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Atletica, Europei 2022. E’ un’Italia che cresce. Le punte non tradiscono, dal mezzofondo le notizie migliori

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Va in archivio l’Europeo di Monaco e, escluso qualche fuoco d’artificio finale, anche la stagione 2022 dell’atletica italiana, l’anno uno post Tokyo che segnerà per sempre un punto di riferimento per il movimento azzurro di questa disciplina.

La notizia buona è che l’Italia non ha perso smalto e brillantezza rispetto all’anno scorso e nella rassegna continentale è tornata a fare la voce grossa dopo anni di vacche magre, con 11 medaglie, tre ori, il settimo posto nel medagliere e tanti posti finale conquistati. La notizia cattiva è che il problema annoso dei troppi infortuni con cui devono fare i conti i protagonisti azzurri di punta dell’atletica leggera è irrisolto e ogni anno, questo in particolare, l’Italia deve rinunciare a troppi potenziali campioni a causa di infortuni.

Quello della preparazione atletica e fisica è un argomento da affrontare in fretta e su cui vanno fatti investimenti su più direzioni se si vuole salvaguardare al meglio le carriere di atleti che potrebbero ottenere risultati importanti ma che devono troppo spesso inchinarsi a malanni forse evitabili. Sibilio, Palmisano, Jacobs, lo stesso Tamberi prima di Eugene, Bogliolo, Dal Molin, Stecchi, Randazzo, Scotti, Re, Mangione, Desalu, Battocletti, Faniel sono i primi nomi che saltano all’occhio tra quelli che hanno dovuto fare i conti con infortuni.

Non risulta (ma siamo pronti ad essere smentiti) che in nessun’altra disciplina sportiva in Italia ma anche in nessun’altra nazionale di atletica leggera del mondo, ci sia una percentuale così elevata di infortuni fra gli atleti di punta, quelli, intendiamoci, che possono aspirare almeno ad una semifinale mondiale e ad una finale europea. E’ fuori di dubbio che questo è il primo problema che va affrontato in sede di preparazione per il biennio olimpico nel quale l’Italia, dopo i fasti di Tokyo, avrà i fari puntati addosso di appassionati e addetti ai lavori.

Le buone notizie non mancano. Due delle quattro punte, medaglie d’oro individuali a Tokyo, si sono ripetute a Monaco e rispondono al nome di Marcell Jacobs e Gianmarco Tamberi. Nonostante gli acciacchi, i problemi fisici e le polemiche, legate soprattutto al velocista, questi due signori l’anno dopo essersi laureati campioni olimpici, hanno risposto presente in due delle tre manifestazioni internazionali in programma: Jacobs si è laureato campione del mondo indoor e campione europeo, Tamberi è stato terzo ai Mondiali al chiuso di Belgrado e primo a Monaco: non sono tanti gli atleti del passato italiano che hanno tenuto questi ritmi vincenti. Da segnalare che Massimo Stano, altro fuoriclasse  ha speso tante energie nella 35 km di Eugene e ne aveva pochissime per la 20 km di Monaco che si è disputata meno di un mese dopo.

Il settore che ha fornito le maggiori soddisfazioni è stato il mezzofondo i cui protagonisti principali, bisogna dirlo, hanno puntato soprattutto (in alcuni casi esclusivamente) sugli europei a discapito del Mondiale dove l’Italia contava su una rappresentanza piuttosto sparuta di atleti. Uno su tutti, Yeman Crippa, che a Monaco ha avuto la sua consacrazione definitiva con l’oro nei 10.000 e il bronzo nei 5.000 che lo proiettano fra i grandissimi della specialità. Nell’elite assoluta della disciplina ci sono anche Ahmed Abdelwahed, Osama Zoghlami e Ala Zoghlami che hanno portato a casa due medaglie (argento e bronzo), non senza qualche rimpianto per l’oro finito in Finlandia, e un sesto posto nei 3000 siepi, riportando l’Italia nell’eccellenza della disciplina, a cinque lustri dai fasti di Panetta, Lambruschini e Carosi. Altri tre nomi sono assolutamente da citare: Simone Barontini, in finale negli 800, Pietro Arese, quarto nei 1500 e Pietro Riva, quinto nei 10.000. I tempi della “scarsa motivazione perché con gli africani si perde sempre” sono finalmente finiti e chissà che fra coloro che andranno a sfidare e magari battere i colossi africani delle varie specialità a breve ci possa essere anche qualche italiano e non solo i vari Wightman o Ingebrigtsen che con l’Africa nulla hanno a che fare.

Discorso diverso per il mezzofondo femminile: le punte sono arrivate a Monaco al lumicino con le energie: Sabbatini, Dal Buono, Battocletti (reduce da infortunio) e Bellò hanno corso tanto, non sempre in modo impeccabile quest’anno ma tutto fa esperienza e soprattutto per le più giovani confrontarsi è fondamentale. Il mezzofondo italiano, anche al femminile, è in salute e può prendersi grandi soddisfazioni in futuro.

L’Italia si è confermata nell’elite anche del settore velocità a livello europeo. Nei 100 il campione Marcell Jacobs e un altro finalista, Chituru Ali, nei 200 Filippo Tortu si è andato a prendere un bellissimo bronzo, con un tempo più alto di quello fatto segnare a Eugene quando sfiorò la finale, nei 400 i troppi infortuni hanno impedito che Re e Scotti che fanno parte dell’eccellenza di questa specialità, potessero disputare una finale che proveranno a riprendersi fra due anni all’Olimpico di Roma.

Molto bene anche le donne: Zaynab Dosso protagonista nei 100, Dalia Kaddari in finale nei 200 e tutte assieme di bronzo nella 4×100 che forse è stata la sorpresa più bella dell’intera manifestazione. Va ritrovata qualità nella 4×400 che ha segnato un po’ il passo ma anche qui le protagoniste sono giovani e hanno potenzialità per tornare ad alti livelli.

L’Italia è mancata nel settore ostacoli, dove gli infortuni di Dal Molin e Bogliolo hanno pesato nel bilancio finale, così come nel settore lanci femminile al momento la sola Sara Fantini ha una portata di livello internazionale e il bronzo conquistato a Monaco, seppure possa sembrare deludente per quelle che erano le sue potenzialità, è importante dal punto di vista psicologico nel percorso di crescita della giovane lanciatrice. Per il resto è notte quasi fonda e non si intravedono grosse potenzialità in arrivo, se non sempre nel martello Rachele Mori, campionessa del mondo Under 20. Questo è un settore dove gli investimenti in tecnici e conoscenza sono necessari per evitare altri flop. Stessa situazione anche per i lanci al maschile con una sola disciplina, il getto del peso, ben coperta al momento da Ponzio e Fabbri, rispettivamente quarto e settimo in Europa, ma con un Weir (quinto lo scorso anno a Tokyo) pronto a rientrare: la concorrenza interna potrebbe portare ad una crescita di tre atleti che hanno dimostrato ottime potenzialità in una specialità con un traffico di campioni impressionante in questa fase e dove le medaglie si vanno a prendere attorno ai 21.50/22 metri.

Nei salti gli azzurri riescono sempre a rendersi protagonisti. Di Tamberi abbiamo già detto, nel triplo l’argento di Dallavalle è una gemma preziosa, ma anche Bocchi e Ihemeje si sono ben comportati, conquistando la finale e confermando che il movimento è in salute, Larissa Iapichino, un passetto per volta, sta tornando su livelli più che accettabili, Roberta Bruni ha conquistato la finale dell’asta dopo il flop di Eugene, Ottavia Cestonaro ha fatto il suo. Sono mancati all’appello Marco Fassinotti ed Elena Vallortigara ma la loro parabola aveva toccato l’apice a Eugene ed era già in fase discendente: non tutti riescono a mantenere il livello di forma per tanto tempo.

Buone notizie arrivano anche dalle lunghe distanze con la conferma di Trapletti e Fortunato nella marcia e di Epis nella maratona. Sorprendenti i due protagonisti delle prove multiple: Dario Dester prosegue il suo percorso di crescita ed è ormai nell’elite della specialità anche a livello mondiale, Sveva Gerevini si è migliorata senza ritoccare il record italiano ma, a sprazzi, ha mostrato le sue potenzialità.

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