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Wimbledon 2022: Novak Djokovic e il dopo. Cosa dice il tennis alla fine dei Championships
Il fatto è stato registrato negli annali: Novak Djokovic è il vincitore di Wimbledon 2022, Nick Kyrgios ne è il finalista. Da questo, però, scaturisce un più ampio senso di riflessione. Non tanto sul torneo, perché i segnali mandati sono stati chiari (dal serbo, dall’australiano, da Rafael Nadal prima dell’infortunio, da Jannik Sinner arrivando ai quarti). Il fattore, più che altro, è futuro.
Certo, Djokovic ha vinto il 21° Slam. Ma, per quest’anno, dovrà fermarsi qui. E gli sarà necessario stare al palo per parecchio tempo, visto che le sue posizioni in tema di vaccini anti-Covid-19 sono incompatibili con gli Stati Uniti. Una simile situazione non gli avrebbe creato grandi problemi in termini di classifica se, nel frattempo, di concerto con la WTA, non fosse intervenuta l’ATP a combinare un pasticcio di dimensioni enormi.
I punti di Wimbledon, infatti, non sono assegnati. Djokovic, così, finisce al 7° posto. Kyrgios al 45°. E non è tutto: tali punti non vengono dati nemmeno nella Race. Questo cosa significa? Che il serbo è attualmente decimo. Per qualificarsi alle ATP Finals ci sono due condizioni: o si è tra i primi otto o, se ci si trova fuori da tale novero, bisogna aver vinto uno Slam e trovarsi entro il 20° posto. Djokovic è al momento 10°. Ma, dopo New York e i tornei americani in generale, cosa succederà? Non è dato saperlo, almeno per ora.
Wimbledon 2022: Novak Djokovic suona la settima, Nick Kyrgios rimontato e battuto nella finale
Certo è che si vedrà un vero e proprio assalto. Non certo al trono, per ragioni a questo punto ovvie. Lo sarà, invece, al ruolo di protagonista attivo. C’è sempre l’ombra di Nadal, ma anche la sua condizione è da comprendere. C’è Matteo Berrettini, che sul veloce vuole rifarsi di due Slam saltati uno per infortunio e l’altro per Covid. C’è Daniil Medvedev, che dopo l’estate del 2019 e il trionfo del 2021 vuole riconfermare tutto quel che di buono ha fatto per arrivare in vetta al ranking ATP. C’è Sinner, che sembra oramai, se non pronto, in rampa di lancio per qualcosa di notevolissimo. C’è Stefanos Tsitsipas, ed il greco ha qualcosa (molto, in realtà) da farsi perdonare per gli ultimi mesi. Senza contare tutte le altre infinite variabili che potrebbero creare incertezze a non finire per il prossimo Slam.
Una sola è la certezza: si è assistito a una stagione di estrema particolarità. Il ritorno di Nadal ad alte quote fuori dalla terra, Djokovic che in alcuni momenti ha stentato a trovare la forma, i giovani che stanno cercando di prendere la scena e ci stanno riuscendo solo in parte, Tutti discorsi che vanno ben oltre Wimbledon, e che fanno capire come il 2022 sia un anno strano. Come lo sono stati, però, anche gli ultimi 10. C’è un’intera generazione che ha fallito nel superare il quartetto Federer-Nadal-Djokovic-Murray. E ce n’è un’altra che ci sta provando. Forse ci riuscirà, ma al momento i vecchi leoni stanno tenendo a bada quelli nuovi.
Certo, una considerazione da fare c’è, ed è utile. In molti pensavano che a Wimbledon ci sarebbero state defezioni a raffica per la questione dei punti. Risultato: non se n’è vista nemmeno l’ombra. Si temeva una storia stile Niki Pilic 1973, con il grande sciopero, ma dopo 49 anni la situazione è risultata totalmente differente. I punti possono esserci o no, Wimbledon resta con il suo prestigio. Ed è uno di quegli eventi che definiscono un intero sport, che si può permettere cose che nessun altro può. Come, per esempio, l’annullamento dell’edizione 2020 in virtù della presenza di una polizza che prevedeva esplicitamente la protezione anche in caso di pandemie. E anche nel 2022, nonostante i punti tolti in virtù dell’esclusione dei russi e bielorussi (ma l’input era, ed è, governativo, cioè qualcosa di più grande), il torneo più famoso, chiacchierato e conosciuto al mondo ha dato una prova di forza importantissima. Come a dire: noi restiamo qui e vediamo Djokovic trionfare per la settima volta, voi fate con comodo, perché da qui non ce ne andiamo fin quando l’umanità resterà su questo pianeta.
Foto: LaPresse