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Rugby, quando l’equiparato non è una soluzione. Tante naturalizzazioni per l’Italia: quali davvero utili? Da Visser a Ioane, 22 anni di stranieri in azzurro

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È uno dei temi più caldi e divisivi del rugby italiano. Parliamo degli equiparati, cioè giocatori di passaporto e scuola straniera che vestono la maglia azzurra. Da non confondere con gli oriundi, cioè giocatori nati e cresciuti all’estero, ma con passaporto (o almeno sangue) italiano. Da quando l’Italia è entrata nel 6 Nazioni sono tanti gli equiparati passati dal Belpaese, ma quali hanno lasciato il segno e quali, invece, sono state delle meteore fondamentalmente inutili?

Iniziamo con la storia. Nel primo 6 Nazioni, quello del 2000, tra i titolari c’era la terza linea sudafricana Wilhelmus Visser. Tra il 1998 e il 2002 vestì la maglia azzurra 22 volte, 19 volte da titolare, lasciando il segno, ma senza entrare nella storia azzurra. Quest’anno, invece, tra gli azzurri convocati per il 6 Nazioni c’erano Monty Ioane, Hame Faiva e Toa Halafihi, tre giocatori di gran qualità, ma proprio il primo sta aprendo una nuova polemica.

Monty Ioane, infatti, gioca per la Benetton Treviso, ma nelle ultime settimane si sarebbe rifiutato di tornare in Italia, restando in Australia. La sua carriera in biancoverde appare appesa a un filo e, allo stesso modo, lo è la sua carriera in azzurro. La forte ala doveva essere il crack che faceva la differenza per l’Italia, ma dopo 14 presenze da titolare tra il 2020 e il 2022 potrebbe sparire subito dal radar. Ne valeva la pena?

Insomma, come si capisce sono pochi gli stranieri che hanno fatto la differenza. Tra loro ci sono Paul Kaine Robertson, ala che per 6 anni regalò mete ed emozioni in azzurro, Paul Griffen, mediano di mischia che fu il naturale sostituto di Troncon, Josh Sole e Quintin Geldenhuys, due pilastri del pack azzurro per anni, o Jayden Hayward, trequarti talentuoso e veloce.

Ma tanti, invece, sono stati dei flop. Un elenco (ahimé incompleto visto l’ampio numero di meteore) comprende Ramiro Martínez Frugoni, 10 presenze nel 2003 e nulla più, Scott Palmer, anche lui con una decina di convocazioni in due anni, ma soprattutto i casi eclatanti come quelli di Craig Gower (nella foto), giocatore di rugby a XIII che doveva spaccare in mediana, ma scappò in patria dopo soli due anni, lasciando l’Italia senza mediano alla vigilia dei Mondiali 2011.

Poi ci sono i più recenti nomi di Tobie Botes, altro mediano di mischia che doveva rivoluzionare il gioco azzurro e, invece, fece più danni che altro, o Kelly Haimona, più utile per i giochi di parola dei tifosi veneti che per il gioco azzurro, e Ian McKinley, 4 presenze e bye bye. O, ma qui parliamo di oriundi, il magnifico caso di David Bortolussi, il cui calcio condannò l’Italia ai Mondiali 2007 e del quale il ct Berbisier disse “Se era forte giocava per Francia”. Appunto, come molti equiparati passati da queste parti.

Foto: LaPresse

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