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Golf: British Open 2022, 150 anni di leggenda a St. Andrews con il ritorno di Tiger Woods

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Tiger Woods e Jack Nicklaus, insieme, sullo Swilken Bridge, il mitico ponticello della buca 18 all’Old Course di St. Andrews. L’immagine è destinata a restare nella storia: l’uno ha vinto l’Open Championship per tre volte, così come l’altro. Tiger ritorna in gara in un Major: ha voluto con estrema forza essere presente in un momento totalmente storico nel golf. Jack viene oggi insignito della cittadinanza onoraria di St. Andrews dal Royal Burgh. Soltanto due uomini prima di lui erano arrivati a ricevere un simile onore: Benjamin Franklin nel 1759 e Bobby Jones nel 1958.

150: un numero che campeggia su parecchie delle tribune dell’Old Course montate per l’occasione. Tutto trasuda di storia nel luogo che, tradizionalmente, l’Open lo ospita ogni cinque anni. Due eventi, però, si sono succeduti e hanno fatto sì che l’appuntamento fosse modificato. Il primo è stato proprio l’anniversario: già in origine si sarebbe dovuto gareggiare nel 2021, in un’inversione con il Royal St. George’s, al fine di celebrare nel tempio del golf questa edizione. Il secondo è risultato essere l’avvento del Covid-19: nel 2020 l’Open non si è disputato, per cui l’edizione numero 149 è stata mantenuta al citato Royal St. George’s e quella di quest’anno, invece, diventa la numero 150.

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29: tante diventano le volte in cui l’Open si tiene nel tempio, sul percorso che si ritiene essere il più antico del mondo, dato che i primi documenti circa l’Old Course risalgono addirittura al 1552. Già al tempo il golf era estremamente popolare, anche se ebbe momenti di storia travagliata (nel ‘400 fu bandito e, a inizio ‘500, tale divieto di giocarvi fu rimosso). Non è un caso, in fin dei conti, che l’Open si sia giocato in Scozia per 96 volte, contro le 51 dell’Inghilterra, secondo una precisa rotazione da 3 campi scozzesi e 2 inglesi su periodi di cinque anni a partire dal 1973. L’Irlanda del Nord ha rifatto capolino nel 2019, con il Royal Portrush (e le birre di Shane Lowry), ospitando per la seconda volta. Per il Galles il tempo non è mai venuto.

Si potrebbe tranquillamente parlare dei favoriti, e ce ne sono tanti. Rory McIlroy sembra sempre sul punto di piazzare il colpo definitivo, quello che lo riporterebbe completamente all’attenzione mondiale. C’è Jon Rahm, e lo spagnolo ha dalla sua il terzo posto di un anno fa. C’è anche Matt Fitzpatrick, che sogna un maestoso bis dopo lo US Open, e poi c’è tutta la fila di americani che parte dal numero 1 del mondo, Scottie Scheffler. Si può anche rimarcare come, a St. Andrews, serva un grande primo giro per vincere (non si è mai scesi sotto il 67 nelle ultime sei edizioni che vi si sono tenute). Ci sono tanti, tantissimi dati da poter tenere in considerazione, compreso quello legato all’immensa lotta per il numero 2 del mondo (Scheffler resterà saldo in prima posizione ancora per un bel po’). Tutti, però, si riconducono a uno: chi vincerà qui, in questa edizione, sarà ricordato molto a lungo. E, naturalmente, potrà giocare l’Open fino a 60 anni.

Foto: LaPresse

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