fare il lavoro di rifinitura in vista degli Europei di Monaco”.
In terra teutonica, sabato 20 agosto, verrà appunto assegnato il titolo continentale nella Marcia 20 km. Massimo Stano proverà a scrivere un’altra pagina leggendaria del libro “Atletica leggera italiana”, avendo nella storia il solo Alberto Cova (nei 10000 metri, ndr) messo a segno la tripletta d’oro Europei-Mondiali-Olimpiadi? Può pesare un po’ o no, sulla tua tenuta mentale, quest’ulteriore incredibile record possibile da raggiungere?
“Allora, innanzitutto pressioni non ne ho, ci tengo a mettere in chiaro questa cosa. Come sempre e come anche il mio nome ricorda, darò il massimo e quel che sarà, sarà… Sinceramente, non mi interessano i record, darò di certo tutto quello che avrò in corpo e nella testa per provare a vincere, come successo fortunatamente sia a Tokyo sia in Oregon”.
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Come mai la scelta del vecchio amore 20 km e non un bis sulla 35 km, in Germania?
“Abbiamo scelto la 20 km agli Europei, come programmato a suo tempo con il mio allenatore Patrick Parcesepe, per onorare entrambe le manifestazioni ed entrambe le distanze; chiaramente, per avere anche ulteriori, importanti informazioni dal punto di vista tecnico”.
Analizziamo ora più nello specifico la tua fantastica gara iridata. A noi spettatori “profani” l’impetuosa (poi rivelatasi sciagurata…) fuga di Matsunaga stava iniziando a fare paura, essendo durata più di metà gara e su ritmi clamorosi. Tu, invece, non hai mai temuto che il giapponese potesse diventare imprendibile, avendo anche superato il minuto di vantaggio e con le sue medie sempre attorno ai 4’/km? Ti è venuta una mezza tentazione di metterti un po’ prima all’inseguimento del battistrada nipponico o questa idea non ti è passata nemmeno per l’anticamera del cervello?
“Che Matsunaga partisse forte era quasi scontato, perché è suo solito partire così per poi avere un calo di prestazione, di ritmo. Quindi, un po’ ho sorriso quando l’ho visto partire così forte ed ero sicuro al 99,9% che lo avremmo poi ripreso con il gruppo e ‘ammazzato’ sia psicologicamente che fisicamente. In gare come queste, le veementi fughe iniziali difficilmente vengono portate a termine, a meno che il protagonista in questione non sia nettamente superiore a tutti gli altri”.
Giapponesi forti e temibilissimi, si sapeva. Tant’è vero che un altro ipercompetitivo rappresentante del Sol Levante, Kawano, ti ha tallonato fino alla fatidica linea del traguardo, facendoci anche tremare un attimo al momento della tua “presa” del Tricolore… Quando hai realmente capito che Kawano in quella 35 km avrebbe potuto mettere al collo al massimo l’argento? In dirittura d’arrivo ci sei sembrato totalmente e prepotentemente in controllo della situazione, eppure il tuo diretto avversario era lì alle tue spalle.
“Sì, Kawano è stato un avversario stupendo perché ha fatto sì che la gara fosse davvero entusiasmante, ma io fin dalla partenza ero convinto dei miei mezzi e di poter vincere. Chiaramente quando la gara si è fatta seria con ritmi molto duri, io ho dovuto ripetere nella mia mente che qualsiasi mossa di qualsiasi avversario non avrebbe comunque cambiato i miei piani per arrivare in fondo davanti a tutti e infatti non mi sono fatto condizionare dalla condotta di gara di nessuno. Kawano, vedendomi allargare un po’ per prendere la bandiera italiana, ha cambiato passo e traiettoria perché ha pensato che quello potesse essere il momento giusto per superarmi e quindi lì ho ricambiato io, ancora e ancora… Abbiamo insomma fatto un sacco di cambi e controcambi ed è stato faticosissimo per entrambi, però per me vincere una gara in quel modo vale molto di più, ma molto…”.
Molto belli anche gli abbracci e i riconoscimenti all’arrivo, fra i tre medagliati fin lì in battaglia. Ancora una volta, gesti di esemplare fairplay in uno sport di fatica e sacrifici senza pari.
“Kawano ha dato il massimo, lo voleva quanto me quel titolo e mi sono sentito profondamente dispiaciuto in quel momento, perché mi sono immedesimato in lui, sconfitto per poco dopo tanta fatica. Non so quanto le mie parole abbiano potuto consolarlo, ma è stato un gesto spontaneo e istintivo per me andare da lui, sollevarlo da terra e abbracciarlo. Lo avrei fatto con chiunque, non solo per i giapponesi, persone appartenenti ad una civiltà che, come sapete, stimo, ammiro e rispetto tantissimo. Lo stesso Karlstrom, arrivato terzo, a parer mio vuol far credere di essere un duro, ma in realtà è un bravo ragazzo, nonostante la stazza spaventosa, la sua cresta e il suo cappello da guerriero vichingo preparati per l’occasione”.
Ultima domanda. Chi ti sta intervistando è pugliese come te e nell’ultimo anno, tra Giochi olimpici e Mondiali, la Puglia ha regalato tante medaglie pesanti allo sport italiano con i vari Stano, Palmisano, Pilato, Samele, Dell’Aquila, per citarne solo alcuni. È forse la prima volta che si assiste in questa regione del Sud, in passato spesso ai margini dei medaglieri tricolore in quanto ad apporto numerico di metalli pregiati, ad una simile concentrazione di talenti vincenti, mai così competitivi in così tante specialità diverse tra loro. Secondo te, dove si può ritrovare la spiegazione di queste prestazioni sicuramente non casuali?
“Probabilmente la sana e buona alimentazione pugliese sta contribuendo a creare generazioni di giovani atleti forti, grazie alla focaccia, ai panzerotti, alla parmigiana, alle orecchiette con le cime di rapa, ai taralli, eccetera (ride di gusto, ndr)… In realtà, non credo ci sia una singola motivazione in particolare per spiegare questo fenomeno, quindi potrebbe trattarsi soltanto di una ‘coincidenza’, di talenti e di fattori. Però, allo stesso tempo, va evidenziato come questa crescita nello sport sia coincisa negli ultimi anni con una crescita generalizzata della nostra regione, sempre più conosciuta e apprezzata per la sua storia, la sua cultura, i paesaggi naturali, l’enogastronomia e tutto il resto non solo a livello nazionale, ma ormai in ogni parte del mondo”.
Foto: Lapresse