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Golf, Filippo Celli: “British Open emozionante fin dal primo momento. E al fianco di Rory McIlroy…”
Ci sono Francesco Molinari e Guido Migliozzi. E poi, all’Open Championship 2022, c’è anche Filippo Celli, il terzo italiano al via del 150° Open Championship nel tempio del golf, l’Old Course di St. Andrews, in Scozia. Un risultato che si è concretizzato vincendo l’European Amateur Championship, che solo tre azzurri prima di lui erano riusciti a vincere e che tanti big di oggi mai hanno acciuffato.
Lo abbiamo raggiunto per un’intervista al termine di un lunedì d’allenamento che non è come tutti gli altri: è quello del Major che tutti vogliono giocare, nel quale si è a contatto con una quantità di grandi nomi che è impossibile replicare in qualunque altra situazione.
Golf: British Open 2022, 150 anni di leggenda a St. Andrews con il ritorno di Tiger Woods
Come ti stai trovando a St. Andrews?
“Sono arrivato ieri mattina qui e ho giocato nove buche. Ed è stato subito emozionante, dal primo momento. Ovviamente ero molto concentrato sulla prova campo, sulle nove buche che ho fatto, sembrava quasi una situazione normale. Però, dopo, ripensandoci mi sono reso conto di aver fatto nove buche a St. Andrews per il British Open. La cosa che devo dire, però, è che ho guardato il mio coach e caddie, Alberto Binaghi, che era con me, e gli ho detto subito, dal primo momento, appena arrivato al campo pratica, ‘che bello qui, è veramente emozionante, mi sento proprio in una confort zone’. E’ come se mi sentissi a casa. Quello è stato bellissimo. E oggi ho fatto altre nove buche, ho avuto la fortuna di giocare con Rory McIlroy, che è sempre stato il mio idolo fin da bambino, sono cresciuto guardando i suoi video, seguendolo a tutte le gare, anche stressandomi forse più di lui ogni volta che sbagliava un colpo. Quindi oggi è stato bellissimo, perché io stavo giocando da solo, ero con Alberto e stavo provando un po’ di putt alla buca 13. Il green confina con quello della 5, sono praticamente lo stesso. Lui era con Dustin Johnson a fare la prova campo, io ero ovviamente da solo. A un certo punto guarda me e il mio coach Alberto, che fa da caddie e che lui conosce, lo saluta e gli fa ‘Ragazzi, posso unirmi a voi per le ultime buche?’. Quando ha detto questa frase, all’inizio, quasi non ci volevo credere, è stato emozionantissimo. Infatti ho guardato Alberto e gli ho detto ‘Ma dai, non l’ha detto veramente, è uno scherzo’. E invece no! Ho giocato le ultime buche con lui ed è stato veramente bellissimo. Un’esperienza indimenticabile“.
E non eri neanche alla prima volta a St. Andrews, ma in quest’occasione è tutto diverso, di più.
“Tutto in grande, esatto, perché è un Major“.
In generale, com’è sviluppata tutta l’attività intorno all’Open in termini di organizzazione?
“L’organizzazione è fantastica. Del resto è un Major, è tutto perfetto. Lo sono tutti i dettagli. L’organizzazione: si svolge la pratica alla mattina, si fanno delle buche, nel pomeriggio o si va in campo pratica a fare una rifinitura su qualche colpo che non mi è piaciuto in campo o un po’ di putt, o sto abbastanza tranquillo, perché sto cercando di fare tutto molto tranquillamente per non arrivare troppo stressato al giorno della gara. Tutto molto easy, diciamo“.
Come ti sei sentito quando hai realizzato di aver raggiunto così tanti obiettivi in un colpo solo vincendo l’European Amateur?
“E’ stato bellissimo. Sono sempre stato leader, a parte il secondo giro in cui lo era Pietro Bovari. La notte prima da leader, comunque, non è mai facile perché scendendo in campo da primo hai tutto da perdere e quelli dietro hanno tutto da vincere, dovendo recuperare. Il leader ha molta più pressione, solitamente. La notte prima, ovviamente, non ho dormito perché pensando al British Open, St. Andrews, ‘oddio, se vinco andrò lì, il mio sogno’, poi vinco una gara bellissima, in Europa… e quindi ho dormito veramente poco. Però, poi, sono sceso in campo e mi sono sentito in una confort zone, appena ho iniziato a praticare e scaldarmi. Infatti sono molto contento perché ho gestito benissimo la pressione. Io amo giocare sotto pressione, amo la competizione. Mi sono trovato in quella confort zone già dalla pratica. Sul tee della 1 ero un po’ teso, infatti sono partito con un bogey, tirando un colpo non bellissimo appunto dal tee. Alla buca 3 ho imbucato un bel putt per il birdie, e dalla 3 alla 18 ho giocato uno dei golf più belli della mia carriera. Di questo sono molto orgoglioso perché ho giocato un golf veramente molto bello. Sono molto soddisfatto di quella settimana per come mi sono comportato mentalmente, a livello di gioco, sotto pressione, essendo leader. E’ una cosa molto positiva, ne sono veramente molto contento“.
Il tutto venendo da una stagione a TCU che non era poi così male.
“No, non ho giocato male, però ho puttato non benissimo e quindi facevo sempre un po’ di score intorno al par, +1, -1, e arrivavo comunque 25°-30°, questi risultati qui. Non riuscivo a fare i risultati che volevo, quindi è stato un po’ faticoso. Ho avuto tanta pazienza, ho continuato a lavorare, praticare, con pazienza, perché sapevo che il mio gioco c’è sempre stato. Ho solo dovuto avere pazienza con i green, poi sono tornato in Europa e ho giocato bene. Subito ai Campionati Italiani ho vinto la qualifica, poi nel match play ho perso ai quarti di finale, ma quello è un altro gioco. Al British Amateur purtroppo ho mancato il taglio, ma ero molto fiducioso perché il gioco c’era. Dovevo solo aspettare e avere pazienza, sapevo che il momento era vicino. E infatti la settimana dopo ho vinto“.
E sei entrato in un albo d’oro in cui ci sono, tra gli altri, Sergio Garcia, lo stesso Rory, vivendo questo momento con Alberto Binaghi. Per te cos’è venire dopo questi grandi del golf?
“E’ un’emozione bellissima. Alberto è come un secondo padre, una persona d’oro, e viverla con lui è un’emozione incredibile. Poi è bellissimo perché lui ha un’esperienza pazzesca, avendo fatto da caddie a Manassero e giocato altri Major con i suoi giocatori. Viverla con lui è stato emozionante“.
Da queste parole si capisce quanto per te sia stato importante lungo tutto il tuo percorso.
“Io da Alberto ho iniziato a farmi seguire tre anni fa. Prima facevo lezione con Carlo Basciu, e anche con lui mi sono sempre trovato molto bene. Sono cresciuto con lui all’Olgiata. Alberto, però, mi ha sempre seguito. Gli mandavo video, quando andavo su a Milano mi guardava. Tre anni fa ho deciso di affidarmi a lui. Carlo mi è sempre piaciuto tecnicamente, però, mi sentivo in un momento in cui come rapporto tra giocatore e coach ho capito che avevo bisogno di cambiare qualcosa. Mi sono affidato ad Alberto e solo a lui, e mi sono trovato bene. Avere due coach non è mai facile, c’è sempre qualcosa che magari uno ti cambia e non capisci bene cosa fare: uno ti dice una cosa, uno un’altra e mentalmente non è facile. Alberto ha un’esperienza incredibile a livello tecnico e di strategia sul campo, di colpi, di feeling, trasmette tantissimo. Mi sono trovato benissimo con lui e sono davvero contento“.
Il fatto di aver avuto lui che ha vissuto con Manassero ti ha consentito di conoscere qualche racconto di quelle esperienze precedenti?
“Assolutamente sì. Anche di quando giocava lui. E’ sempre stata un’emozione sentire di quando viaggiava con Matteo, al Masters, all’Open, tutti i racconti. Poi ho avuto la fortuna di conoscere proprio Matteo quand’ero più piccolo, siamo abbastanza amici, ogni tanto ci sentiamo“.
Anche lui, dopo un periodo non tanto facile, sta risalendo la china in maniera abbastanza importante ed è rientrato nei 400.
“Sì, assolutamente. Sono molto contento per lui, si merita veramente il meglio perché è un ragazzo d’oro. Piano piano sta ritrovando il ‘vecchio Matteo’, se si può dire così“.
Hai già incrociato Francesco Molinari e Guido Migliozzi?
“Sì. Con Guido siamo amici, domani faremo nove buche insieme. Ho incontrato anche Francesco“.
Cosa ti aspetti da questo St. Andrews?
“Sto giocando bene. Ovviamente l’Old Course è l’Old Course. Nasconde sempre insidie. Più pensi di conoscerlo bene e più l’Old Course nasconde tranelli. E poi è un British Open, dipende anche dalle condizioni meteo. Le mie aspettative sono di scendere in campo, divertirmi e giocare nel miglior modo possibile. Quel che viene viene“.
Nel vedere tutti questi grandi che fino a pochi giorni fa vedevi sostanzialmente sempre dalla tv, qual è quello che finora ti ha impressionato di più? Ci sono delle caratteristiche diverse di alcuni che ti hanno lasciato qualcosa?
“Ho visto praticare Adam Scott, McIlroy. Si vede come sono belli concentrati sul loro gioco, e pensano al loro. E’ stato bello vederli dal vivo perché sono sempre stato abituato, come hai detto, a vederli in tv. Vederli da così vicino, da distanze di un metro, è stato incredibile e molto bello. Ho imparato come loro affrontano le gare“.
Senza dimenticare una cosa: stai condividendo un campo storico con un uomo storico che è Tiger Woods.
“Lui non l’ho ancora visto da vicino, ma da lontano. Ero sul tee della 1, erano dieci metri, ma la presenza si sentiva. Ero sul tee e comunque con la coda dell’occhio l’ho visto, ma è stato bellissimo vedere un uomo che ha scritto la storia del golf da così vicino. Spero di avere modo di vederlo praticare o stargli più vicino per rubare un po’ con gli occhi, ma Tiger, quando arriva, guarda la sua strada e non guarda nessuno di quelli intorno. Sarà difficile chiedergli una foto, però ci proverò“.
Parlavi dei tuoi problemi col putt: è quello il tuo principale punto che stai cercando di risolvere nel golf o stai cercando di sistemare anche altro?
“Sto lavorando molto sulla consistenza del gioco lungo. Ci sto riuscendo abbastanza bene, negli anni sono diventato molto più solido sul gioco lungo. Sto lavorando sulla consistenza. Sui green sono sempre stato un puttatore di feeling e l’ho sempre fatto molto bene. Purtroppo, come tutti i puttatori di feeling, si va a momenti. Bisogna avere tanta pazienza e continuare a lavorare sulla tecnica, con calma, perché il putt prima o poi arriva. Sto cercando di essere più consistente proprio con il putt“.
Guardando oltre l’Open, nel 2022 dove vuoi arrivare?
“Adesso vediamo come va questa settimana, poi andrò a giocare lo US Amateur ad agosto, quindi tornerò in Europa per la World Cup a Parigi, poi per l’Open d’Italia. Vedremo. Cercherò di giocare il miglior golf possibile e vedere cosa succede, senza fare troppi programmi: il golf è imprevedibile, la cosa più sbagliata è farti dei programmi, degli obiettivi, andare avanti con i se. Uno dev’essere bravo alla fine della giornata, giocare il miglior golf possibile e poi vedere cosa succede“.
Foto: Federazione Italiana Golf