Formula 1
F1, perché non esistono gerarchie in Ferrari? L’errore dei vertici è un favore alla Red Bull
È lampante come la Ferrari non voglia porre gerarchie interne tra i propri piloti, lasciandoli liberi di battagliare tra di loro. Lo si è visto a Silverstone, dove Carlos Sainz ha conquistato la prima vittoria della carriera a discapito però proprio di Charles Leclerc, che, senza la protezione dello spagnolo, ha lasciato sul piatto 13 preziosissimi punti nella corsa al Mondiale. Lo si è rivisto oggi a Spielberg, con il monegasco obbligato a difendersi a più riprese dall’iberico nel momento in cui stava gestendo i propri pneumatici allo scopo di attaccare Verstappen nella seconda parte della Sprint.
Insomma, le due F1-75 gareggiano in maniera indipendente l’una dall’altra. Per questo dovremmo cominciare a usare il termine “Confederazione di Maranello” anziché “Scuderia”, proprio perché i legami fra le due vetture sono minimi. Le due Rosse stanno sotto il medesimo ombrello, ma perseguono esclusivamente i propri fini. Questo però è un errore marchiano da parte del management.
Non entriamo in discorsi relativi alla filosofia o all’etica sportiva, anzi. Da un determinato punto di vista la politica del Cavallino Rampante è la più limpida in assoluto. Non si piantano paletti e non si impongono diktat su chi deve vincere e chi deve arrivare secondo. Al tempo stesso, però, questa linea è in aperto contrasto con lo spirito stesso delle corse, ovvero quello di cercare la vittoria. “Il secondo è il primo dei perdenti” aveva sentenziato il Drake.
Se a Maranello non si vogliono porre gerarchie, ci si pone appunto nella condizione di essere i primi dei perdenti. Non solo nel Mondiale piloti, bensì anche in quello costruttori. I due traguardi, dopotutto, sono strettamente connessi. Ebbene, se si lasciano Leclerc e Sainz liberi di fare a ruotate, ci si espone in primis al rischio di un contatto fratricida che sarebbe deleterio nell’ottica della corsa all’Iride riservato ai team. Inoltre, e soprattutto, non si conquista il Mondiale costruttori a furia di secondi e terzi posti. Lo dice la matematica. Chiudere un GP sui due gradini del podio, mancando però la vittoria, regala 33 punti (18+15). Il successo ne porta in dote 25. In altre parole, in caso di affermazione, a Red Bull è sufficiente piazzare l’altra monoposto in quinta posizione per guadagnare comunque terreno (25+10 fa 35). Dunque porre gerarchie allo scopo di aiutare uno tra il monegasco e l’iberico a vincere i GP, chiunque esso sia, non sarebbe un favoritismo all’uno piuttosto che all’altro. Sarebbe una mossa atta a tutelare l’interesse stesso della Ferrari. È così difficile da capire?
Foto: @RACINGPICTURE