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Basket, Europei 2022: Spagna, tra poche stelle e tanta squadra. Il problema della classe arbitrale

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Ci si aspettava la Grecia sull’onda di Giannis Antetokounmpo. Ci si attendeva la Slovenia, che non è solo Luka Doncic, ma anche Goran Dragic e un validissimo supporting cast. Si poteva ragionare sulla Serbia guidata da Svetislav Pesic e con in campo Nikola Jokic e Vasilije Micic, MVP di NBA ed Eurolega con una combinazione che da sola spiega tutto.

Non si è verificato, in questi Europei, nulla di tutto ciò. La Grecia è stata sorpresa dalla Germania, mentre la Slovenia ha subito una sconfitta al limite dell’incredibile da una Polonia indiavolata per la prima metà di gara nei quarti di finale. Quanto alla Serbia, qualunque spettatore italiano è perfettamente a conoscenza di cosa sia accaduto domenica 11 settembre.

Sono arrivate in finale Spagna e la Francia, secondo filosofie totalmente diverse e anche numerosi pericoli. Gli uomini di Sergio Scariolo, del resto, sono stati sì primi nel loro girone, ma hanno dovuto lottare contro la Lituania, la più improbabile quarta che ci potesse essere in un girone durissimo come il B, quello di Colonia. E hanno corso dei pericoli importanti, anche se decisamente non al livello della squadra di Vincent Collet, molto fortunata a uscire vittoriosa dall’ottavo con la Turchia e capace di trovare all’ultimo una reazione contro l’Italia.

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Nella sostanza, non hanno prevalso le singole superstar, ma le squadre. Non ha prevalso l’unico trascinatore, ma le semifinali sono state giocate da quattro gruppi ben collaudati. La Spagna, va ricordato, era forse nella sua versione peggiore degli ultimi 25 anni, con tali problemi nel reparto play da dover naturalizzare Lorenzo Brown: lui si è rivelato sì importante in alcune occasioni, ma non decisivo, e la prova sta soprattutto nelle performance che vanno dai due Hernangomez fino ad Alberto Diaz, chiamato quasi da specialista da lontano e come tale utilizzato in momenti anche decisivi senza mai un tremore.

Una situazione, in sostanza, che ricorda come Scariolo sappia realmente dare alle proprie formazioni un concetto di capacità di giocare come un quintetto unito, e più ancora come 12 uomini con uno scopo solo. Il talento che emerge sopra gli altri le partite può tranquillamente farle vincere, e proprio gli iberici sono stati in questa situazione con Pau Gasol a fare da enorme trascinatore nel 2015 (e ancora contro la Francia: i 40 punti della semifinale sono storia della rassegna continentale).

Dall’altra parte, si è a lungo visto come Collet si sia particolarmente retto sulla possibilità di Rudy Gobert di essere importante sui due lati del campo vicino a canestro. Il problema è che, se da un lato l’esplosione definitiva di Guerschon Yabusele gli ha dato parecchio, dall’altro la tendenza a sparire dalla partita di Evan Fournier non è stata un gran viatico. Sicuramente la Francia ha più talento, in questa versione, della Spagna, ma non si è mai realmente riuscita a cementare come squadra nonostante l’obiettivo raggiunto. Va comunque dato atto ai transalpini di aver dovuto gestire varie assenze, e non avere gente come Nicolas Batum, Nando De Colo, Frank Ntilikina e Victor Wembaynama contemporaneamente ha comunque il suo peso.

Bisogna anche fare un importante appunto sulla Germania: non stiamo parlando in alcun modo di una squadra con poco talento, anzi. Quello che è stato a disposizione di Gordon Herbert è stato anzi tantissimo, e avere o non avere Dennis Schröder fa tantissima differenza. Va però sottolineato che mancavano sei giocatori, molti dei quali importantissimi: Moritz Wagner, Tibor Pleiss, Maxi Kleber, Paul Zipser, Isaiah Hartenstein, Isaac Bonga, Danilo Barthel. Tutti giocatori tranquillamente da quintetto base o da uscita dalla panchina come sesti-settimi. E ci è voluta una creazione tattica di Scariolo per fermarli, con una box and one che, nell’ultimo quarto, ha tolto di partita Schröder e mandato in finale la Spagna.

La vera, grande sorpresa, resta però la Polonia. Su un punto si può senz’altro ragionare: la squadra ha potuto beneficiare del fatto di non avere grossi scostamenti di roster tra qualificazioni e rassegna continentale, visto che, dopo il ritiro di Marcin Gortat, di talenti da NBA non ce ne sono nell’immediato. Gli Europei sono però serviti a Mateusz Ponitka per tornare sulla mappa del mercato: attualmente legato (ma per pochi mesi) a Reggio Emilia, è sotto la lente d’ingrandimento di molti club, specie nella “sua” Liga ACB: chi lo vorrà dovrà però intavolare una trattativa diretta con il club reggiano. Si diceva di una squadra più unita di molte: certo, è stato un fattore importante, ma non si può non sottolineare i clamorosi primi due quarti con la Slovenia e la capacità di reggere l’urto quando Doncic e compagni sono rientrati. Come neo, però, c’è l’approccio della semifinale, che ha portato la squadra dalla parte sbagliata della storia (mai 41 punti di divario in semifinale).

Per aspettative rapportate all’effettivo risultato, le delusioni ci sono. Si è detto delle squadre come Grecia e Slovenia, che comunque sono arrivate ai quarti di finale. Per l’una servirà di certo qualche riflessione, perché effettivamente esiste un problema di profondità del roster (che ha pagato contro la Germania ben al di là delle clamorose percentuali tedesche), mentre la seconda può tranquillamente dire di aver trovato Doncic in giornata mediamente storta e una Polonia spaventosa nei 20 minuti iniziali. La squadra, però, c’è e potrà indubbiamente fare molto bene nel prossimo futuro.

Ma, andando più indietro, qualcos’altro si nota ancora. Il riferimento alla Croazia non è casuale, perché le speranze c’erano e risultavano abbastanza fondate, ma se dietro un quintetto di livello almeno pari alle prime otto non c’è una panchina adeguata, il risultato è che contro la Finlandia che ha Lauri Markkanen, un gruppo solido e tanta voglia l’eliminazione arriva. E, a proposito dei finnici, sono loro la seconda sorpresa più grande, anche se non del tutto inattesa in ragione della sua superstar. Certo, battere la Spagna sarebbe stato un colpo inatteso, quello sì. E proprio nel girone di Markkanen e compagni c’è l’altra squadra che per certa misura ha deluso: Israele, con Deni Avdija che è andato un po’ a corrente alternata e la squadra che non ha saputo sopperire adeguatamente.

Il più grave punto dolente di questa manifestazione continentale, però, è relativo agli arbitri. Purtroppo, le stesse cose si stanno ripetendo da almeno sei anni, cioè da quando è iniziata la battaglia FIBA-Eurolega sui calendari e, a scendere, su tutto il resto. In questi campionati europei ci sono stati molti dei migliori giocatori, e parliamo di stelle conclamate a livello NBA, ma non i migliori arbitri. Perché? Semplice: agli arbitri di Eurolega e a quelli di EuroCup è fatto divieto di dirigere nelle competizioni FIBA. Di fatto, sono costretti a una scelta di campo. Va da sé specificare come la sperequazione tra livello dei giocatori e quello degli arbitri abbia generato situazioni anche peggiori rispetto a quelle dei Mondiali 2019, dai gironi finanche alla finale.

Del resto, vale la pena scorrere, in maniera non per forza cronologica, una piccola parte di ciò che è accaduto. In Turchia-Georgia si è verificata una rissa quasi da bar e, nel tentativo di sistemare la questione, gli arbitri non si sono accorti che 22 secondi se n’erano andati. In Lituania-Germania, un tiro libero da fallo tecnico è stato misteriosamente dimenticato dalla terna. In Italia-Francia, un clamoroso fallo in attacco (blocco in movimento) di Rudy Gobert è stato trasformato in fallo tecnico contro Marco Spissu. In Slovenia-Polonia il finale è stato caratterizzato da errori in serie. Anche in finale una palla che prende il ferro non viene vista, Scariolo si adira giustamente e gli viene comminato fallo tecnico contro. Questi episodi sono solo le punte dell’iceberg, ma se ne trovano svariati dentro ogni partita.

La soluzione a tutto questo non sembra facile da trovare nel breve termine. Intanto in Eurolega qualcosa è cambiato, con l’ingresso della coppia Dejan Bodiroga-Marshall Glickman. Resta da capire se verrà cambiata la direzione impressa da Bertomeu, ma soprattutto resta da comprendere quali siano i reali margini di manovra. E uno dei temi caldi dovrà essere quello arbitrale, oltre alla nuova sincronizzazione adeguata del calendario, perché la situazione attuale presente nel basket europeo non può andare avanti ancora molto a lungo, e forse la corda è stata già tirata in eccesso.

Foto: fiba.basketball

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