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Boxe, Angela Carini: “Ho perso mio padre, ero delusa dalla vita. La caviglia sta bene, a Parigi 2024 con una testa diversa”

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Tra le punte più importanti delle Fiamme Oro c’è anche una ragazza che, da Napoli, ha deciso di voler conquistare il mondo. E, già a 23 anni, di grandi risultati ne ha ottenuti sia a livello giovanile che, soprattutto, al piano superiore. Angela Carini, però, ultimamente ha qualcosa da chiedere indietro alla fortuna. Il suo è un viaggio interessantissimo dentro il ring, perché dietro la pugile c’è la persona. E, come racconta in quest’intervista, la persona di cose da dire ne ha in abbondanza.

Adesso come stai?

Adesso sto bene, dopo l’infortunio che ho avuto dopo il Mondiale sono in grande ripresa. Ora tornerò anche in Nazionale, riprenderò la strada giusta. Da dopo il Mondiale fino ad oggi penso di aver ripreso bene con la caviglia. Il mio infortunio si sta risolvendo e sono contenta di questa cosa, spero di ritornare il prima possibile“.

Sei indietreggiata, hai messo male la caviglia sinistra. Che cos’è successo e che tipo di infortunio si è rivelato essere?

Purtroppo avevo già una distorsione alla caviglia, e magari sotto stress, in quella circostanza, in un Mondiale così importante, ho ripreso questa storta che ancora oggi non mi riesco a spiegare. Ho lesionato la caviglia. Però, per fortuna, è stata una lesione e non una rottura. Mi sono potuta riprendere in grande velocità“.

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Il recupero sta procedendo bene?

Sì, e sono soltanto felice di questa cosa perché all’inizio, quando un atleta subisce un infortunio, inizia a vedere tutto buio. Poi, in questo mio periodo, nel quale dopo la perdita di mio padre stavo un attimo ritrovando me stessa. Un atleta rischia di chiudersi in sé stesso, la parola adatta è buio, inizia a non vedere più la luce, inizia ad essere un po’ catastrofico. All’inizio questa cosa l’ho presa male, ho detto ‘mamma mia, non ci voleva’. Però, in realtà, questa cosa mi sta rendendo sempre più forte e più determinata. So qual è il mio obiettivo e voglio raggiungerlo, e mi sta rendendo solo felice di proseguire, di andare sempre avanti“.

L’avversaria contro la quale hai subito l’infortunio, la turca Surmeneli, ha poi approfittato di diverse conclusioni prima del limite e comunque si sta rivelando un nome di punta. Tu che ne pensi?

Lei è un’avversaria molto valida, ci conosciamo da bambine, siamo cresciute insieme in due categorie diverse. Una vinceva in una, l’altra in un’altra. Abbiamo incrociato i guantoni solo due volte. Penso che forse quello non era il mio momento, però siamo due top level, possiamo giocarcela bene. Questa volta non mi è andata bene, non ho potuto far vedere un bel combattimento tra di noi, però penso che ce la giocheremo“.

Poi la prossima contro di lei la vinci tu?

Può essere! La boxe è sempre imprevedibile, l’ho sempre detto. A volte, quando vincevo i titoli, dicevo ‘sono campionessa mondiale’, ‘sono campionessa europea’, ma non salivo mai sul ring da campionessa mondiale, perché questo sport è, appunto, imprevedibile quando meno te l’aspetti. Quindi non bisogna mai sottovalutare nessuno e, quando sali su quel ring, devi resettare tutto il tuo percorso. Ci sei tu, il tuo avversario, inizia tutto da capo. La penso così“.

Quand’è che conti di rientrare?

Io già sarò nel prossimo ritiro con la Nazionale. Spero di andare all’Europeo che ci sarà ad ottobre in Montenegro. Anzi, non spero, ci andrò, non voglio sperare perché sono sicura che ci andrò“.

Insieme all’Europeo, quali sono gli obiettivi che ti sono rimasti per questo 2022?

Il tempo si stringe sempre di più. Ci saranno i Mondiali con la qualifica, inizierà il ciclo delle Olimpiadi. Il mio obiettivo grande, principale è quello di qualificarmi per Parigi 2024 e questa volta andare lì con una testa diversa. Già da settembre inizierò con una mentalità diversa, che avevo già un po’ di tempo fa prima di perdere mio papà. A volte, però, alcune cose ti possono rendere debole. Questa debolezza non significa essere fragili, ma insegna ad essere più forte di prima, a volte. Quindi è quello che sto rivedendo in me, e spero di andare a Parigi con una maturità e mentalità vincente, quella di sempre, anche con una forza in più dall’alto“.

Parlando delle Olimpiadi di Tokyo, cosa ti ricordi?

Il mio sogno era diventato un incubo. Mio padre si è ammalato durante la partenza per le Olimpiadi, quindi stavo vivendo una realtà diversa da quella che mi aspettavo. Io con mio padre avevo un rapporto che andava al di là di quello padre-figlia. Per me era un po’ tutto, allenatore, mental coach. Avevamo costruito questo sogno da quando avevo 12 anni. Vederlo così, e non al mio fianco, mi ha fatto sentire molto persa, delusa dalla vita, delusa dal fatto che mi è stata strappata una parte per me fondamentale. La mia forza, nel mio cuore, in quel momento non c’era. Nonostante tutto sono andata a Tokyo, anche se ad oggi tante persone mi hanno detto ‘tu non hai perso, avevi vinto tu’, perché quel combattimento l’avevo perso per un punto. Però ad oggi dico che va bene così. Forse, ancora una volta, non era il mio momento e così doveva andare. Il destino era già un po’ scritto“.

Andando ancora un po’ più indietro, se devi pesare la medaglia europea e quella mondiale, come emozione quale hai sentito di più?

Quando ho vinto il Mondiale, quello da youth. Era il 23 maggio, e dedicai la vittoria al giudice Falcone e alla sua scorta, perché questi uomini da noi non devono mai essere dimenticati. Ci tenevo tanto a ricordare questa memoria, questo giorno. Per me quello fu il Mondiale più bello, sia perché l’avevo vinto che per la dedica, la dedizione e il sacrificio che avevo messo in quel periodo. Sono poi stata anche vicecampionessa mondiale nel 2019, anche se è un argento molto stretto, perché in finale, io non lo dico mai, ma a mio avviso avevo vinto. E anche il pubblico lo pensava, sono scesa dal ring e tutti mi applaudivano come se la Campionessa del Mondo fossi io. Non c’è soddisfazione più grande di quando la tua avversaria ti viene vicino e ti dice ‘scusami, non è colpa mia, ma per me hai vinto tu’. Forse sono Campionessa del Mondo due volte, ma mi rifarò sicuramente“.

Per te cos’è stato cominciare a combattere, e che cosa significa a tutt’oggi?

Mi sono avvicinata a questo sport perché era tramandato in famiglia, da mio nonno a mio padre e a mio fratello. Mi sono avvicinata perché fin da piccola tutto quello che faceva mio fratello lo dovevo fare anche io. Lasciai il tiro a volo, dove ero campionessa italiana, e andai a fare pugilato. Però questo talento l’ha scoperto mio padre, perché all’inizio è stato lui che mi ha allenata. Sono stata lì, è stato il mio primo allenatore, mi ha insegnato lui a fare pugilato. Poi mi ha portato nella palestra del maestro Giuseppe Corbo. Lui trovò una ragazzina già abbastanza preparata al combattimento, dopo un mese mi portò a fare i campionati italiani e li vinsi, dopo nove mesi conquistai subito anche il titolo europeo. Lì presero tanta fiducia in me, perché in soli 4 combattimenti ho battuto la campionessa iridata uscente al primo turno. Allora era una turca, e da lì iniziò questa grande fiducia nei confronti anche del maestro Renzini, della Nazionale, e poi ho iniziato la mia carriera“.

E dal periodo degli inizi sei diventata “Tiger”.

Fu mio padre che mi chiamò ‘Tiger’. Mio padre diceva sempre che quando salivo sul ring avevo gli occhi della tigre, quindi lui mi ha denominata così. Lui si chiamava ‘Hunter’ e io ‘Tiger’. Il cacciatore e la tigre. Erano i nostri soprannomi, che ci univano ancora di più“.

Dei luoghi che hai visto nei tuoi tanti viaggi, quale ti ha impressionato di più?

Sono molto legata al Mondiale, quindi ricordo tutto quello che ho fatto a Taiwan, quando ci sono stata. Quello è un viaggio che non dimenticherò mai“.

Come ti trovi con le altre persone del gruppo nazionale?

Io ho un percorso bellissimo. Ci sono cresciuta in Nazionale, per me quella è la seconda famiglia. Il maestro Renzini è per me un secondo papà. Ho un legame molto forte. Dico che lo è perché mi conosce bene come mi conosce la mia famiglia: sa quando sono triste, quando non mi va di fare una cosa, conosce bene il mio carattere. E così anche con le ragazze. Con Irma Testa ci sono cresciuta da quando ero bambina fino ad oggi. E’ un bellissimo rapporto, abbiamo trovato un bell’equilibrio tra tutte noi. Si respira un’aria abbastanza bella“.

Senti le cose come parte di un percorso: da quant’è che ti sei resa conto di questo?

Sono sempre stata una ragazza molto determinata. Se inizio qualcosa devo sempre portarla a termine: questo mi ha accompagnato in tutto ciò che faccio. Ho iniziato a capire da subito, perché appena sono diventata campionessa europea dopo 9 mesi di palestra ho iniziato a credere sempre di più in me stessa, che forse avevo veramente il talento, che forse veramente era questa la mia strada. E anche se, come per ogni atleta, ci sono delle pause di riflessione, magari a me nell’anno delle Olimpiadi, perdendo quelle, perdendo mio padre, ho avuto una grande delusione, non è che volevo mollare, ma mi sono sentita molto sola, nonostante avessi la mia famiglia, la Nazionale e le Fiamme Oro sempre al mio fianco, mi sono sentita per un attimo altrove, persa. Non sapevo se quella era più la mia strada. Ancora una volta, invece, ho capito che questo è il mio percorso, che devo continuare, che devo dare il tutto per tutto perché è questo quello che voglio, fare pugilato“.

Sul lato tecnico, dov’è che senti di voler e dover migliorare nel tuo modo di fare pugilato?

Penso che non si arrivi mai alla perfezione. C’è sempre da migliorare, da imparare. Lo vedo anche con i ragazzini più piccoli, a volte fanno delle cose per cui io li guardo e imparo sempre cose nuove. Migliorarsi sempre in tutto, avendo questo problema alla caviglia adesso dovrò lavorare di più sulle gambe, sul movimento di gambe, riprendere quella fiducia nei movimenti delle gambe. Secondo me c’è sempre da migliorare, da imparare, non si finisce mai“.

Tu dove vorresti arrivare come obiettivo finale di quello che vuoi essere, sia come pugile che come persona?

Spero di andare a Parigi e vincere le Olimpiadi. O almeno di portare una medaglia. Ad oggi ho imparato, in questo mio percorso di vita, che sono sempre stata una che ha sempre programmato. Devo andare a Tokyo, vincere le Olimpiadi, fare questo. Magari diceva mio padre ‘dobbiamo fare questo’. Invece oggi ho imparato una nuova lezione. Non voglio programmare il mio futuro, voglio vivere attimo dopo attimo. Mi sono solo detta di andare a testa bassa, mi alleno, e ovunque vorranno andare il mio cuore e la mia testa io darò sempre il meglio di me stessa. Quello che succederà, succederà. Non voglio programmare il mio futuro, voglio solo vivere“.

Foto: LaPresse

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