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ATP Finals 2022, Rafael Nadal e l’ultimo tabù da provare a spezzare

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Ancora tre giorni e lo sguardo del tennis mondiale sarà concentrato esclusivamente su Torino. Domenica prenderanno il via sul cemento del Pala AlpiTour le Nitto ATP Finals 2022, con i migliori otto giocatori della stagione impegnati a conquistare l’ultimo grande torneo di quest’annata. Senza Carlos Alcaraz, infortunatosi a Parigi-Bercy, la palma di numero 1 è affidata alle sapienti mani di Rafa Nadal, a caccia dell’unico grande titolo che manca nel suo infinito palmares oltre al 1000 parigino.

Non dobbiamo essere noi a tessere le lodi del fenomenale mancino di Manacor, senza mezzi termini uno dei migliori giocatori della storia di questo sport. A parlare per lui sono i 22 titoli dello Slam ed i 36 titoli Master 1000 in bacheca, ma nel suo cammino scintillante ha sempre incontrato difficoltà nel torneo di fine anno: in dieci partecipazioni si è dovuto fermare per due volte in finale, nel 2010 con Roger Federer (6-3 3-6 6-1) e tre anni dopo con Novak Djokovic (6-3 6-4).

Ma qual è lo stato in cui arriva l’iberico? Sicuramente non nel migliore possibile. La prima parte di stagione è stata quantomeno sorprendente: dato da molti come agli ultimi passi della sua carriera, in poco tempo ha saputo smentire gli scettici con i grandi successi nei primi due Slam del 2022. Gli acciacchi dell’età hanno però ripreso a farsi sentire andando in là con il tempo, costringendolo a stare sempre più lontano dai campi: dalla semifinale di Wimbledon Rafa ha giocato soltanto sette match, di cui quattro agli US Open e uno in doppio in Laver Cup con Roger Federer.

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L’ultima apparizione a Parigi-Bercy non è stata nemmeno delle più confortanti per le sue ambizioni. Dopo un buon set e mezzo, è sparito dal campo nella sfida con Tommy Paul, commettendo anche 19 errori non forzati in una terza frazione in cui è parso lontano parente del giocatore che abbiamo ammirato. In questo episodio comprendiamo la dovuta ruggine e probabilmente anche l’orologio biologico stravolto dalla nascita del suo primo figlio, ma non può essere una scusante totale per un giocatore dal suo pedigree.

L’impressione che si ha all’occhio è una: se vorrà essere competitivo per il successo finale, Rafa Nadal dovrà accorciare il più possibile le sue partite. A trentasei anni compiuti non può più impelagarsi in vere e proprie maratone, e conservare le energie è cruciale in un torneo dove, se si arriva fino in fondo, si disputano cinque partite in otto giorni. In questa settimana a Torino potrebbe però avere delle riserve extra: una per una dedica al figlioletto Rafael, e l’altra per alzare in cielo quel maledetto trofeo, l’unico tabù di una carriera straordinaria.

Foto: LaPresse

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