Ciclismo

Mountain bike, Mirko Celestino: “Abbiamo diversi giovani su cui puntare. Kerschbaumer ha patito il cambio di squadra”

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Non è un momento facile per la mountain bike italiana. La disciplina, nonostante l’aumento dei praticanti e la presenza ormai stabile nel programma olimpico, non riesce a risalire ai livelli che abbiamo conosciuto a cavallo tra i due secoli e nei primi anni 2000. I risultati incoraggianti nelle categorie giovanili raramente si trasformano in atleti elite di ottimo livello. Per provare a spiegare i motivi di questa tendenza, ma anche per raccontare i piccoli successi di questa stagione, abbiamo sentito Mirko Celestino, Commissario Tecnico della Nazionale XCO-XCM.

Ci può fare un bilancio della stagione sinora? I risultati ottenuti sin qui sono quelli che vi aspettavate?

“Fino ad ora abbiamo affrontato una stagione molto intensa, soprattutto con gli juniores. Abbiamo già svolto quattro delle cinque prove della Juniors’ Cup. Siamo contenti dei risultati, abbiamo ragazzi e ragazze molto interessanti come Marco Betteo e Valentina Corvi, che sono gli atleti che si sono maggiormente distinti. Benissimo gli under23, soprattutto con Simone Avondetto e Filippo Fontana che nell’ultima prova di Coppa del Mondo si sono classificati secondo e terzo. Siamo molto fiduciosi anche per i Campionati Europei che si terranno in Portogallo. Possiamo dire la nostra anche con Giada Specia e Valentina Cortinovis”.

Alla luce dei buoni risultati che abbiamo avuto nelle categorie giovanili, come mai invece tra gli Elite facciamo più fatica a formare atleti che se la giochino con i migliori al mondo?

“È vero, stiamo facendo un po’ fatica, fatta forse eccezione per l’ultima tappa di Coppa del Mondo dove Luca Braidot è rientrato in top10 e anche Gerhard Kershbaumer si è avvicinato. Ci auguriamo che da adesso in poi arrivi la condizione, stanno lavorando bene anche loro e la stagione è stata molto impegnativa. Entriamo nel vivo della stagione adesso, contiamo di arrivare nella migliore condizione per Europei e Mondiali. Da adesso in poi non bisogna più sbagliare”.

Gerhard Kerschbaumer, eccellenti risultati nelle categorie giovanili, poi non è mai riuscito a riconfermarsi tre gli Elite, fatta eccezione per l’argento mondiale nel 2018. Quali sono stati i motivi secondo lei?

“Gerhard ha un palmares estremamente interessante, ha vinto tanto da giovane, poi è stato battuto solo da Nino Schurter nel 2018 ed ora sta effettivamente facendo fatica. Ha cambiato team, passando dalla Torpado-Gabogas alla Specialized Factory Racing, due squadre completamente diverse, con diverse esigenze, anche a livello “social”. Gerhard queste cose non le ha mai amate, noi scherzosamente lo chiamavano “cane sciolto”. Deve fare quello che lui sente di fare e non sembra che sia riuscito a trovare la serenità che lui desidera. Salendo di livello crescono anche le esigenze dei media, gli impegni al di fuori della bici e si vede anche lì chi riesce a gestire queste situazioni e chi invece le accusa. E lui è uno che le accusa. Il livello negli ultimi anni si è alzato tantissimo e per ora Gerhard non è riuscito a stare al passo. Ma si sa, la testa di un atleta può cambiare da un anno al successivo, magari ritrovando motivazioni che possono farti fare grandi salti in avanti”.

Qual è la sua visione sulla multidisciplinarietà? Come mai in Italia abbiamo meno bikers, rispetto ad altri paesi europei, che riescono a traslare il proprio talento anche in strada, traendo benefici dalle due differenti discipline?

“Secondo me non è tanto un discorso italiano, è che ogni tanto in alcuni paesi esce fuori quel fenomeno, come per esempio Pidcock, Van der Poel o Van Aert che su qualsiasi bici salgano, riescono a fare la differenza. Sono due sport completamente diversi, anche io ci sono passato, lasciando la strada a 33 anni e dandomi alla mountain bike. La mountain bike è uno sport estremamente difficile, ed è molto facile cadere e farsi male, per chi si dà anche alla strada rischia di compromettere la stagione. Qui le gare le vinci in discesa, ed è richiesta tantissima tecnica, non solo la gamba. Inoltre le due stagioni sono così fitte per entrambe le discipline a tutti i livelli, ti costringe a fare delle scelte”. 

Più in generale, com’è al momento la situazione, anche a livello di iscritti, del movimento della Mountain Bike in Italia?

“A livello di iscritti e di partecipanti alle gare siamo in continuo aumento, ogni anno sono sempre di più. Sta diventando la disciplina principale a livello giovanile, i ragazzi iniziano a correre in mezzo alla natura, lontano dal traffico e dalle strade. Anche i genitori spingono di più i bambini a provare la Mountain Bike. Oltre a questo c’è anche un naturale cambiamento, quando ero giovane la Mountain Bike praticamente non esisteva, adesso i ragazzini appena iniziano salgono su una Mountain Bike. Poi l’atleta cresce e si evolve e magari prova anche la strada, come è successo ad esempio a Davide Donati e Nicolas Milesi. Entrambi sono nati con la mountain bike, ma si stanno lentamente proiettando sulla strada, come si è visto alla Cronometro dei Campionati Nazionali Junior, dove hanno chiuso secondo e terzo”.

Foto: Lapresse

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