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US Open, la differenza tra Sinner e Alcaraz? Lo spagnolo gioca (quasi) sempre così, l’italiano raramente

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Un match point: tanto è mancato a Jannik Sinner per battere Carlos Alcaraz ai quarti degli US Open. Una seconda di servizio, su cui lo spagnolo ha risposto bene e l’altoatesino non è riuscito a tenere il diagonale di dritto in campo. Il tennis è anche questo: il punto che cambia qualsiasi analisi, il destino che passa da una parte all’altra.

Non è andata come a Wimbledon, in quegli ottavi nei quali Jannik era riuscito a dare al murciano tanti problemi con la risposta. Stavolta è stato il servizio il problema, ma non solo: ci sono diversi aspetti da poter analizzare in questa notte dell’Arthur Ashe Stadium da 5 ore e 15 minuti. Un servizio che, però, è legato direttamente a un fattore di cambiamento del movimento, un tentativo di iniziare a dare più fluidità al movimento, cosa che però non è ancora automatica.

Oltre al lato tecnico, ce n’è un altro da considerare, e che attraversa un po’ tutto il 2022. Si tratta, chiaramente, del livello di gioco espresso da Sinner e Alcaraz nel corso di tutta la stagione, che dipende da diversi fattori. Il primo: lo spagnolo è riuscito ad avere una costanza importante di rendimento soprattutto nella prima metà, mentre l’altoatesino è stato forzatamente bloccato da numerosissimi fattori.

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Alcaraz, in breve, ha avuto un momento nel quale sembrava fosse impossibile vederlo perdere, e si situa tra Indian Wells e Roland Garros. Un periodo nel quale la solidità da fondo e la capacità di spingere con tutti i colpi, giocare vincenti, andare a rete sembrava quella di un giocatore senza un vero limite. Limite che, poi, si è palesato nelle difficoltà al servizio e, a volte, anche a gestire la risposta quando arriva forte. Rimane vero che, in prospettiva, l’iberico è finora riuscito a usare la sua crescita molto accelerata, a livello tecnico, per mettersi al riparo da sorprese in molti tornei, se si eccettuano alcune situazioni nei tornei minori e il celebre rischio corso con il connazionale Albert Ramos-Vinolas al Roland Garros.

Sinner, invece, non è stato neanche particolarmente fortunato nel 2022, ed è questa la ragione per cui non lo si è visto spesso allo stesso livello. Prima la separazione con Riccardo Piatti, poi il Covid, poi i nuovi assestamenti tecnici con Simone Vagnozzi e Darren Cahill, poi ancora i continui problemi di infortuni che lo hanno tormentato per tutti i primi sei mesi. In quei frangenti, la versione migliore di Jannik si è potuta vedere poco: per buona misura a Melbourne, più raramente altrove (si ricordano, comunque, il pazzesco match con Zverev a Montecarlo, il primo set con Tsitsipas a Roma e quello con Rublev a Parigi, prima che, in queste due occasioni, fosse il fisico a dirgli di no, più che l’avversario). Va però detto che i match migliori lo esaltano: in questo ricorda un po’ quel Novak Djokovic al quale ha creato tanti grattacapi a Wimbledon. Il serbo è noto perché, nelle prime settimane Slam, spesso lo si è visto giocare match pessimi, salvo poi alzare il livello. E infatti non ne ha vinto neppure uno con 21 set conquistati di fila.

Il confronto agli US Open è stato a favore di Alcaraz prima della sfida della notte-mattina italiana: il primo turno, comparandolo, è stato più favorevole al murciano anche se l’argentino poteva avere problemi con l’argentino Sebastian Baez, il secondo è stato sostanzialmente pari, il terzo l’ha affrontato meglio lo spagnolo per merito e nel quarto i due si sono ritrovati con difficoltà simili (peggiori per Sinner, dato che si è trovato sotto 1-3 nel quinto, salvo poi trovare una reazione magnifica).

Per il Sinner in fase di transizione sarà questo un fattore importante: poter alzare ancora di più il livello, risparmiare energie nei primi turni e tutto quel che ne consegue. Sarà un’evoluzione, la sua, i cui frutti si sperano visibili nel 2023: del resto, se questa è stata una sorta di annata di transizione nel progresso, nella continua ricerca della sperimentazione, è notevole che ci siano stati tre quarti e un ottavo nei tornei maggiori. Solo che, stavolta, come avversario Jannik s’è trovato uno che ha portato a casa due 1000 e vissuto momenti di grande fiducia. Rimangono sempre delle domande: sarà sempre, fatti salvi pochi casi, così poca la fatica di Alcaraz? Quale sarà l’evoluzione di Sinner? Quanto lontano si spingeranno i due e chi ne beneficerà alla fine? Ai posteri l’ardua sentenza.

Foto: LaPresse

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